L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Serio e sincero

di Roberta Pedrotti

D. Šostakóvič
Sinfonia n. 5 in re minore op. 47
direttore Mariss Jansons
Symphonieorchester der Bayerischen Rundfunks
registrazione effettuata a Monaco di Baviera, Philharmonie im Gasteig, 30 aprile - 2 maggio 2020
CD BR Klassik 900191, 2020

“Per me personalmente, Šostakóvič è in assoluto uno dei compositori più seri e sinceri.” Sono parole di Mariss Jansons e sembrano la chiosa ideale di questa incisione, fra le molte a testimoniare una speciale affinità con il grande Dmitry.

Scritta per il ventennale della Rivoluzione, con l'obiettivo dichiarato di riparare allo scandalo destato dalla Lady Macbeth del distretto di Mcensk e appianare gli attriti con il regime di Stalin («Naturale risposta di un artista sovietico ad una giusta critica» è la definizione d'autore), la Quinta sinfonia di Sostakovic avrebbe tutte le premesse per apparire insincera o quantomeno prudente. E invece la direzione di Jansons connette in un unico respiro i nessi logici fra l'esuberanza del secondo movimento e del finale e i ripiegamenti più riflessivi e dolorosi, come il Moderato del primo movimento e il Largo del terzo, ma anche nelle stesse transizioni del quarto movimento.

L'Allegretto dello Scherzo combina gli opposti del valzer e della marcia, con un irrompere militaresco invasivo, quasi grottesco nel suo rigore irregolare. Pare un ossimoro ed è una sintesi problematica che travolge l'ispirazione enunciata nel primo movimento e ne determina una nuova direzione, una nuova ricerca nel dispiegarsi del Largo e poi in un finale in cui riemerge il materiale tematico precedente e si impone una soluzione che tuttavia non arriva risolutiva, positiva. Non è nemmeno una patina, una maschera di trionfalismo retorico, ma l'apoteosi della tensione interna, la sincera ricerca di una nuova sintesi, fra quegli implacabili colpi di timpani a scandire la presenza del destino, quasi reminiscenza della Sesta di Mahler e del suo maglio fatale, ma anche eco di Richard Strauss o, soprattutto, di Beethoven, il cui essere rivoluzionario ora s'insinua in sordina, oltre cent'anni dopo, in una forma che invece rassicura nella sua classica razionalità.

Sincero e serio. Tanto che impressiona come Jansons penetri nella logica di Šostakóvič e ne delinei tutte le espressioni liriche e grottesce, esuberanti e introverse con una sostanziale economia di mezzi. Il suono della Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks è compatto, pieno, ma sempre estremamente elegante, così come lo è il senso del legato, della consequenzialità del discorso anche del contrasto, eppure i contrasti sono ben evidenti, così come minutissime sfumature dinamiche, dettagli nell'accentazione e nella scansione ritmica che subito movimentano con sensatissima coerenza lo sviluppo dell'intera Sinfonia.

La naturale risposta non è un docile rientro nei ranghi, un chinare la testa, ma un prendere atto della situazione (come sarà da intendere quel “giusta critica”? Giusta dal punto di vista di chi la muove, giusta perché stigmatizza l'imprudenza dell'artista, perché gli impone di mettersi in discussione in relazione con il contesto in cui vive?) ed elaborarla come creazione musicale e intellettuale compiuta, ma anche aperta, una presa di coscienza che ha nella ricerca continua la sua meta. Ed è proprio questo senso eterno di ricerca, di moto intellettuale, questo slancio del pensiero che costituisce la grandezza di Jansons e del suo magistero tecnico.


 

 

 
 
 

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