di Luigi Raso
Ares Trio
Arno Babadjanian, Trio in Fa# minore
Dmitri Šostakovič, Trio n.2 in Mi minore op. 67
CD Coviello - CLASSICS COV 92216, 2022
Proposta interessante e avvincente quella di far precedere il celebre, articolato Trio n.2 in Mi minore op. 67 di Dmitri Šostakovič (composto nel 1944) da quello, dal rarissimo ascolto, del semisconosciuto (almeno nell’Europa occidentale) compositore sovietico - armeno Arno Babajanian (1921 - 1983), considerato quasi un eroe nazionale nella sua patria e insignito nel 1971 dell’onorificenza di Artista del popolo dell'Unione Sovietica.
Ascoltare per credere: il Trio con pianoforte in fa diesis minore (scritto nel 1952) è composizione irrorata da genuina ispirazione melodica: i tre movimenti sono attraversati da melodie suggestive, di discendenza popolare armena, da una scrittura strumentale ardita, raffinata ed estremamente articolata.
A dominare, nel corso dello sviluppo dei tre movimenti (Largo - Allegro espressivo; Andante; Allegro vivace) è il drammatico e plumbeo tema iniziale esposto all’unisono dal violino, violoncello e pianoforte. Questo tema riapparirà in ognuno dei tre movimenti, quasi a legare intimamente tra loro i tre movimenti del Trio, a farne una composizione ciclica, improntata a un eterno ritorno del tema introduttivo.
Ed è proprio da questa idea di ciclica ripetizione che muove i passi la cesellata interpretazione dell’Ares Trio, formazione cameristica composta dal pianista Andrea D’Amato, dalla violinista Carlotta Malquori e dal violoncellista Matthias Balzat, tutti e tre giovani promesse del concertismo cameristico. L’Ares Trio è nato a Düsseldorf nel 2019; successivamente ha frequentato il Corso Biennale Internazionale di Musica da Camera presso l'accademia Avos Project a Roma, nel cui ambito e a conclusione prende vita il CD che qui si recensisce.
A dispetto della giovane età dei componenti dell’Ares Trio, quella Trio di Arno Babadjanian è un’interpretazione matura, estremamente curata nei dettagli, benissimo suonata, per quanto attiene all’aspetto tecnico, da ciascuno dei tre artisti del Trio, esecutori capaci di valorizzare le capacità timbriche dei loro strumenti così come richiesto dalla scrittura del compositore armeno.
Cura dei particolari e delle timbriche, chiarezza espositiva dei temi del trio di Babadjanian, tutte qualità rese possibili dalla perfetta sintonia espressiva tra i tre artisti, da un’esecuzione calibrata, equilibrata nella distribuzione dei pesi sonori tra le parti: non vi è predominio di uno strumento sull’altro, ma le singole voci, pur restando ben distinguibili, sono ben amalgamate nell’imprimere al Trio di Babadjanian un flusso invisibile ma palpabile di tensione.
Ma c’è un altro pregio di questa interpretazione del Trio di Babadjanian: ed è la ricerca del “colore” più appropriato da assegnare a ciascun tema, ad ogni singolo movimento.
Se il Trio è una composizione dai colori cangianti (si pensi a quello plumbeo del tema iniziale, a quello evanescente del violino in apertura del secondo movimento) è merito dell’Ares Trio aver centrato gli abbinamenti di colori/timbri giusti.
Infine, quel flusso di tensione che attraversa l’intero Trio trova la propria apoteosi nel movimento finale, in quella netta contrapposizione dei due temi, il primo ruvido, il secondo delicato, cantabile; la conclusione è tempestosa; e il tema d’apertura ritorna e vi appone il proprio sigillo.
La “circolarità” della composizione è evidenziata dall’Ares Trio eseguendo il tema inziale/conclusivo con i medesimi accenti.
Il successivo Trio n.2 in Mi minore op. 67 di Dmitri Šostakovič (del 1944) è affrontato dall’Ares Trio con oggettività esecutiva ancor più marcata rispetto a quella che connota l’esecuzione di quello di Arno Babadjanian.
Gli interpreti si dimostrano all’altezza delle richieste della complessa scrittura del Trio di Shostakovich: alla suggestione timbrica dell’Andante che apre il primo movimento, segue l’animato Moderato, dominato da note ribattute; vorticoso il successivo Allegro non troppo del secondo movimento; introspettivo e lugubre il successivo Largo, che sfocia in quello che è probabilmente il movimento più compiuto, più ispirato e meglio costruito dell’intera composizione, l’Allegretto del movimento conclusivo.
Ha sembianze, quest’ultimo, di una sarcastica danza macabra, sfuggente, impenetrabile nella definizione del carattere: per chi scrive è questa la gemma dell’intera interpretazione, ben esaltata dalla vivida e sarcastica esecuzione dell’Ares Trio. Definiti, scolpiti i pizzicati del violino e del violoncello, con il pianoforte a rafforzare lo straniante effetto percussivo.
Quando il Trio prende la forma di una asimmetrica e deformata danza di grande suggestione ritmica e timbrica, l’Ares Trio si immerge in questa orgia ritmica e sonora.
Stupisce, ancora una volta, la capacità dell’Ares Trio d’individuare la giusta tinta che sottolinei il tortuoso percorso musicale che oscilla tra la turbinosa danza lugubre e la ripresa del tema dell’Andante iniziale da parte del violino, per poi confluire nel finale maestoso, fino a diradarsi nelle impalpabili, e ai limiti dell’udibile, sonorità finali, eseguite con raffinato cesello dall’Ares Trio.
Quanto all’aspetto tecnico, la registrazione rispecchia e rende bene l’idea di quell’equilibrio sonoro tra i tre strumenti; dà “spazio” e respiro agli armonici degli strumenti, rendendo il bel suono degli strumenti dei tre bravissimi e giovani artisti espressivo e, per calore e colore, adeguato alle esigenze espressive dei due Trii proposti.