Oltre il silenzio

di Roberta Pedrotti

Avrebbe dovuto essere la protagonista di Lucia di Lammermoor alla Scala il 7 dicembre. Invece, la pandemia ha impedito di mettere in movimento la gigantesca macchina produttiva dell'inaugurazione scaligera e Lisette Oropesa parteciperà comunque alla serata fatidica in diretta tv.

Alla Scala, il soprano statunitense aveva già riscosso un grande successo come Amalia nei Masnadieri, ma la sua carriera in questi anni l'ha vista in continua ascesa, dai primi anni al Metropolitan di New York al debutto come Lucia di Lammermoor a Londra, da Les Huguenots a Parigi alla Traviata a Madrid la scorsa estate, quando il pubblico le ha richiesto a gran voce il bis - concesso - dell'"Addio del passato".

Raggiunta telefonicamente a Barcellona, dove sta provando una nuova Traviata, Lisette Oropesa, con simpatia e intelligenza, di racconta della preparazione interrotta di Lucia, della sua partecipazione al 7 dicembre reinventato nei tempi di pandemia, della situazione sanitaria statunitense, dell'attesa per il vaccino e della preoccupazione per le sorti del Met, dei progetti per il futuro e delle recite senza pubblico e del desiderio di "tornare al nostro bellissimo lavoro che adoriamo".

Subito dopo lo stop delle prove di Lucia alla Scala è partita per Barcellona?

Sono andata prima a casa per qualche giorno prima di venire Barcellona per le prove. Tutto si decide e cambia all'improvviso, ma di questi tempi è così: che si deve fare? Ora i programmi possono variare ogni giorno.

Come stavate lavorando, a Milano?

Avevamo già iniziato le prove di regia e avevo fatto una prova di costume. Io avevo già provato, come regia, metà dell'opera, ma è stato difficile per via delle distanze: non ci si poteva toccare, non ci si poteva avvicinare, tutte le prove in maschera, con la necessità di evitarsi, di mantenere il distanziamento. È difficile. Poi non era ancora arrivato Juan Diego Florez, quindi abbiamo provato tutte le scene senza di lui, ma questa è un'opera concentrata sulle relazioni fra questa ragazza, Lucia, e gli uomini che la circondano: è importante provare, trovare la chimica fra lei il mondo che la circonda. Invece così è difficile percepire esattamente sul palcoscenico l'energia che lei ha, il suo rapporto con tutti gli altri. E mancava ancora il coro. Le prove erano solo musica e regia, molto intima ma con distanziamento!

Insomma, come ha detto anche il sovrintendente Meyer, non sembra proprio fosse possibile andare in scena con Lucia.

No, no. È un'opera dove il coro è molto presente, nella scena delle nozze, della pazzia, nell'introduzione... È importante avere il coro presente sul palcoscenico, se non possiamo averlo, se deve essere distanziato, tutto si complica, viene a mancare l'energia necessaria, ma anche gli spazi di movimento, penso per esempio alla pazzia, si riducono per poterlo posizionare. Si è scelto di fare così, anche se, certo, è molto triste e vorrei tornare per fare la produzione in un altro momento, quando si potrà andare in scena normalmente.

Tra l'altro, c'era molto interesse per l'edizione critica che il maestro Chailly aveva scelto di proporre.

Per mesi ho avuto con me lo spartito, che è molto voluminoso perché ci sono moltissime annotazioni e informazioni, molti punti diversi da quello che tradizionalmente si ascolta e che anch'io ho sempre cantato. Soprattutto per quanto riguarda le tonalità più basse rispetto a quello che è stato scritto in origine da Donizetti a Napoli nel 1835. Così ho studiato questa scrittura più acuta, di un tono per la pazzia e il duetto con il baritono e di mezzo tono per la prima aria.

Per me è stato uno studio molto importante, perché da queste tre scene cambia tutto il ruolo, il suo centro, la sua tessitura. Io penso di aver fatto un buon lavoro, gli ho dedicato molto tempo, perché ci sono anche delle battute che non conosciamo, ma che sono originali di Donizetti. È interessante ma è quasi un ruolo diverso rispetto a quello a cui siamo abituati.

Immagino che dare drammaticità, spessore psicologico a tutte le sfaccettature di Lucia in un'altra tessitura possa risultare molto diverso!

Assolutamente. Invece di “scendere” nella follia, lei sale alla follia. E c'è anche più il senso dell'innocenza di una ragazza che non è ancora una donna, non ha ancora scoperto la sua profondità. Nella tradizione a cui siamo abituati c'è un colore molto più scuro, nel quale si può trovare più tristezza e, appunto, profondità. Comunque, in entrambi i casi è un ruolo scritto perfettamente per la voce di soprano, io mi trovo molto bene nel proporlo anche in questa versione, anche se devo abituarmi, e sarebbe stato un piacere portarlo alla Scala. E se non potrà essere quest'anno, forse nel futuro: il nostro sogno!

Perché ci sono tanti cantanti invitati, io canterò un'aria e sarà proprio l'aria di Lucia, “Regnava nel silenzio”, nella tonalità originale più alta, in versione integrale e con quattro battute mai ascoltate prima e forse delle variazioni diverse, perché in un'altra tonalità bisogna anche cercare altre variazioni rispetto a quelle tradizionali. Quindi un po' di Lucia ci sarà. Spero di trovarmi bene. Con il maestro Chailly avevamo già lavorato ma su Gilda, un paio d'anni fa quando feci un'audizione con lui: lo trovo un musicista bravissimo, davvero speciale, molto generoso, che ama molto i cantanti. Sì, ho molta voglia di lavorare insieme con lui e di fare un ruolo intero, ma così, anche in concerto, sarà molto bello!

Ne sono convinta, anche perché sarà importante mantenere un simbolo. Per noi il 7 dicembre è il giorno in cui anche gli amici che non sanno nemmeno chi abbia scritto La traviata entrano in contatto con l'opera, ne sentono parlare, ci fanno domande... È una grande festa per l'opera.

È importante per l'Italia e per il mondo. Noi tutti gli anni seguiamo il 7 dicembre, è qualcosa che tutti guardiamo da lontano se possiamo, o ne leggiamo dopo. È una cosa che non si può perdere in questo tempo, sarebbe troppo triste non avere il 7 dicembre. Lo so che per voi italiani è una questione di cultura. Voi tutti siete fortunati, davvero, perché potete apprezzare tanta musica così vicina, intorno a voi. Per noi americani, per esempio, è vista come una cosa “del vecchio mondo”, di un'altra età, un'altra epoca, qualcosa che noi dobbiamo studiare quasi da lontano. Per voi è una cosa vicina, forse è come per gli americani perdere il Superbowl, un evento che tutti conoscono, una grande festa, una grande celebrazione che si svolge ogni anno.... Davvero è un peccato: facciamo quello che possiamo.

Sarà un 7 dicembre diverso dal solito, è vero, ma d'altra parte questo è stato un anno drammatico per tutto il mondo. Tra l'altro, proprio alla fine dei primi lockdown in primavera aveva cantato Madrid una Traviata allestita proprio sulla base dei distanziamenti, e mi pare sia andata molto bene!

È andato bene. Non si è voluto nascondere la malattia, il bisogno di stare lontani per non contagiarsi, anzi, è ne stato fatto il concetto centrale della produzione. Il regista voleva fosse evidente che noi evitavamo di toccarci, di baciarci, perché lei ha la tubercolosi, che era molto contagiosa, la gente ne aveva paura, quindi non è fuori dal mondo in cui viviamo, La traviata. È vero che Alfredo rischia, potrebbe ammalarsi: è stato fortunato.

Ed è anche giusto che l'opera non sia impermeabile al mondo che ci circonda, non faccia finta di niente.

Il regista, poi, voleva che alla fine la morte fosse troppo evidente, non voleva che lei cadesse, per esempio, ma mi ha chiesto di camminare in avanti sul palco, perché dare un senso di speranza. Ci diceva “pensate che tanti sono morti, abbiamo perso tantissime persone soprattutto in Italia, non fate vedere questa morte: per noi è troppo”. L'ho trovato bello, l'ho trovato sensibile.

 

Certo, non bisogna far finta di niente, ma bisogna anche saper fare un passo indietro, avere rispetto. Anche da voi negli Stati Uniti la situazione è molto difficile.

È un paese molto grande e ci sono tante persone, abbiamo città molto popolose in cui la gente si muove a piedi o con i mezzi pubblici, vive in appartamenti piccolissimi, ha poco spazio. Io ho vissuto a New York cinque anni, la conosco bene, la adoro, è la mia città, ma siamo abituati ad avere tantissime persone dappertutto, davvero è impossibile mantenere i distanziamenti. Le strade sono più grandi che nei centri storici italiani, ma ci sono auto, taxi, turisti, gente che lavora... È una città incredibilmente energetica, è sempre sveglia, non dorme mai. È per questo, penso, che New York ha avuto tanti problemi e tanti morti. Ci sono anche altre città che hanno sofferto per via della densità e delle abitudini della popolazione, ma c'è anche il problema della sanità, della mancanza di assistenza pubblica. Noi dobbiamo pagare per qualsiasi cosa dal medico e quindi la gente si fa curare solo se veramente c'è un'emergenza. Bisogna pagare un'assicurazione ed è molto cara. C'è questo Obamacare attivato alla fine della presidenza di Obama, ma Trump ha fatto di tutto per ostacolarlo, per non farlo funzionare e comunque anche l'Obamacare non è per tutti. Quello della mancanza di sanità pubblica e gratuita è un grosso problema, soprattutto quando ci sono tante persone ad aver bisogno di cure.

E nel frattempo abbiamo visto anche il Met chiudere per un anno...

Davvero un colpo grandissimo al cuore. Anche qui il problema è che lo stato non aiuta, non finanzia la musica, la cultura. Non c'è sostegno pubblico, tutto dipende dai privati, dai mecenati, la gente deve pagare e se la gente non può venire a teatro non c'è niente da fare, il teatro deve chiudere.

Non possiamo fare altro, ora, che tenere duro.

Esatto, Peter Gelb, il sovrintendente del Met ha detto che quando ci sarà un vaccino riapriranno, ma pensa che questi problemi si risolveranno in più di due anni, forse per il 2025, quando la gente si sentirà comoda e al sicuro a teatro. Io spero che non sia così.

Speriamo, anche perché nella ricerca sui vaccini, comunque, si sta procedendo molto più velocemente del previsto.

Esatto: stanno facendo tutto il possibile per arrivi già nel '21, ma quando penso che bisognerà somministrarlo a milioni e milioni di persone mi chiedo quanto tempo ci vorrà... E c'è gente negli Stati Uniti che è contro ai vaccini! Che non li vuole fare mai!

Li abbiamo anche in Italia.

Ah sì? La gente che non ci crede? Oddio... ma quanti saranno?

Non lo so esattamente, spero in realtà meno di quanti dicono di esserlo e scrivono queste cose sui social. Mi auguro che al momento di vaccinarsi lo facciano tutti.

Speriamo.

In Italia, purtroppo già prima del Covid avevamo avuto anche altri problemi, per esempio con il morbillo, per un calo delle vaccinazioni. Bisogna fare attenzione.

Assolutamente, stavo anche pensando alla possibilità che emanino una norma per permettere di viaggiare solo a chi si è vaccinato. Come adesso richiedono il test PCR, così penso che dovranno chiedere un certificato di vaccinazione. Vedremo.

Io ho il sogno di cantare Elvira nei Puritani, e anche La sonnambula: questi sono i miei due sogni, anche perché non ho mai cantato un rolo intero di Bellini! Poi ci sono dei progetti per registrare Lucia, Traviata e anche, appunto, I puritani (tengo le dita incrociate per questo progetto). Ho già registrato un nuovo album durante la pausa per il Covid, con le arie da concerto di Mozart che uscirà nel 21. Non posso dire molto di preciso ma per me questo è molto importante: avevo già registrato dei recital e dei concerti con pianoforte, ma mai con orchestra finora. Sì, ci sono dei progetti, ci saranno delle novità nel prossimo anno. Ci sono anche nuovi ruoli di belcanto, ruoli di Rossini da debuttare... vediamo.

Ricordo che Ernesto Palacio, dopo Adina, aveva detto che una nuova collaborazione sarebbe stata graditissima, ma che bisognava solo individuare la parte giusta.

È vero. Con Rossini bisogna essere o un Colbran, quindi quasi mezzosoprano, o un soprano leggero con coloratura velocissima e io non mi sento né l'una né l'altra, mi trovo un po' a metà e per me è difficile cantare Rossini anche se lo adoro come compositore, è davvero favoloso: vorrei trovare il ruolo giusto per tornare a Pesaro.

Grazie. Speriamo che alla Scala si possa recuperare questa Lucia, ma ci sono anche altri contatti per il futuro, altri ruoli di belcanto che non posso annunciare. Ci sono dei progetti e io spero che presto ci saremo lasciati tutto questo alle spalle, che sia una memoria “a distanza” per tornare al nostro bellissimo lavoro che adoriamo.

E, io penso, anche con la consapevolezza che abbiamo rischiato di perdere così tanto e quindi godendocelo, trovandolo ancora più prezioso di prima.

Brava, esatto. Adesso noi conosciamo il silenzio, il cantare nel teatro vuoto. È una cosa che davvero mi fa male, c'è tanta differenza e non voglio che diventi la normalità. L'idea di dire “facciamo uno streaming, non c'è nessuno nel pubblico” è orribile per me.

Si potrebbe rimanere a parlare ancora a lungo, ma una prova incombe. Ringraziamo Lisette Oropesa: il 7 dicembre saremo davanti allo schermo, ma presto dovremo ritrovarci in teatro, dal vivo!