L'opera non morirà mai

 di Andrea R. G. Pedrotti

 

A pochi passi da Teatro Filarmonico e dall'Arena di Verona, incontriamo Andrea Castello, presidente dell'Associazione Culturale senza scopo di lucro “Concetto Armonico”, il quale ci racconta come un difficile momento per il mondo dell'opera e per l'intero panorama culturale italiano, possa risollevarsi grazie alla passione e all'impegno dei giovani.

Andrea, com'è nata questa tua passione per l'opera e come hai cominciato ad avvicinarti al mondo dell'organizzazione concertistica e della direzione artistica?

Sono stato un appassionato di musica fin da piccolo, anche se l'opera lirica non è mai stata la colonna sonora portante della mia famiglia. Canto fin da quando ero bambino e mi sono appassionato un po' per volta. Organizzo eventi e concerti da quando avevo 17 anni; questo fino al 2011, quando è nata l'associazione culturale senza scopo di lucro “Concetto Armonico”, di cui sono presidente e che può vantare di avere come socio onorario il grande soprano Daniela Dessì. Il primo concerto che organizzai, ricordo, fu a Roma, in occasione del Natale.

Siamo partiti da Cavarzere, il paese del grande Tullio Serafin, e ora lavoriamo a stretto contatto con il Comune di Vicenza, che ci supporta molto, concedendoci importanti sale, o autentici gioielli come il Teatro Olimpico e collaboriamo con le Gallerie d'Italia Palazzo Leoni Montanari, che sono stati fra i primi a credere al nostro progetto vicentino.

Il nostro festival “Vicenza in Lirica” giunge quest’anno alla terza edizione e vede protagonisti grandi nomi del mondo dell'opera lirica: tra cui il contralto Sara Mingardo, il soprano Katia Ricciarelli ed il baritono Juan Pons. Oltre che alla collaborazione del festival Pucciniano di Torre del Lago e dello Sperimentale A. Belli di Spoleto.

Come funzionano i vostri Master?

Prevediamo un numero chiuso di 10-12 persone. Dobbiamo comprendere che chi si iscrive a un Master viene da noi per imparare. Non vogliamo illudere nessuno, perché sarebbe offensivo nei confronti della passione e della dedizione di chi si presenta da noi e vogliamo cercare di scoprire quali proprietà e caratteristiche abbia la loro voce. Tuttavia ogni critica va formulata con cortesia e rispetto. Non ho mai apprezzato la frase “tu sarai il nuovo...”, perché svilisce la personalità di un potenziale interprete. Ognuno di noi è unico e irripetibile. Mi ripeto, il nostro obbiettivo è che i giovani assimilino qualcosa dai nostri corsi e la soddisfazione del concerto finale è la ciliegina sulla torta, ma l'importanza di questo evento è relativa. Poi speriamo che i nostri allievi possano camminare con le proprie gambe.

Per la formazione ci affidiamo a grandi artisti come Roberto Scandiuzzi, Sara Mingardo, Bruno De Simone, Katia Ricciarelli, Sherman Lowe e Norman Shetler.

Quindi grande attenzione all'interpretazione.

È importante non fossilizzarsi esclusivamente sulla tecnica, esibendo un mero esercizio calligrafico. Bisogna rendere l'atmosfera e il pathos. Mi fai pensare a Werther: è un capolavoro che pretende un interprete che metta in luce le emozioni e la sofferenza, altrimenti il personaggio non verrebbe fuori.

Bisogna avere rispetto per l'autore, umiltà, intelligenza e cultura: questo fa la differenza fra un artista e un esecutore. Non si può essere schiacciati dal proprio ego, perché nessuno di noi ha mai finito di imparare. È una cosa che ho imparato assistendo alle prove musicali e di regia di grandi artisti, come Placido Domingo. Se si è davvero interpreti si può durare molto negli anni e non conta se lo strumento possa mostrare qualche cedimento nel tempo, com'è naturale.

Come riuscite a tenere vivo questo progetto, specialmente dal punto di vista economico, in questo momento di crisi?

Bisogna avere umiltà, dedizione e intraprendenza sempre crescenti. Ogni nuova edizione vogliamo spingerci oltre, senza fare mai passi indietro. Cerchiamo sempre nuove collaborazioni, cooperando con importanti istituzioni a Spoleto, Vienna, Torre del Lago, o il conservatorio di Vicenza e di Milano. L'importante è non farsi mai prendere dallo sconforto.

Che rapporto c'è con le città con cui collabori, oltre a Vicenza?

Ho uno splendido rapporto con Vienna, grazie ai concerti organizzati allo splendido castello di Schönbrunn. Sarebbe bello se fosse possibile portare anche da noi un po' dello spirito viennese.

Anche con Roma ho un ottimo rapporto. Nella capitale, infatti, organizziamo con un coro di solisti veneti un concerto a scopo benefico presso la chiesa degli Artisti.

Per il 10 luglio avete in cantiere un progetto ambizioso come L'Orfeo ed Euridice di Gluck. Ce ne vuoi parlare?

Certo, dopo il Barbiere di Siviglia dello scorso anno, preparato con l'ausilio di un grande artista come Bruno De Simone, ci stiamo preparando a questo Orfeo, che verrà rappresentato al Teatro Olimpico nella versione viennese del 1762; i cantanti saranno preparati da Sara Mingardo e avremo l'orchestra (composta da 17 elementi a parti reali) e coro “Schola San Rocco”. Purtroppo non siamo riusciti ad avere un corpo di ballo. Presto comunicheremo tutti i dettagli.

Anche il mondo della danza ha avuto molte difficoltà e meriterebbe più attenzione.

Quello del balletto è un mondo crudele, che ho sempre ammirato molto. La danza è una forma d'arte completa, perché unisce la musica alla fisicità, creando una totale simbiosi. In futuro speriamo di poter fare qualcosa anche per questo ambiente culturale.

Una prospettiva per il futuro, dunque, ma quale avvenire prevedi per l'opera lirica?

Il problema non è oggi, ma, se non facciamo qualcosa ora, verrà fra 10 o 15 anni. Ci aspetta un buco generazionale, ma sono assolutamente convinto che l'opera non morirà mai.

Come hai detto prima questo è un momento difficile per tutti e bisogna agire con criterio. Chi ci sponsorizza deve avere la pazienza di farlo continuativamente e i risultati si vedranno. Gli sponsor devono valutare molto bene i progetti che gli vengono proposti loro, capirne la qualità e non solo la visibilità. Essere di sostegno alla musica è una cosa intelligente, specialmente in Italia. La musica è una componente dello spirito fondamentale. Abbiamo una collaborazione anche con i bar vicentini, in modo da organizzare piccoli eventi mondani che avvicinino ulteriormente al nostro mondo. Sembrerà un'affermazione abusata, ma non è accettabile che si continui a pensare che con la cultura non si mangia.

Grazie ad Andrea Castello