di Andrea R. G. Pedrotti
Incontriamo, impegnata nelle prove di La Traviata al Liceu di Barcellona, Anita Hartig. Giovane soprano romeno, nato a Bistriza, si è formata musicalmente alla Gheorghe Dima Music Academy di Cluj-Napoca, per poi diventare una delle interpreti di spicco della Wiener Staatsoper. È stata più volte protagonista in teatri come la Scala di Milano, la Bayersche Staatsoper, il Metropolitan di New York, l'Opéra di Parigi o la Royal Opera House di Londra.
Signora Hartig, lei ha iniziato gli studi musicali in Romania, fino a giungere ai teatri più importanti del mondo. Ha un ricordo dei suoi inizi. Che cosa l'ha spinta ad avvicinarsi al mondo della musica e dell'Opera Lirica?
Ricordo esattamente come ho cominciato ad amare l'opera; ho sempre cantato dalla musica popolare tedesca, fino a quella rumena, per arrivare al pop. Il canto è sempre stato parte di me, anche grazie a mia madre, che l'ha trasmesso a me e mio fratello, fin da quando eravamo bambini. Quando avevo diciassette anni, la mia migliore amica di allora mi diede due CD con Maria Callas. Diceva che avevo una bella voce e che avrei dovuto provare a cantare l'opera. Non trovavo il genere interessante, ritenendolo superato, ma ho deciso di ascoltarli ugualmente.
La voce di quella donna, l'espressione, il potere delle sue emozioni, l'intensità, il colore della voce, l'orchestra, i sentimenti: sono rimasta affascinata e ho pensato che avrei dovuto fare la stessa cosa e che solo con questa arte avrei potuto esprimere tutto quello che sento. Con questa arte e nient'altro.
Una delle sue caratteristiche è l'utilizzo di tutta l'ampiezza della maschera, favorendo la proiezione della voce, soprattutto nei centri: quale tecnica utilizza per mantenere il suono centrato anche nel registro acuto?
E' un percorso lungo, necessario a consolidare e migliorare la tecnica. Un processo che probabilmente durerà tutta la vita. La mia maestra mi ha sempre insegnato il legato e a cantare mantenendo una posizione alta del suono. Ovviamente alcuni hanno una maggior facilità per natura a mettere a fuoco la voce in un determinato punto (il terzo occhio), utile a manipolare e gestire al meglio lo strumento. Certo, capita che il fuoco non si mantenga nello stesso punto. Tutto questo è molto delicato e lavoriamo per mantenere la tecnica sui riflessi e sull'intuito, per questo si fa molta fatica e ci vuole dedizione.
Non c'è nulla di tangibile, quindi dobbiamo fare affidamento sulle nostre sensazioni.
La tecnica dovrebbe essere la medesima in tutti i registri. Ogni nota ha un “cuore” nel mezzo; ogni suono è influenzato dal suono vicino e deve essere legato con il controllo dei nervi e con l'energia del diaframma. Poi bisogna spandere questa energia e proiettare avanti a sé la propria voce, in modo che giunga il più lontano possibile.
Ha interpretato ruoli di Puccini, Verdi, Gounod, o Strauss, tuttavia ancora oggi resta fedele a Susanna dalle Nozze di Figaro e ad altri personaggi mozartiani. Come definirebbe la sua voce in questo momento della carriera?
La mia carriera internazionale ha avuto inizio a Vienna nel 2009.
Non ho cantato molto in questi sei anni e ho interpretato soprattutto ruoli di giovane soprano lirico. Ho cominciato con parti di importanza variabile, piccoli, medi e grandi. Il personaggio più importante che ho cantato fino a oggi, nei più importanti teatri del mondo, è stata Mimì della Bohème. Devo indirizzare il mio repertorio, ho cantato molto Puccini e poco Verdi: credo sia il momento giusto alla mia età. Ho cantato soprattutto ruoli mozartiani; vocalmente sarei più adatta alla Contessa delle Nozze di Figaro, ma voglio affrontare ancora a lungo il personaggio di Susanna. Sono sempre molto felice di cantare questa parte e quest'opera bellissima.
Dovrei interpretare personaggi come la Contessa o Fiordiligi e spero che me li propongano presto.
Nella mia carriera vorrei giungere a ruoli come Amelia dal Simon Boccanegra, Desdemona in Otello, o Elisabetta di Valois dal Don Carlo.
La mia vocalità è in continua evoluzione, è stata e sarà sempre quella di un soprano lirico, ma con accenti di spinto. Rispetto la mia voce, voglio proteggerla, conservarla e mantenerla fresca il più a lungo possibile, in modo da avere una carriera il più duratura possibile.
Oltre alla tecnica, che importanza dà all'interpretazione e al fraseggio? Come affronta lo studio di un ruolo?
La parte più importante di un ruolo è l'analisi delle parole e del loro significato. Gli accenti, la semplicità, la luminosità di una parola come “sole”, o la dolcezza e voluttà contenuti in una parola come “amore”. Questo è indispensabile per entrare pienamente nel personaggio e nelle sue vicissitudini e conferire alla voce il giusto colore.
Si scoprono sfumature nelle parole come fosse la prima volta che si pronunciano. Solfeggio e ripeto moltissime volte il testo, fino a quando non è diventato completamente parte di me. Questo si ottiene con lo studio e il lavoro costante, per poi cantare il ruolo sul palco, scoprire nuove cose e crescere ancora.
Come si pone, di fronte a uno stesso personaggio portato in scena più volte, nel rapporto con registi e direttori d'orchestra che possono avere idee molto differenti fra loro? Trova difficoltà nel cambiare il suo approccio alla parte?
Ogni volta che salgo sul palco è come fosse la prima volta. Ovviamente si ha sempre più esprienza, con nuovi colleghi, nuovi teatri, nuovi allestimenti, nuovi direttori d'orchestra, etc...
Ogni direttore è diverso dall'altro, ti indica come vuole sentire una frase e l'artista deve trovare un compromesso con quello che sente e ciò che vuole trasmettere.
Maggiore esperienza di palcoscenico fa sempre scoprire diverse sfumature in un ruolo, in una frase, o in una semplice parola. Alle volte fatico a “obbedire” a un regista che voglia eludere il senso della musica e rifugga dal libretto con qualcosa che non sento o non riesco a comprendere. Naturalmente è difficile per un giovane artista non tenere conto della propria sensibilità e personalità. Ritengo non sia nemmeno corretto. Si può imparare un ruolo in francese, tedesco o italiano, imparare una nuova lingua, ma per conoscerne i varii colori si desidera un regista che indirizzi verso la corretta interpretazione, altrimenti si va contro il significato della musica. Anche noi abbiamo le nostre difficoltà e non possiamo fare tutto ciò che desidera il regista come fossimo delle marionette.
Naturalmente ci sono registi che proteggono tengono molto in conto i cantanti e l'amore per la musica, ma al giorno d'oggi si vuole trovare qualcosa di più e dare nuovi significati a un personaggio e a un'opera, con un nuovo concetto di precisione. Tuttavia è già tutto impresso partitura e nel libretto. Se si desidera qualcosa di nuovo, a mio parere, si dovrebbe scrivere un'opera nuova e non, per esempio, ambientare La bohème in un circo. Tutto ciò è irrispettoso del compositore, del suo lavoro e di tutto ciò che si è appreso da Maestri e Professori.
Ora sta provando Violetta a Barcellona. Che cosa pensa della protagonista della Traviata, sia sotto l'aspetto musicale, sia interpretativo?
Violetta è il ruolo dei sogni di ogni soprano lirico. Spesso è stata cantata da soprani più leggeri che potessero avere maggior facilità nella coloratura del primo atto. Ma Verdi mostra Violetta in questo modo solo all'inizio dell'opera, mentre la sua essenza di donna viene a galla nel secondo e terzo atto, quando si devono mostrare la forza dell'amore e dei suoi sacrifici. E' un ruolo molto complesso sia tecnicamente sia interpretativamente e ci vuole molta dedizione.
Sono molto felice di affrontare questa sfida, perché solo grazie a essa potrò crescere come artista e come essere umano. Mi sono occupata molto di questo ruolo, ma ancora non trovo sia perfetto. Forse dopo averlo affrontato almeno duecentocinquanta volte potrò avvicinarmi alla perfezione. Voglio porgere ogni frase direttamente dalla mia anima e offrirla al pubblico. Questo è il mio obbiettivo. Non è importante che ogni suono sia perfetto, ma che si trasmetta l'emozione e che il pubblico possa sentirla ed esserne toccato con partecipazione, ricordandosi che è solo l'amore a essere prezioso.
Verso quale repertorio ritiene si indirizzerà il suo futuro?
Come ho detto prima vorrei cantare tutta la vita da soprano lirico. I ruoli sono Mimì, Liù, Susanna, Micaela, Antonia, Marguerite, Traviata, Contessa, Fiordiligi, Amelia in Simon Boccanegra, Desdemona e così via. Gliene dirò altri alla prossima intervista!
Dopo La traviata di Barcellona sarà ancora a Vienna, Londra e New York. Altri progetti? È previsto un ritorno in Italia?
Sarò a Dresda, Tolosa, ancora a New York e Vienna.
Altri progetti si devono ancora sviluppare. Spero di tornare in Italia, ho cantato alla Scala e spero di farlo di nuovo, ma in questo momento è il mio obiettivo sono i progetti che sono in calendario e le esperienze che mi aspettano, si spera meravigliose, con colleghi sensibili.
C'è un ruolo che si sentirebbe già pronta a cantare e non le hanno mai proposto?
Il più delle volte è che si ricevono offerte per ruoli per i quali è ancora troppo presto, se non del tutto inappropriati. Questo può essere considerato un complimento ma anche pericoloso. Io sono una cantante solitamente molto prudente e non voglio rischiare troppo.
Voglio dare alla voce i suoi tempi, per avere una carriera lunga con uno strumento fresco e intatto ancora per molto tempo.
Ha qualche debutto programmato che vorrebbe condividere con noi?
La cosa più importante per me al momento è La traviata a Barcellona!
Mi concentro ora solo su questo, sono molto eccitata e nervosa, ma anche felice di cantare in questa produzione.
Grazie per la diponibilità.
Vi ringrazio anch'io!