di Ramon Jacques
A due anni dal suo debutto alla Scala, Annalisa Stroppa si è affermata fra le voci di riferimento del teatro milanese, è stata fra i protagonisti dell'inaugurazione dello scorso 7 dicembre e tornerà come Bersi nell'Andrea Chéier che inauguererà la stagione 2017/2018. L'abbiamo incontrata per fare il punto su questo momento della sua carriera. [leggi l'intervista del giugno 2015]
Annalisa, come ti sei avvicinata al canto? Quando ha preso in te la passione per la lirica?
Da bambina trascorrevo gran parte dei pomeriggi dopo la scuola dai miei nonni materni che ascoltavano Pavarotti, Domingo, Carreras e Mario del Monaco. Ho iniziato in questo modo a scoprire le arie d'opera e imitavoquesti grandi tenori.. Ricordo che all'età di otto, nove anni durante le feste di famiglia intrattenevo tutti cantando "Nessun dorma", "O sole mio", "Parlami d'amore Mariù", "Un amore così grande". Sono sempre stata molto estroversa e quando cantavo stavo bene ed ero felice! Inoltre la natura era stata generosa con me e mi aveva donato una voce speciale e per questo sono nate in me la passione e il desiderio di cantare. Ho iniziato quindi lo studio del solfeggio, pianoforte e successivamente, a voce completamente mutata, canto!
La mia famiglia ha creduto in me, mi ha incoraggiata e mi ha sempre sostenuto, sono stata molto fortunata ed è anche grazie alla loro fiducia che ho potuto affrontare con determinazione questo cammino.
Studiavo in Conservatorio a Brescia, contemporaneamente preparavo gli esami in Università (sono laureata in Scienze dell’Educazione) e, avendo ottenuto l'abilitazione, insegnavo part- time in una scuola primaria. Nonostante la fatica amavo tutto ciò che facevo, l'insegnamento, i miei studi all'università e soprattutto cantare!
Raccontaci in breve la storia della tua carriera professionale.
Durante gli ultimi anni del Conservatorio ho partecipato a diversi concorsi nazionali e internazionali per misurare le mie potenzialità e per capire se veramente quella del canto sarebbe potuta essere la mia strada e se avessi potuto intraprendere questa carriera, perché sappiamo che, soprattutto al giorno d'oggi, è parecchio difficile; ottenevo sempre dei buoni risultati: terzo, secondo e primo premio! Queste per me erano importanti conferme che mi davano l'input per crederci davvero e proseguire in questa strada. Ho iniziato così a cantare recital da camera, poi piccoli ruoli d'opera e via via...ruoli sempre più importanti in contesti sempre più grandi.
I primi ruoli da protagonista sono stati Carmen in Tragedy de Carmen a Perugia per il teatro Sperimentale di Spoleto e successivamente Carmen nella Carmen di Bizet al Teatro di Trento, poi ho interpretato il ruolo di Cherubino nei Due Figaro a Salisburgo e questo si può dire sia stato il vero e proprio debutto importante con il maestro Muti sul podio; l'opera è stata poi ripresa anche a Ravenna, Madrid, Buenos Aires.
Da quel momento sono nate altre grandi opportunità di debuttare tanti altri ruoli tra cui Rosina all'Opera di Roma, Cherubino a Cagliari, Piacenza , Modena, Losanna, Stephano in Roméo et Juliette al Carlo Felice di Genova e all’Arena di Verona, nuovamente Rosina nel Barbiere a Berlino, Losanna, Barcellona,Tel Aviv, Bilbao, Monte Carlo; Dorina nel Marito disperato al Teatro San Carlo di Napoli, Lisetta nel Mondo della Luna all’Opéra di MonteCarlo, Carmen a Limoges, Fenena a Palermo e al Maggio Musicale Fiorentino. Ho debuttato negli States con la Dallas Symphony orchestra nelle Nuits d’eté di Berlioz, di seguito ho interpretato Adalgisa nella Norma al Teatro Massimo di Palermo e al Liceu Barcellona; Ascanio in Benvenuto Cellini sempre a Barcellona, Hänsel in Hansel und Gretel al Regio di Torino, Dorabella a Vienna, Suzuki all’Opéra di Parigi, Cenerentola a Tel Aviv, sino ad arrivare all’apertura stagione 2016/2017 del Teatro alla Scala come Suzuki nella Madama Butterfly diretta dal maestro Chailly, Meg nel Falstaff con la direzione del m° Mehta etc..etc... Sono stata molto fortunata, ho avuto tante bellissime occasioni!
La tua prima volta in un ruolo principale: emozioni, incontri, paure, presagi, felicità.
Il mio primo ruolo da protagonista a livello internazionale, come dicevo, è stato Cherubino nei Due Figaro di Mercadante con la direzione di Riccardo Muti e la regia di Emilio Sagi. Un meraviglioso ruolo en travesti. La prima è andata in scena alla Haus für Mozart di Salisburgo e poi lo spettacolo è stato ripreso al Teatro Alighieri di Ravenna, al Teatro Real di Madrid e al Colon di Buenos Aires.
Una prima assoluta di un'opera riscoperta e mai eseguita fino a quel momento e nella prestigiosa cornice del Festival di Salisburgo che riscuoteva l’attenzione da parte di tutto il mondo della musica. Naturalmente ero molto emozionata perché sentivo che quel momento sarebbe stato il mio punto di partenza, mi presentavo da perfetta sconosciuta sul panorama internazionale. Sono molto grata al Maestro Muti per questa possibilità perché mi ha dato modo di imparare e crescere moltissimo. Ovviamente avvertivo la responsabilità che mi era stata affidata ma mi rassicurava l’estrema cura e precisione con cui il Maestro ci aveva preparati durante il periodo di prove.
Un bellissimo ricordo! Al termine della prima recita la felicità, la soddisfazione era immensa: ce l'avevo fatta! Come si dice, avevo rotto il ghiaccio!
A chi non conosce la tua voce cosa faresti ascoltare
Sono un mezzosoprano lirico. Affronto principalmente i ruoli del belcanto che fanno parte della mia formazione e adoro il fraseggio francese. Credo che questo repertorio sia perfettamente aderente alla mia vocalità, così come al mio carattere. Quindi farei ascoltare, solo per citarne alcuni, Romeo nei Capuleti e i Montecchi, Adalgisa nella Norma di Bellini, Sara in Roberto Devereux, Léonor nella Favorite di Donizetti, Carmen nell'opera di Bizet e Charlotte nel Werther di Massenet.
Parlaci dei ruoli che hai in repertorio e di quelli che hai in programma di affrontare. Quali ruoli preferisci?
Amo ogni ruolo che ho affrontato perché quando interpreto un personaggio cerco di approfondirlo e interiorizzarlo il più possibile, quindi sono legata a tutti. Come dicevo prima, amo molto il belcanto e il repertorio francese,In programma ci sono Carmen al Bregenzfestspiele in Austria la prossima estate in uno scenario meraviglioso, sul lago di Costanza, successivamente la ripresa di Falstaff ad Astana in Kazakistan con il Teatro alla Scala. Nei mesi di ottobre e novembre tornerò al Teatro alla Scala in Nabucco nel ruolo di Fenena, quindi sarò nel cast di Andrea Chénier per un altro 7 dicembre..
A quale figura ti ispiri? Chi sono I tuoi cantanti modelli/ preferiti?
Prendo come esempio tutti i grandi artisti che hanno saputo gestire ben la loro carriera e renderla duratura nel tempo con grande serietà, dedizione e rispetto per il proprio lavoro mettendo al primo posto la voce e la musica. Ammiro moltissimo chi, pur avendo più di trent’anni di carriera alle spalle sale ancora sul palcoscenico con la professionalità e l'entusiasmo del primo giorno!
Si può guardare a loro solo con grande ammirazione:se l’opera oggi esiste è anche grazie a questi grandi interpreti, ci è stata consegnata una grandissima e preziosa eredità che abbiamo l’onore e l’onere di portare avanti nel miglior modo possibile per poi poterla trasmettere a nostra volta a coloro che verranno dopo di noi. Ci hanno insegnato il profondo rispetto per questa forma d’arte che è l’opera. Cerco così di cogliere dai grandi artisti di ieri e di oggi tutto ciò che di positivo possono offrirmi per poi trovare qualcosa che mi contraddistingue e valorizzi le mie peculiarità.
Ora come guardi allo sviluppo della tua voce e quindi del tuo repertorio.
Autori del 1700, Mozart e Rossini sono stai un balsamo per la mia voce durante il periodo di studi e i primi anni di carriera. Si impara innanzitutto a cantare sul fiato, l’importanza della parola nei recitativi, il fraseggio, il legato; tutti questi elementi si ritrovano anche negli stili successivi. A livello tecnico ritornare di tanto in tanto a Mozart e Rossini fa solo bene alla voce! Poi è stata la volta anche di Bellini, Bizet, Gounod, Berlioz.
Credo che per scegliere quali nuovi ruoli o autori affrontare non bisogna far altro che ascoltare la propria voce e rispettare le sue possibilità, è lei che ti guida di volta in volta e ti indica il repertorio più corretto e sano da affrontare.
Non ho mai avuto la pretesa di poter cantare tutto perché credo che a seconda della vocalità e della propensione ognuno di noi possa esprimersi meglio in un repertorio specifico.
Per il momento vorrei continuare a specializzarmi sul belcanto e sul repertorio francese, senza spingermi oltre. Diverse volte mi sono stati richiesti importanti ruoli verdiani ma, anche se sento che la mia voce sta andando verso quella direzione, per il momento credo sia ancora presto: ci sono moltissimi ruoli meravigliosi che posso interpretare prima di spingermi oltre. Lasciamo tempo al tempo!
Come stabilisci un rapporto col pubblico nel buio della sala? Cosa sente un cantante appena apre bocca?
Il pubblico è molto importante, penso che sia parte attiva e integrante dello spettacolo, è il mio motore e mi dà la carica e la forza per fare del mio meglio; è il mio giudice e il mio carburante! Noi cantiamo per gli spettatori e abbiamo il dovere principale di emozionare chi ci ascolta.
Quando salgo sul palcoscenico e inizio a cantare avverto subito l’energia che la presenza del pubblico mi trasmette. Il pubblico comunica il suo calore e anima il teatro ed è attraverso la presenza degli spettatori che scatta la magia! Inoltre il loro applauso mi ripaga di ogni fatica perché significa che sono riuscita a trasmettere tutte le mie emozioni ed è questa la più grande soddisfazione.
Raccontaci dei tuoi rapporti coi direttori d'orchestra e coi registi.
Ho instaurato un ottimo rapporto con tutti i direttori d’orchestra e con i registi con i quali ho lavorato finora perché credo fortemente che il nostro sia un lavoro “di gruppo” e una bella sintonia e un clima di lavoro sereno e disponibile condizionino inevitabilmente la riuscita dello spettacolo.
Sono molto aperta e curiosa rispetto alle idee musicali ed interpretative di direttori e registi e ritengo che tutti loro abbiano qualcosa da dirmi che mi possa aiutare a rappresentare al meglio il personaggio che sto interpretando in quel momento. Ovviamentele proposte devono essere motivate e convincenti perché per poter rendere verosimile il mio personaggio è necessario che ci creda io per prima.
È meraviglioso confrontarsi con loro e creare insieme il personaggio; sul palcoscenico ci misuriamo continuamente con noi stessi, con i nostri limiti e le nostre possibilità. Faccio tesoro dei consigli che mi vengono dati e cerco di imparare in ogni occasione e arricchire sempre di più il mio bagaglio con idee e accorgimenti nuovi.
Come si possono conciliare posizioni diverse rispetto al canto, la musica e il palcoscenico in tempi in cui non si fanno più tante prove come un tempo e si rischia spesso di andare in scena senza avere le idee chiare?
L’idea di partenza deve essere il rispetto della musica e delle intenzioni dell’autore. Purtroppo, al giorno d’oggi, non sono molti i teatri che possono permettersi lunghi periodi di prove e quindi spesso, per mancanza di fondi,ci si ritrova a dover montare un’opera in brevissimo tempo. Questo avviene in particolare per le riprese di opere già andate in scena per cui bisogna farsi un’idea chiara in poco tempo. Non si deve mai andare in scena senza un’idea precisa, pur nel poco tempo a disposizione bisogna cercare di caratterizzare il proprio personaggio e renderlo credibile partendo da un concetto di base: si deve cercare di capire l’intenzione del regista e coniugarla con la propria; naturalmente questo è più semplice quando si mette in scena un ruolo già debuttato e quindi già interiorizzato e rodato. Per i debutti l’ideale sarebbe avere più tempo, proprio per conoscere e approfondire il personaggio che si affronta per la prima volta.
È bellissimo avere a disposizione periodi lunghi di preparazione, come accade per le nuove produzioni, e vedere come il ruolo maturi e si evolva dalla prima prova sino all’ultima; il palcoscenico è una vera e propria palestra, il personaggio che interpreti cresce dentro di te ogni giorno, sia dal punto di vista vocale che interpretativo, e diventa sempre più tuo. Una buona regia può essere molto d’aiuto per risolvere alcuni problemi in scena: noi siamo attori, siamo interpreti e un buon allestimento può essere di supporto per agevolare e permettere un canto migliore.
Come si vive il continuo cambio di luoghi e di colleghi di lavoro?
È un adattamento continuo! È per certi versi faticoso, ma molto stimolante! Vedere il mondo e poter lavorare di volta in volta con nuovi colleghi è entusiasmante e arricchente. Amo anche questo del mio lavoro!
Finora ho sempre incontrato colleghi, direttori, registi, staff di ogni teatro, con i quali ho potuto creare un ottimo rapporto per collaborare al meglio alla realizzazione di ogni spettacolo.
Oggi si vedono spesso delle regie... particolari, a te è mai capitato di dover cantare con una regia inusuale?
Si! Diverse volte! Penso alla produzione del Barbiere di Siviglia andata in scena al Teatro Filarmonico di Verona nel 2015 in cui la regia di Maestrini era incentrata su un cartone animato interattivo con video proiettati sul fondo della scena e tutti i personaggi venivano caratterizzati ispirandosi a Rossini, quindi con le sue grandi dimensioni fisiche: è stato molto divertente! Oppure un'altra Rosina accattivante e innovativa interpretata a Caracalla versione musical con la regia di Mariani in cui cantavo "Una voce poco fa" dondolandomi sull'altalena all'interno di una grande gabbietta sospesa come se fossi l'uccellino Tweety, tutta vestita di giallo!
O anche Il marito disperato con la regia stravagante ed esilarante di Paolo Rossi.
Secondo te perché la musica lirica sembra sempre per pochi? Cosa si potrebbe fare per avvicinarla a molti più giovani per esempio?
Troppo spesso tra i giovani, ma non solo, anche tra gli adulti, c’è l’idea che “l’opera sia solo per un pubblico maturo” o che sia “solo per pochi”. Non è così! L’opera non ha età ed è per tutti! È un pensiero comune dei ragazzi che non la conoscono ma che una volta entrati in teatro cambiano idea e ne restano immediatamente affascinati e rapiti! Ed è un'idea vecchia e comune per tutti quegli adulti che non conoscendola ne restano lontani pensando di non poterla capire o apprezzare.
Per quanto riguarda la mia esperienza vi posso assicurare che una volta portate queste persone a Teatro la maggior parte di loro si innamora dell’opera, ne rimane affascinato e vuole assolutamente tornare! La chiave di tutto è la conoscenza!
Per questo l’ideale è creare un lavoro di rete tra Teatri, Scuole, Università. In questo senso negli ultimi anni i Teatri si sono mossi creando spettacoli dedicati ai bambini: questa iniziativa è molto importante per far conoscere il mondo dell’Opera ai più piccoli in modo semplice, diretto e divertente e spesso attraverso queste iniziative sono i bambini stessi che portano a teatro per la prima volta i loro genitori!
Prima di intraprendere la carriera artistica, mi sono dedicata all'insegnamento e, secondo la mia esperienza con i bambini, la musica è assolutamente fondamentale sin dalla scuola elementare. Bisogna far conoscere la musica ai bambini perché fa parte delle nostre radici, della nostra cultura e non si può apprezzare ciò che non si conosce.
La scuola ha un compito importantissimo: la musica dovrebbe essere valorizzata e non considerata come la cenerentola di tutte le materie. Nella programmazione educativa dovrebbe essere insegnata ai più piccoli attraverso il gioco e collegata a tutti gli altri insegnamenti e fare da collante alla scienza, alla storia, alla matematica, alla geografia, all'educazione fisica. Se ci chiediamo che potere ha la musica per i nostri bambini, la risposta è evidente: la musica forma la mente, è un mezzo di aggregazione, di espressione e di comunicazione universale. Succede lo stesso con lo sport, con la danza, con la pittura, con tutto ciò che sia arte e cultura perché la cultura alimenta la nostra interiorità. Inoltre, a mio parare, sin dalla scuola elementare dovrebbero essere previsti degli insegnanti specializzati e qualificati per l’insegnamento musicale, concompetenze specifiche per far conoscere al bambino il linguaggio e l’espressione musicale, così come avviene per l’insegnamento di una lingua straniera o per l’educazione motoria. Solo se un seme viene piantato bene il fiore potrà crescere! Per non parlare inoltre dell’enorme potere che ha anche su coloro che sono diversamente abili, ma qui aprirei un altro lungo capitolo!
L'opera in particolare è parte dell'identità italiana e quindi abbiamo l'obbligo di valorizzarla e trasmetterla nel migliore dei modi. Senza cultura e senza musica saremmo più poveri!
In questi anni nel nostro Paese purtroppo la crisi sta influenzando tutti gli aspetti della nostra vita, e quindi inevitabilmente anche la musica e la cultura. È sbagliato pensare che senza cultura il resto degli ambiti possa sussistere. Al contrario, senza cultura perdiamo tutto: perdiamo posti di lavoro, perdiamo la capacità per pensare e sentire il nostro presente e il nostro futuro. La cultura ci alimenta, ci illumina, ci conforta , è una fonte di energia e di stimolo.
Hai un teatro al quale sei particolarmente affezionata?
Sicuramente ho lasciato un pezzettino del mio cuore in ogni teatro in cui ho lavorato perché ho sempre ricevuto una buona accoglienza da parte dell’entourage del teatro e del pubblico. Penso sia naturale affezionarsi in particolare ai teatri dove ritorni più frequentemente e dove si crea un rapporto di stima e fiducia e anche con il pubblico che inizia a conoscerti e seguirti sempre di più.
Ti capita ancora di ascoltare musica per diletto?
Assolutamente si, molto spesso! Oltre alla musica classica ascolto musica leggera, pop, dance, latino americana...
Cosa manca nella tua vita?
Finora sono davvero molto grata alla vita per tutto ciò che mi ha donato e per il mio cammino artistico, il desiderio è quello di poter proseguire così.
Per concludere, ci vuoi raccontare un episodio, un aneddoto caro, il tuo momento di maggior orgoglio della tua carriera?
Sicuramente la prima volta che ho visto i miei genitori seduti in teatro a vedermi!
E poi come non posso citare l’enorme emozione di poter essere tra i protagonisti della prestigiosa apertura della stagione del Teatro alla Scala. Il 7 dicembre 2016 ho interpretato il ruolo di Suzuki nella Madama Butterfly diretta dal grande Maestro Chailly e con la straordinaria regia di Alvis Hermanis. Un privilegio! Ero molto emozionata! Poter inaugurare la stagione del Teatro alla Scala è una sensazione indescrivibile, di quelle che si ricordano per sempre! Negli anni ho sempre seguito con grande interesse la diretta televisiva di questa serata e non avrei mai immaginato che un giorno sarei potuta essere tra i protagonisti! Sono profondamente grata a coloro che mi hanno scelta e mi hanno dato questa grande opportunità.