di Roberta Pedrotti
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Valerio Galli ha la musica nel sangue, lo si capisce subito, anche prima che racconti della sua passione viscerale trasmessa dal nonno melomane di cui, quando la chiacchierata prosegue anche a telecamera spenta, rievoca anche i gesti veementi ad accompagnare un "Son sessant'anni, o vecchio" di Carlo Gérard rivissuto con l'ardore politico della Toscana rossa di una volta. Ha la musica nel sangue, il melodramma di Puccini (morto proprio in quel 29 novembre che lo vedrà nascere qualche decennio più avanti) e della Giovane Scuola sono il suo grande amore e li racconta con un fuoco sincero e dunque coinvolgente.
Altrettanto chiaro è che nel suo mestiere, pronosticato già in un tema alle scuole elementari, lui ami e coltivi i fatti più che le parole. È un tipo concreto che tiene ben saldi i rapporti con la tradizione anche in termini di prassi esecutive - poi, basta ascoltare una sua direzione per rendersi conto che questa tradizione non è routine ma reinterpretata con personalità, finezze e dettagli -, parla volentieri dei colleghi di ieri e di oggi entusiasmandosi anche per i successi altrui, non ama le polemiche.
Anzi, in un ambiente in cui ogni divergenza sulla scelta di un titolo, di un direttore, cantante o regista sembra diventare un affare di stato o un'offesa da lavare con il sangue per certi melomani, lui non si lascia coinvolgere: la musica resta, il commento nel foyer è un piacere, l'accesso di bile per una recita o una locandina non ha ragione di esistere. In tutta serenità, comunque, non rinuncia alle sue idee, come quando, sempre a camera spenta, ricorda che oggi i cantanti e chi li consiglia e li scrittura dovrebbero fare molta attenzione alla scelta del repertorio, perché per Puccini, ad esempio, è necessaria un'ampiezza vocale che talvolta si trascura. Più che su alcuni episodi eclatanti che suscitano ondate di polemiche e pubblicità, forse si dovrebbe prestar attenzione alla scelta dei titoli (quanta o più varii potrebbero essere i cartelloni, con un po' di curiosità in più!) e nella ricerca dei cantanti (che non mancano, ma a volte non selezionano bene i ruoli o non vengono valorizzati).
Insomma, la passione fortemente radicata nella tradizione è un fuoco propulsivo verso il futuro, con uno sguardo serio, realistico ma positivo. Questo fuoco, poi, si fa fatto concreto e non si può che essere incuriositi a seguirlo anche nel suo amatissimo repertorio (parzialmente) nascosto.