Gustavo Gabriel Otero
Nell'agosto del 2012 Joyce DiDonato incantò già il pubblico sudamericano con i suoi trionfali recital Buenos Aires, Montevideo, Santiago del Cile, San Paolo e Río de Janeiro.
Nata nel 1969 in Kansas, DiDonato, risplende sulle scene internazionali da una quindicina d'anni; incisioni e premi hanno scandito la carriera di questo raffinato mezzosoprano di coloratura di casa nel barocco e nel belcanto.
Il suo ritorno per un nuovo tour all'estremo Sud del mondo ci permette di ritrovare il suo carisma, la sua simpatia e bellezza in una serie di recital pensati con somma intelligenza e evitando la trappola del classico programma pot-pourri senza unità stilistica. Ci riceve con incomparabile cordialità la mattina seguente il suo primo concerto a Buenos Aires, organizzato dal Mozarteum Argentino, per una breve intervista. Cosa l'ha spinta a tornare in Sudamerica?
Dopo il concerto inaugurale del mio tour del 2012 , a Santiago del Cile, ho detto al mio pianista, David Zobel, "Dobbiamo tornare qui, è un posto molto speciale!". Poi qui al Colón di Buenos Aires ho avvertito le medesime sensazioni, e così in Uruguay e in Brasile. Il pubblico con il suo calore mi hanno convinta a tornare. È molto emozionante sentire oggi come allora questa partecipazione e confermare assolutamente la mia prima impressione. È incredibile la gran quantità di giovani che assiste ai concerti, l'autentica apertura di spirito che si percepisce di fronte alle platee sudamericane. Il mondo odierno ha bisogno di più arte, più purezza, più emozione, più umanità e mi rallegra poter comunicare tutto ciò con il mio canto. Per avvicinarmi ai più giovani oggi (19 agosto) terrò un masterclass per gli studenti dell'Instituto Superior de Arte del Teatro Colón.
Con che criterio ha selezionato il repertorio per questi recital?
È molto difficile pianificare un recital: non è un'opera, ma bisogna a proporre al pubblico una sorta di viaggio stilistico. È importante cantare parte del mio repertorio abituale, per esempio nel 2012 il pubblico del Colón mi chiese il rondò finale della Cenerentola che però non avevamo preparato e quindi, naturalmente, oggi chiuderemo il recital con quello. Ma voglio anche includere nei concerti le mie recenti scoperte artistiche, come quelle del mio CD Drama Queens e del prossimo lavoro, che si intitola Stella di Napoli. Ovviamente si tratta di un concerto di arie, ma provo a creare qualcosa di misto, a trovare una linea stilistica, un tema, un sentimento, un percorso che contenga un po' di barocco, un po' di classicismo e qualcosa di più moderno, come i Canti della sera di Francesco Santoliquido.
Lunedì 18 agosto Joyce DiDonato ha elettrizzato il pubblico argentino per il repertorio scelto, per lo splendore vocale e per lo charme. [leggi la recensione del recital] Nella conversazione si mostra comunicativa e simpatica. La sua bellezza naturale affascina vis-à-vis come sulla scena. I suoi occhi celesti brillano prima alle domande ogni risposta è ponderata ed esposta meticolosamente. Il suo repertorio è molto calibrato, come lo definirebbe?
Mi piace il repertorio giusto per la mia voce e non me ne allontano. Tuttavia in alcune occasioni desidero estenderlo: quando ho cantato per la prima volta Maria Stuarda la mia voce era al limite. Ho lavorato molto sul ruolo cercando sempre di cantarlo senza forzare le mie caratteristiche. La seconda volta, a New York, già non mi sentivo al limite, ma molto più a mio agio e sicura. E la terza, a Londra, già avevo assimilato il ruolo alla mia vocalità, quasi come Rosina. Voglio rimanere nel mio repertorio, talora mi piace ampliarlo, ma senza esagerare. Non canterei Verdi, per esempio, anche se potrei, forse, fare un esperimento con Eboli di Don Carlo. Ma per le mie possibilità ci sono tante splendide cose e preferisco ricercare un repertorio speciale che non tutti frequentano. Non desidero essere un'altra Carmen, o un altro Oktavian, ci sono già molte cantanti nel mondo che le cantano benissimo. Preferisco che il pubblico scopra un'opera come La donna del lago che propone i colori originali di un Rossini non troppo noto. Affrontare ruoli che nessun'altra cantante affronta. Per di più oggi abbiamo eccellenti tenori rossiniani come Juan Diego Flórez, John Osborn o Lawrence Brownlee che rendono possibile eseguire questo repertorio così importante e quasi sconosciuto.
Quali sono i suoi prossimi impegni?
Dopo questo tour terrò dei recital a Londra e in Kansas. Il 20 settembre inaugurerò a Baden Baden un'altra tournée di presentazione del mio ultimo lavoro Stella di Napoli, che mi porterà a Lione, Londra, Parigi ed Essen. Poi canterò nuovamente Alcina di Händel fra l'altro a Pamplona, Madrid, Vienna, Parigi e alla Carnegie Hall di New York. Anche Maria Stuarda, Elena nella Donna del lago al Met, Marguerite nella Damnation de Faust, più recital e I Capuleti e i Montecchi di Bellini en Zürich.
E nuovi ruoli?
Il prossimo anno parteciperò alla prima assoluta di un'opera scritta per me. Si intitola Great Scott ed è stata scritta dal compositore statunitense, nato nel 1961, Jake Heggie. È programmata per l'ottobre del 2015 all'Opera di Dallas. Si tratta di una cantante, Arden Scott, che si dedica al bel canto e scopre un'opera di questo periodo, Rosa Dolorosa, Figlia di Pompei, che deve debuttare in una piccola città degli Stati Uniti in cui la cosa più importante è la squadra di football americano. Il tema è quello della necessità di portare l'arte in un piccolo centro, del ruolo dell'opera nel mondo contemporaneo, se sia importante in una comunità di oggi. È scritta in italiano e il libretto è di Terrence McNally. Il primo atto si svolge durante le prove e il secondo il giorno della prima. L'opera immaginaria al centro della vicenda contiene scene di pazzia, un vulcano in eruzione, coro, coro di bambini, corpo di ballo ed è scritta con colorature, arie e cabalette come all'epoca del belcanto. Il resto in stile contemporaneo. Una proposta veramente intrigante.
Qualche altro ruolo nuovo?
Canterò anche la mia prima Semiramide e debutterò Charlotte in Werther, prima in concerto e poi a Londra, con un protagonista maschile che ora non posso annunciare ma che sarà molto interessante.
Un'opera completa in Sudamerica?
Il problema è trovare il tempo. Ho contratti per cinque anni. Forse potrei tornare con la tournée di qualche opera in forma di concerto.