Prosegue sabato 21 novembre alle 21 con il concerto lirico del baritono Leo Nucci la Stagione Concertistica 2015-2016 della Fondazione Teatri di Piacenza
La serata, dedicata al Belcanto italiano, vedrà il celebre baritono accompagnato dall’Italian Opera Chamber Ensemble
Considerato il successo riscosso nella passate stagioni anche quest'anno non poteva mancare tra gli appuntamenti della Stagione Concertistica 2015-2016 della Fondazione Teatri di Piacenza il concerto lirico dell'amato baritono Leo Nucci che sabato 21 Novembre alle 21 si esibiràsul palco del Teatro Municipale di Piacenza.
Accompagnato dall'Italian Opera Chamber Ensemble, (Paolo Marcarini, pianoforte – arrangiamenti; Cesare Carretta, violino; Lino Pietrantoni, violino; Christian Serazzi, viola; Massimo Repellini, violoncello; Davide Burani, arpa), l'artista di fama mondiale, Leo Nucci, celebrerà il Belcanto italiano dando spazio al grande repertorio italiano dell'Ottocento, da Rossini a Verdi.
In questo contesto il termine belcanto indica uno stile in cui la voce, utilizzata secondo le regole auree della scuola italiana di canto che affonda le sue radici nel melodramma del Seicento, diventa duttile strumento per esprimere gli affetti dei personaggi, in un equilibrio perfetto tra le esigenze della musica e del dramma. Il risultato è qualcosa di unico, un modo di usare la parola intonata che non ha confronto e che trova in Leo Nucci un punto di riferimento.
Ad aprire la serata sarà la cavatina di Figaro, «Largo al factotum» (Il barbiere di Siviglia, Roma, 1816) in cui Gioachino Rossini mira all'espressione di un'irresistibile ed astuta giovialità e dove la voce del baritono deve dare prova di vivo senso della parola anche attraverso una sillabazione veloce alternata ad un canto esibito. Nel Guglielmo Tell (Guillaume Tell, Parigi, 1829), di cui qui si presenta la preghiera di Guglielmo «Resta immobile» nella versione italiana, la voce chiama in causa il legato per esprimere l'accorata disperazione di un padre alle prese con una prova a dir poco diabolica.
I due pezzi di Bellini e quello di Donizetti ci presentano tre situazioni psicologiche differenti. Nella Beatrice di Tenda (Venezia,1833) Filippo Maria Visconti, nell'atto di segnare l'ingiusta condanna della moglie, è colto da un rimorso che esprime nel Larghetto mosso «Qui mi accolse oppresso, errante», prima di fugarlo nella successiva cabaletta, «Non son io». Nei Puritani (Parigi, 1835) Riccardo nel Larghetto sostenuto «Ah! per sempre io ti perdei», esprime il dolore di un amore impossibile, prima di sublimare il suo desiderio nella cabaletta «Bel sogno beato». Nella Favorita, versione italiana della Favorite (Parigi, 1840), Alfonso XI di Castiglia esprimere il turbamento di un passione illecita nel Larghetto «Vien, Leonora» prima di risolvere il dilemma con prepotenza nella cabaletta «Dei nemici miei». L'identica struttura (recitativo, tempo lento e cabaletta) nei Puritani ospita un canto la cui tessitura, che ha ombreggiature da basso cantante, chiama in causa il legato, un'emissione morbida e rotonda e il ricorso ai passi fioriti come chiaro omaggio all'abilità nella coloratura di Antonio Tamburini, o al vocalizzo nella Favorita per portare la voce al fa acuto. È vero, però, che soprattutto nella Beatrice di Tenda e nella Favorita il belcanto si fa sempre più espressivo e dà peso a quella parola che in Verdi si fa scenica, cioè diventa strumento delle esigenze del dramma.
Nel programma del concerto Verdi è presente con due liriche da camera («Non t'accostare all'urna» e L'esule, che risalgono al 1838-39, gli anni degli esordi di Verdi a Milano) e con tre pagine operistiche. La prima è la romanza del doge Francesco Foscari, «O vecchio cor», afflitto dal dolore per la sorte dell'infelice figlio. Dopo una prima strofa, la cui vocalità, mima la lacerazione interiore del vecchio padre la melodia si apre con slancio, «Ma cor di padre», fino ad arrivare al fa acuto in fortissimo: questa nota, in aperto contrasto con altri passi da intonarsi con dolcezza, crea un pronunciato chiaroscuro, mentre fa delle insistite variazioni dinamiche, previste da Verdi, lo strumento per esprimere l'affetto del personaggio.
La ricerca della parola scenica, alias di un belcanto ancora più espressivo, si fa evidente in «Mal per me», l'arioso della scena della morte nella prima versione del Macbeth (Firenze, 1847). Verdi piegò le singolari doti del primo interpreti, il baritono di Felice Varesi, ad un canto dove i colori, gli accenti, il fraseggio sono dettati solo dalle necessità del dramma.
Il percorso si chiude con l'aria di Monforte, «In braccio alle dovizie» (Parigi, 1855), dalla versione italiana de Lesvêpres siciliennes. Verdi ha ormai emancipato il baritono e gli ha affidato ruoli nuovi e diversi, chiamandolo in particolare a dare voce alle figure paterne di Nabucco, Giacomo, Francesco Foscari, Miller, Rigoletto, Germont così come nel caso presente, quello di Monforte, che canta il suo dramma in una vocalità che si è fatta essenziale e pertanto ancora più incisiva. Essa, però, mantiene il suo rapporto con il belcanto, con quelle regole auree senza le quali non sarebbe possibile soddisfare alle esigenze della pagina, come l'attacco in pianissimo e dolcissimo del meno mosso «D'un avvenir beato», e il legato attraverso il quale Verdi esprime il dolore accorato del personaggio.
**Il comunicato cita pezzi del saggio che il musicologo Giancarlo Landini ha scritto per il libretto di sala del concerto
Per info e biglietti è possibile rivolgersi alla biglietteria del Teatro Municipale di Piacenza, in via Verdi 41, al numero di telefono 0523.492251 o al fax 0523.320365 o all'indirizzo mail biglietteria@teatripiacenza.it.