di Francesco Bertini
Il lungo viaggio della rarità donizettiana proposta lo scorso autunno dal festival bergamasco in coproduzione con altri cinque teatri italiani giunge, a metà del cammino, nella città veneta. Permangono i dubbi per una regia che, pur avvalendosi di una bellissima cornice visiva ispirata a bozzetti finora inediti di Luzzati, si ferma sovente al bozzettismo senza approfondire la credibilità e la psicologia dei personaggi, interpretati in quest'occasione da Christian Senn, Cinzia Forte, Francesco Marsiglia, Federico Longhi, Marianna Vinci e Leonardo Galeazzi, con la direzione di Giovanni Di Stefano.
Leggi la recensione della recita di Bergamo, 13/10/2013
ROVIGO, 11 gennaio 2014 - La produzione bergamasca di Il furioso all’isola di San Domingo, nata in seno al Festival Donizetti, ha percorso metà del proprio cammino toccando, dopo il debutto nella città dei mille, il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, il Comunale di Modena e attendendo le prossime tappe nel Teatro Municipale di Piacenza e nel Teatro Alighieri di Ravenna. In mezzo alle varie riprese citate si inserisce anche quella in terra veneta, nel Teatro Sociale di Rovigo.
A tre mesi circa dalla prima rappresentazione alcune cose sono mutate, anche per andare incontro alle esigenze dei vari teatri che differiscono per dimensioni dalla sala in cui lo spettacolo è stato montato. In questo senso la superficie del palcoscenico rodigino ha costretto ad un ridimensionamento delle scene che hanno riempito interamente lo spazio. Come già sottolineato per la rappresentazione bergamasca, l’idea di utilizzare un bozzetto inedito, recentemente ritrovato, di Emanuele Luzzati, che concepì la scenografia per una produzione, poi sfumata, funziona al meglio grazie all’abilità di Michele Olcese il quale riprende intelligentemente il progetto.
Il turbinio variopinto dell’ambientazione esotica, ulteriormente vivacizzata dai costumi colorati di Santuzza Calì, non sopperisce alle forzature di una regia, curata da Francesco Esposito, che fa leva su troppi luoghi comuni. Esposito tende a riempire lo spazio affiancando al procedere della vicenda alcune scenette che oltre a distogliere l’attenzione scivolano nella banalità se inserite di frequente. Alle volte il rischio di non cogliere gli stati d’animo espressi da libretto e musica si fa assai visibile e poco giustificabile. La caratterizzazione del protagonista risulta più riuscita com’anche il legame dell’ambientazione esotica con l’elemento fiabesco.
Nel confronto con la concertazione bergamasca, in quest’occasione le dimensioni più ridotte della sala hanno fatto risaltare una certa predilezione di Giovanni di Stefano per le dinamiche forti, non dimentiche comunque delle sfumature. Si è udito qualche scollamento con il palcoscenico, in particolare nel concertato del finale primo.
L’Orchestra del Bergamo Musica Festival offre una prova perlopiù positiva al contrario del Coro al quale manca una riuscita omogeneità.
Tolta l’abilità scenica e la provata caratterizzazione personale di Cardenio, il baritono cileno Christian Senn ha denotato una certa stanchezza vocale, forse dovuta ad una lieve indisposizione, che è stata rispecchiata da alcuni problemi d’intonazione e una visibile difficoltà in zona acuta. Cinzia Forte, Eleonora, ha emissione rotonda, timbro interessante ma manca di piena credibilità nel rendere il personaggio. Fatti salvi i passaggi di coloratura, che non risultano sempre risolti con piena naturalezza, la Forte offre una prova riuscita.
Il tenore Francesco Marsiglia, Fernando, sembra trovarsi a disagio con un ruolo per nulla semplice. I suoni nasaleggianti ai quali il cantante è costretto a far ricorso per raggiungere gli estremi acuti e i sopracuti disturbano l’esecuzione che anche nella zona centrale risente di emissioni spesso non perfettamente a fuoco. Già udito in passato, in prove perlopiù positive, Marsiglia si è confrontato probabilmente con una parte parzialmente inadatta alle sue potenzialità, solitamente ben adoperate. Il baritono Federico Longhi, che affronta la parte buffa del servo Kaidamà, è espressivo in scena ma non altrettanto incisivo per quanto attiene il fraseggio. Si apprezza la sua abilità attoriale e la capacità di reggere il confronto con la comicità richiesta dal suo ruolo. Leonardo Galeazzi si conferma artista preciso nei panni di Bartolomeo, reso con fraseggio lindo. Marianna Vinci è invece un Marcella alterna per resa ma efficace in scena.
Troppo scarso il pubblico per un’occasione purtroppo più unica che rara.
I consensi al termine non sono mancati con numerose chiamate per l’intero cast.