di Gabriele Cesaretti
Notevolissima interpretazione da parte di un ottimo quintetto femminile protagonista e di un gruppo corale e strumentale non meno efficace, così come la messa in scena, per Scherzo, deliziosa opera da camera dello jesino Giuseppe Balducci. Una preziosa testimonianza della misconosciuta tradizione di opere da camera e da salotto destinate a esecuzioni private nel XIX secolo, nell'ambito di un più ampio progetto di studio e recupero intorno alla figura di Balducci.
JESI, 25 maggio 2014 - Nel XIX secolo l’opera si faceva nei teatri, ma anche in casa e non solo grazie alle raccolte di arie e di riduzioni (un patrimonio musicale, peraltro, di enorme valore storico e culturale e ancora, in larga parte, inesplorato): esiste infatti pure un repertorio di vere e proprie opere domestiche, composte per essere eseguite da privati e dilettanti nei loro salotti. Un esempio di questa tradizione, tra i primi, è Scherzo di Giuseppe Balducci (Jesi, 1796 - Malaga, 1845), una breve e deliziosa operina composta per la festa di onomastico della Marchesa Matilde della Sonora Capece Minutolo, nella cui casa Balducci fu istitutore musicale e amministratore dei beni.
La trama dell’opera, che prevede in organico cinque voci femminili, due pianoforti, ensemble strumentale e piccolo coro maschile, è lieve e ironica, su libretto di Giuseppe Campagna: le tre figlie della Marchesa Matilde della Sonora Capece Minutolo (Paolina, Clotilde e Adelaide) sono disperate perché, a causa dell’inerzia del librettista Campagna e del carattere infuocato del compositore Balducci, non hanno nessuna nuova composizione da cantare alla signora madre per celebrarne l’onomastico; l’amica comune Olimpia Della Valle cerca di consolare le ragazze, non risparmiando battute mordaci su Campagna e Balducci, finché a risolvere la situazione non arriva Nina Serra Duchessina Di Lavello, che racconta di come Balducci abbia incontrato un matto per strada da cui si è fatto stendere una poesia in pochi minuti rivestita di musica.
La capacità ironica e autoironica di Campagna e Balducci, che riflettono e scherzo sulla loro funzione di librettista e compositore, non risparmiando critiche a se stessi, sembrerebbe configurare una sorta di Ariadne auf Naxos ante litteram, ipotesi corroborata dalla presenza delle allieve di Balducci e delle loro amiche impegnate nella parte di loro stesse. Ovviamente le profondità del libretto di Hofmannsthal resta ben lontana e l’ambizione di Balducci e Campagna non è affatto quella di riflettere sul mistero della creazione, quanto di offrire quello che il titolo promette: uno scherzo (appunto), destinato esclusivamente alla rappresentazione domestica, a differenza di altre opere da camera dell’800 che trovarono anche la via della pubblica diffusione e della pubblicazione (si pensi alla Cendrillon della Viardot o a La latière de Trianon di Wekerlin).
Il debutto assoluto di questo Scherzo si ebbe a Napoli nel 1837 ed è stato recuperato in epoca moderna nel 1996 in Nuova Zelanda, grazie al suo revisore Jeremy Commons, che peraltro ha appena licenziato un’accurata biografia del compositore jesino, edita dalle edizioni dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. L'Accademia di Santa Cecilia ha anche avviato un interessante progetto di rilancio odierno della musica balducciana che comprenderà, oltre alla monografia di Commons, anche l’edizione musicale delle ben cinque opere da camera composte dallo stesso Balducci. C’è da augurarsi che un simile sforzo non si limiti alla di per sé già notevole realizzazione scenica delle opere, ma che possa anche trovare la via della registrazione, come avvenne nel caso delle opere della Viardot e di Wekerlin, inserite dalla Opera Rara nell’ambito della splendida serie Il Salotto, che, però, da tempo non vede la creazione di nuovi volumi. Scherzo potrebbe affiancare senza problemi le altre pubblicazioni, anche perché l’esecuzione realizzata a Jesi, nell’ambito del Festival dell’Opera da Camera (un’iniziativa promossa dalla Fondazione “Alessandro Lanari” con l’obiettivo di portare opere di piccolo organico esecutivo nei palazzi storici jesini) è stata notevolissima.
Molto brave sono state le cinque interpreti, disinvolte tanto dal punto di vista vocale che nei brevi dialoghi parlati: Ruta Vosyliute (Olimpia Della Valle), Beatrice Mezzanotte (Paolina), Julija Samsonova (Clotilde), Jimena Llanos (Adelaide) e Rosita Tassi (Nina Serra Duchessina Di Lavello); di ottimo livello la performance dell’Ensemble Strumentale e Coro “Accademia Dei Filarmonici” e ben fatta anche la parte visiva, con i costumi di Giuliana Gualdoni e la regia di Gianni Gualdoni, sullo sfondo della splendida sala del Palazzo della Signoria, che peraltro fu dal ‘500 il primo spazio pubblico al chiuso in cui si tennero spettacoli in città. Successo caloroso al termine.