di Carlos Rosas
Torna a Londra la Tosca messa in scena dieci anni da da Jonathan Kent: perfetto esempio di teatro musicale aderente con intelligenza alle didascalie e alla tradizione. Il risultato è uno spettacolo bello e avvincente dove ogni dettaglio ha un senso storico e drammaturgico. Meno convincente la concertazione di Oleg Caetani. Un Roberto Alagna in buona forma condivideva la scena con Oksana Dyka e Marco Vratogna.
LONDRA, 3 giugno 2014 - La Royal Opera di Londra ha ripreso la produzione di Tosca concepita nel 2004 da Jonathan Kent, che ha collocato lo sviluppo della vicenda esattamente fra il 17 e il 18 giugno del 1800, per farla coincidere con il contesto storico che incornicia il libretto musicato da Puccini, tratto dall'opera di Victorien Sardou, in un'atmosfera di pericolo e disperazione. Le scene sono di Paul Brown, e comprendono un chiesa illuminata da candele, un oscuro e sinistro studio con la sua sala delle torture, e infine il sorgere del sole al nascere di un giorno sotto i peggiori presagi. Ogni riferimento, ogni dettaglio ha coerenza e senso drammatico. Per esempio era chiaro il richiamo alla battaglia di Marengo, combattuta solo quattro giorni prima degli eventi narrati sulla scena; o tutti i suoni previsti dal libretto e resi con il giusto realismo - il colpo di cannone, le campane della chiesa - insieme con altri molto azzeccati, come gli spari di un plotone di esecuzione pure durante il Te deum del primo atto. O ancora la cura visiva nella pittura di Cavaradossi nello stile di Jacques Louis David, nella ricostruzione di Palazzo Farnese, del tetto di Castel Sant’Angelo con la statua colossale dell'arcangelo Michele. Insomma: una produzione visivamente suggestiva e attraente, con spazio sufficiente per la recitazione e il movimento degli artisti. Del pari adeguati i costumi, così come l'eccellente disegno luci, che ha saputo trasmettere un senso di terrore e angoscia in ogni istante.
Il cast vocale fu sufficientemente buono e omogeneo, a partire da Roberto Alagna, Cavaradossi virile e appassionato come già in questo teatro nel 2000. A proprio agio nel ruolo, la voce del tenore è parsa fluida, soprattutto nei tratti più eroici della parte, risultando brillante, solida, ricca di colori, benché nell'ultima aria sembrasse perdere il controllo. Il soprano ucraino Oksana Dyka, al suo debutto londinese, ha esibito una vocalità ampia, potente, un poco stridente in acuto, ma di colore piacevole. La sua interpretazione di Tosca è stata in generale credibile quando delicata e afflitta, tuttavia alcuni momenti di iperatività sulla scena, soprattutto nei momenti di maggior sofferenza e drammaticità, è parsa troppo caricata. Il baritono Marco Vratogna ha dato vita a un malvagio e aggressivo Scarpia, cui ha prestato una robusta voce di penetrante sonorità. Corretti gli altri ruoli, coro e comparse.
L'orchestra si è disimpegnata correttamente nonostante la direzione non troppo precisa e raffinata di Oleg Caetani, che a momenti è sembrata dipanarsi senza una visione chiara dell'opera e della sua interpretazione, benché, alla fine, la vitalità della musica di Puccini riesca sempre a imporsi.