di Francesco Bertini
Messa in scena all'antica, ispirata a Sanquirico, per La sonnambula allestita a Treviso con il Concorso Toti dal Monte, dalla cui ultima edizione provenivano gli interpreti, promettenti ma ancora passibili di crescita, di Lisa e del Conte Rodolfo.
TREVISO, 3 ottovre 2014 - Nelle ultime stagioni la realtà trevigiana, incarnata dal Teatro Comunale Mario Del Monaco, ha intrapreso la via delle produzioni liriche autogestite e solo saltuariamente condivise, in un circuito perlopiù extra regionale. Altra abitudine, adottata nel capoluogo della marca, vuole legata l’opera inaugurale al Concorso Internazionale per Cantanti Toti dal Monte.
Quest’anno la competizione, giunta alla quarantaquattresima edizione, ha impegnato la giuria alla ricerca di giovani interpreti per La Sonnambula di Vincenzo Bellini. La commissione non ha tuttavia identificato due voci idonee per affrontare i ruoli protagonistici. L’opera richiede doti mature che devono affiancarsi all’espressività scenica, fondamentale per estrinsecare l’elemento emotivo e corale caratteristico della commedia larmoyant. Lo spettacolo, ideato da Alessandro Londei, difetta però di queste caratteristiche. Il regista non è in grado di vivificare i personaggi i quali agiscono sostenuti dal proprio istinto e non con intenzioni collettive e unitarie.
Abituati a rappresentazioni che modernizzano l’ambientazione, vedere sul palcoscenico i fondali ideati da Alessandro Sanquirico, per la prima esecuzione nel 1831, turba più di molti allestimenti contemporanei. I paesaggi dipinti, l’innocenza di certi scorci (alle volte quasi benefici per l’occhio), pur riportando indietro nel tempo lo spettatore incuriosito, rischiano di togliere l’aspettativa che ormai avvolge il teatro lirico d’oggigiorno. L’ elemento bucolico pervade la messinscena, illuminata dal disegno luci di Roberto Gritti, e si ripercuote anche sui costumi, alcuni dalle buffe fattezze, ideati con la supervisione di Veronica Pattuelli.
Gli unici personaggi assegnati dalla selezione operata dal concorso sono Il Conte Rodolfo e Lisa. Il primo è Andreas Gies che, oltre ad una significativa presenza scenica, ha gradevole vocalità baritonale, corretta e promettente, ma udibilmente inadatta ad un ruolo pensato per un basso cantante, con alcuni elementi anticipatori dei grandi padri verdiani. La seconda è la giovane Daniela Cappiello possiede timbro leggero e brillante, tuttavia la preparazione è perfettibile per affrontare certi ruoli che necessitano maggiore omogeneità.
Anche la protagonista è legata in qualche modo al concorso: Rosanna Savoia ha vinto infatti la competizione nel 1996 per il ruolo di Carolina nel Matrimonio segreto di Cimarosa. Duole perciò trovarla in condizioni non ottimali. Il soprano campano pecca d’intonazione, inoltre dimostra alcune difficoltà di respirazione che inficiano l’agilità. L’asprezza del registro acuto e sopracuto, spesso al limite della tensione, si ripercuote sull’intera esecuzione la quale, dopo fasi alterne, si risolleva nella malinconica aria finale “Ah! Non credea mirarti!”. Il messicano Jesús Leon è un Elvino poco espressivo per fraseggio e elasticità attoriale. Il tenore affronta il primo atto senza particolare intensità, e, anzi, con qualche limite, ma durante il secondo migliora in modo evidente, con buona prova nell’impegnativa aria e cabaletta "Tutto è sciolto … Ah! Perché non posso odiarti". Il timbro del cantante è significativo, peccato affianchi ad emissioni ben proiettate una faticosa ascesa all’acuto in falsetto.
Completano il cast Chiara Brunello, Teresa dalla stanca vocalità, Paolo Bergo, sommario Alessio, e Marco Gaspari, Un notaro. Le imprecisioni dell’Orchestra Regionale Filarmonia Veneta, frequente interprete d’opera, sono sovente vistose. La guida di Francesco Ommassini non rivela una lettura personale approfondita: il direttore adotta tempi spediti e dinamiche molto presenti, escludendo quasi completamente la poesia e la levità della musica belliniana. Il Coro lirico Amadeus, preparato da Giuliano Fracasso, interviene con correttezza discontinua.
Duole notare la bassa presenza di pubblico che applaude svogliatamente lo spettacolo.