di Roberta Pedrotti
Davide Bartolucci
Männerarten
La prassi esecutiva del Ring nella Neu-Bayreuth (1951-1975)
317 pagine (194 più Appendice e Bibliografia)
versione ebook in pdf (4,7 MB)
Piccoli Giganti Edizioni, Milano, 2014
ISBN 9788890586743
La storia del Festival di Bayreuth è senza dubbio una storia affascinante, tante volte scandagliata per quanto concerne soprattutto le vicende della famiglia Wagner. Un romanzo storico decadente, degno di Thomas Mann, che prosegue, fra controversie politiche, artistiche, economiche e personali, fino ai giorni nostri.
C'è, però, all'ombra ingombrante delle personalità della tirannica Cosima, dello sfortunato Siegfried, dell'ardente nazista Winifred o del riformatore Wieland, la vera sostanza del Festival, che è l'opera di Wagner e la sua interpretazione. Ben venga, dunque, uno studio che si concentri sulla storia della prassi esecutiva wagneriana a Bayreuth, argomento senz'altro estremamente vasto, se non labirintico, nel quale Davide Bartolucci non si perde, ma si orienta circoscrivendo con cura l'oggetto e il metodo d'analisi.
Dopo una ricognizione introduttiva sulla storia artistica del Festival dalla fondazione alla Seconda Guerra Mondiale, utile a stabilire i termini di confronto, passa infatti ad analizzare attraverso alcune produzioni chiave la lettura del Ring nella Neu-Bayreuth, sotto la gestione di Wieland e Wolfgang, fermandosi alla vigilia dell'epocale allestimento di Chéreau e Boulez.
La base è scientifica e prende le mosse dai tempi di ciascun concertatore misurati metronomo alla mano, ora ricavati delle testimonianze discografiche, ora dai documenti d'epoca, che ci hanno restituito in buona parte agogiche, durate e indicazioni perfino delle prove con l'Autore stesso. L'oggettività dei dati non scade, comunque, in un approccio positivistico che limiti l'arte direttoriale alla scansione del tempo: Bartolucci non può che partire, per avvalorare la sua analisi, da dati e misure, ma le affianca con analisi, anche schiettamente personali, che sanno dar senso ai numeri e notare come un tempo lento o veloce non sia deterministicamente legato a un effetto, bensì uno degli elementi di un'interpretazione.
Le tabelle di cui è ricco il testo risultano, perciò, una risorsa preziosa per il devoto wagneriano, soprattutto perché contestualizzate e argomentate. Parimenti gradito è, in appendice, il saggio di Wieland Wagner sulla figura di Loge e presentato sia in lingua originale, sia in traduzione.
Tutto mira alla ricostruzione dinamica, minuziosa ma anche sintetica, del percorso della Tetralogia nell'arco di un secolo di rappresentazioni a Bayreuth e con essa a una considerazione più generale su un'arte – quella del teatro in musica – che ha come sua ragion d'essere una continua evoluzione interpretativa e stilistica, seppure talora tacciata, com'è inevitabile per ogni cambiamento, di decadenza. Proprio al concetto di progressiva decadenza della Neu-Bayreuth rispetto alle voci titaniche del periodo fra le due guerre ci si oppone, a ragione, e con esso a ogni passatismo preconcetto.
I problemi attuali del Festival non rientrano, ovviamente, nell'arco dell'analisi, che, come abbiamo detto, si ferma agli anni '70. Sarebbe, peraltro, un tipo di crisi e di decadenza ben diversa da quella imputata e confutata alla Neue-Bayreuth: potremmo tranquillamente inserire nel percorso di evoluzione delineato i migliori wagneriani di oggi, mentre le falle degli ultimi anni sono individuabili in scelte e strade di segno affatto differente, sia per gli artisti coinvolti sia per le linee gestionali.
Forse avrebbero potuto essere più approfonditi gli aspetti dell'acustica peculiare del Festpielhaus, che, come accennato nei documenti relativi alla formazione di Karl Böhm, è straordinariamente favorevole alle voci, anche a quelle che la vulgata non riterrebbe autenticamente wagneriane, e fornisce importanti indicazioni sulle volontà dell'Autore in termini di canto. Allo stesso modo, se le pagine riservate ai cantanti sono ben dosate nell'equilibrio complessivo del discorso, essendo Bartolucci stesso un baritono, lasciano comunque la curiosità di un ulteriore approfondimento specifico, forse da riservare a un prossimo scritto.
Una notazione non secondaria, per un saggio di taglio scientifico che nasce come tesi di laurea, è però quella relativa alla cura stilistica ed editoriale del testo, in merito alla quale l'ambizione stessa del progetto imporrebbe un rigore maggiore. Per questo balzano particolarmente all'occhio refusi come “orrecchio”, “eccheggiò”, “ampliamente”, “avvolte” in luogo di “a volte”, "Gwineth" e non Gwyneth Jones, "John" e non Jon Vickers. Bruttino invero il calco dall'inglese “in progresso”, al quale sarebbe stato preferibile o l'originale locuzione “in progress” o un'equivalente italiana come “in evoluzione”. Manca anche, per esempio, una precisa coerenza nella grafia di Leitmotiv, ora concordato nella forma plurale tedesca, ora trattato come termine straniero invariabile, ora sfuggito con l'iniziale minuscola; similmente la parola "crescendo" è talora invariabile, talora declinata in "crescendi". Sviste e approssimazioni che si sarebbero potute evitate in sede di revisione di bozze, che spiacciono e svalutano un lavoro nei contenuti così approfondito e documentato.
In vista di un'auspicabile risistemazione formale che renda giustizia al lavoro svolto, suggeriremmo un'ulteriore miglioria nella distribuzione digitale anche in formato epub (o simili), ben più agevole e versatile del pdf.