di Sergio Mora
Anton Bruckner. Lettere 1852–1896. Scelte, tradotte e commentate
a cura di Alberto Fassone
XXXI-377
Lim- Libreria Musicale Italiana, Lucca, 2024
ISBN 9788855433495
G. Giannuzzi
Invito all’ascolto di Anton Bruckner
200 pagine
Mursia, Milano
ISBN 8842564419
L’immagine biografica e musicologica di Anton Bruckner, nell’anno bicentenario, appare rinnovata e ridimensionata nel suo lato umano per quanto riguarda i suoi stessi stili di vita, ritenuti un tempo inesplicabili e sicuramente bizzarri.
Alcuni studi, di recente pubblicazione, indagano, attraverso nuove fonti e ritrovamenti documentali, l’immagine apparentemente anacronistica del musicista austriaco.
La sua musica occupa uno spazio creativo molto personale per la concezione compositiva assolutamente aliena da influenze pregresse: la dissonanza che conclude l’adagio della Nona sinfonia ne è una dimostrazione lampante.
Una maggiore attenzione si dovrebbe porre anche al Bruckner didatta, insegnante all’Università di Vienna.
La sua insolita ed efficace metodologia di insegnamento aveva riscosso un particolare plauso nei giovani allievi, molti dei quali hanno sviluppato un indubbio talento capace di esprimere il secolo a venire, ossia il Novecento.
Un passo in avanti nello studio di Bruckner è senza dubbio la pubblicazione, curata da Alberto Fassone, delle lettere del compositore austriaco, edite dalla Lim di Lucca.
Questa provvida selezione epistolare ci offre stimoli di riflessione all’interno della vita e della psiche del grande musicista, molto più vicino a noi di quanto possa sembrare.
Il Bruckner novecentesco, pioniere di un secolo che non vedrà, è espresso nella sua vivace inquietudine, nelle nevrosi devastanti e nella ricerca di un suo personale modello di vita.
Pochi sanno che Bruckner era una provetto ballerino, grande estimatore dei valzer viennesi, anche se, come Brahms, non ne scriverà mai neanche uno. Nelle sue sinfonie affiorano i moti danzanti del più antico “laendler”, antenato del valzer, che sicuramente, nella sua infanzia deve aver ballato nelle campagne native.
Bruckner era anche un notevole nuotatore, soprattutto per motivi terapeutici, quando la sua psiche era minata da incubi remoti, rimossi da uno stile di vita aperto alla multiforme società viennese di fine secolo.
Grande lettore di riviste e quotidiani, Bruckner si interessava agli avvenimenti catastrofici dell’epoca, ai delitti e alle morti improvvise. Il suo misterioso rapporto con la morte è costellato da questi “excursus” giornalistici, quasi volesse tenersi al corrente delle manifestazioni più estreme e cruente del secolo.
Bruckner è stato anche uno dei primi inquieti “globetrotter” del momento, anche se in un area geografica ancora limitata. Il turismo inizia a muovere i primi passi nell’Ottocento come attività riservata alla classe borghese. Il nostro musicista si è cimentato in questo campo con letture di riviste specializzate e soggiorni estivi soprattutto in Svizzera e nelle località montane.
La lettura dell’epistolario ci mostra un uomo decisamente propenso ad affermarsi in campo intellettuale nell’Austria degli ultimi anni dell’Impero. Il suo lessico cerimonioso ed ossequioso rappresenta una strada di comunicazione diretta con la struttura burocratica di quel mondo sul baratro di una tragedia.
Quello che emerge non è tanto una presunta ingenuità caratteriale ma la capacità di parlare la lingua richiesta da una società gerarchica, bisognosa di una fiducia basata sull’ossequio e la larvata ipocrisia.
Anche il rapporto di Bruckner con le donne appare dominato da gabbie mentali ereditate da una cultura retriva.
Oltre a questa raccolta di lettere di Bruckner, segnaliamo anche uno studio di agile lettura di Guido Giannuzzi, edito da Mursia, dove la biografia del compositore austriaco viene ripercorsa alla luce di una più aperta indagine critica e biografica.
La lettura di questi testi potranno stimolarci ad una visione meno scontata e ingessata del grande musicista, demolendo tanti stereotipi. Oggi Bruckner è un musicista più vicino a noi, in grado di parlare ai lati oscuri di questo millennio.
Sergio Mora