di Giuseppe Guggino
Federico Maria Sardelli
L’affare Vivaldi
294 pagine
Sellerio editore, Palermo, 2015
ISBN: 88-389-3287-5
Correva l’anno 1979 e, presso la casa editrice di Elvira Giorgianni e del marito Enzo Sellerio, quello straordinario intellettuale (prima ancora che scrittore) che era Leonardo Sciascia avviava la collana “La memoria”, selezionando dal passato o dal presente pillole letterarie che con la preservazione della memoria o con il ripristino (anche postumo, tardivo, risarcitorio) della verità storica avessero una qualche attinenza.
È in questa collana – oggi gloriosamente avviata al numero 1000, in trentasei anni trascorsi fra le perle scritte o scelte da Sciascia e qualche giallo di mano abile, talvolta un po’ commerciale – che trova collocazione editoriale “L’affare Vivaldi” di Federico Maria Sardelli; e non potrebbe ipotizzarsi collocazione più appropriata, per tanti motivi. Il primo e non unico sta nel fatto che si tratta di un romanzo scritto à la Sciascia, ossia una scorreria attraverso i secoli, a caccia di quella mistificazione consolidata, sulla quali si sono depositati strati pesantissimi di polvere, ma che è necessario emendare anche a distanza di tempo, “a futura memoria”; così il racconto si snoda inglobando parti di documenti autentici collazionati con l’acribia pazienza del filologo messa al servizio del narratore, ed in questo particolarissimo genere letterario era dai tempi di Sciascia che non ci si imbatteva in lavoro tanto felicemente riuscito!
Eviteremo di raccontare l’argomento, se non altro per non rovinare la lettura a chi volesse compierla (e ci si augura che saranno in tanti); si dice soltanto che il Prete Rosso è l’assente del romanzo. Efficace è la trovata di muoversi nell’asse dei tempi a corrente alternata, da consumato prosatore è il modo nel quale si profila la grande impostura consumata all’Accademia Chigiana di Siena, nella cornice di una dittatura favolizzata (altro topos tipicamente sciasciano) attraverso la ridicolizzazione (l’irresistibile macchietta che si fa di Ezra Pound è un piccolo capolavoro narrativo).
Di fronte allo spettro della shoah che si percepisce alla fine della storia il tono – a parte l’ultima toccante pagina – è sempre umoristico, ricordando quello che Sciascia ebbe a scrivere sulla grande contraddizione del Candide di Voltaire, ossia «che un libro scritto a fondare il pessimismo e a irridere l’ottimismo scorre effettualmente a infondere l’ottimismo».
A Sciascia sarebbe mancata la competenza musicale per scrivere questo “affaire”, che invece abbonda in Sardelli, grande musicista-filologo e grandissimo vivaldiano, ma sarebbe stato con ogni certezza più che onorato di averlo accolto nella sua “La memoria”. Buona lettura.