di Roberta Pedrotti
P. Bonaguri
Un chitarrista per i compositori
Osservazioni e suggerimenti sullo scrivere per chitarra
96 pagine
ISBN 978-88-8109-490-5
Editore Ut Orpheus
Come indica il sottotitolo, non si tratta di un manuale in senso stretto, più una raccolta di appunti e riflessioni, più o meno tecnici, sul rapporto fra autore e interprete.
Piero Bonaguri, chitarrista e docente impegnato nel coinvolgimento dei compositori per l'ampliamento del repertorio contemporaneo per il suo strumento, si rivolge ovviamente agli addetti ai lavori, a chi la musica la scrive e a chi la suona, sia per professione sia per curiosità amatoriale.
Sono molte le pagine di esempi – che è possibile ascoltare nell'esecuzione dello stesso Bonaguri scaricabile dal sito dell'editore a questo link – che conferiscono un'immediatezza pragmatica, una concretezza e anche una particolare vitalità a questo excursus sull'esperienza di un chitarrista a confronto con compositori spesso digiuni dello strumento, o con la lettura filologica dei classici del repertorio.
Sbaglierebbe, tuttavia, chi considerasse quest'agile centinaio di paginette come un testo destinato a una piccola nicchia specializzata. Si entra nel dettaglio della tecnica strumentale e della scrittura, è vero; gli appunti, le riflessioni, gli esempi, afferiscono tutti – o quasi – al mondo della chitarra, è vero; tuttavia possono benissimo essere letti in prospettiva più ampia e offrire spazio a paralleli e approfondimenti in un orizzonte musicale meno circoscritto.
Ad esempio, leggendo dell'evoluzione dell'estetica del suono che nelle incisioni di Segovia appare più libero nell'uso espressivo di disuguaglianze timbriche rispetto alla ricerca di un “bel suono” omogeneo e rotondo in tutta la gamma in tempi più recenti, è impossibile non pensare alla tecnica vocale belcantista descritta dal Garcia, al dominio e all'utilizzo di diversi colori e registri, rispetto all'estetica predominante con l'inizio del XX secolo e favorevole a una maggiore continuità timbrica.
Ancora, le problematiche tipiche del confronto fra compositore vivente ed esecutore, così come quelle testimoniate nella trascrizione, nella prassi esecutiva, nella rilettura del repertorio, ci ricordano concretamente tutta la componente più complessa e vitale dello studio filologico in ogni arte che implichi l'intermediazione di un interprete esecutore. Così ci rammenta, con l'esperienza quotidiana di un musicista di oggi, come leggendo le partiture di ieri in edizione critica non si debba pensare a una sterile e inviolabile tavola della legge, ma all'esplorazione e alla presa di coscienza in un materiale mobile, che deve essere compreso, di cui devono essere ricostruiti scrupolosamente stile e linguaggio, ma per renderne il senso ai nostri contemporanei iuxta propria principia, con il giusto spazio di ri-creazione, non con supina accettazione e ripetizione di un dato assodato.
Vediamo in diretta nel presente l'esperienza viva della creazione e dell'interpretazione che la filologia ricostruisce e restituisce dal passato, con tutti gli utilissimi paralleli che ne conseguono. In più il lavoro di Bonaguri si concentra sull'idiomaticità della scrittura per uno strumento – sia esso chitarra o voce, solo o assieme – e, dunque, ridimensiona l'ideale ingenuo di una musica assoluta, che anche quando – come nel caso di certe partiture bachiane – può anche essere concepita in quanto tale, tuttavia deve poi venire a patti con le peculiarità del tramite che la porterà al pubblico.
Inevitabile, fra questi incontri con compositori contemporanei, che le osservazioni di Bonaguri tocchino anche questioni estetiche e dall'eseguibilità della nuova musica passi ad affrontare, a latere, anche i problemi dell'ascoltabilità e della comunicazione. Ovvio che, date anche le rare occasioni d'ascolto e dunque la poca confidenza, al pubblico sia richiesto un piccolo sforzo, ma troppo spesso, non possiamo amaramente negarlo, la mancanza di idee si cela dietro astruse e pretestuose congetture teoriche. Tema spinoso, la cui trattazione specifica richiederebbe ben altri spazi senza, peraltro, ambire con certezza a soluzioni esaustive. Non è, d'altra parte, questo il suo obbiettivo e anche l'estetica si cncretizza nella pratica, per esempio nel progetto RossiniMania del suo allievo Eugenio Della Chiara (leggi la recensione del CD), che ha stimolato la creazione di pagine spesso di rilevante qualità e profondità, senza inutili sovrastrutture.
La pratica, anche in questo caso, dà sostanza alla teoria, può valere più di mille trattati. E racconta come anche Osservazioni e Suggerimenti concreti, basati sull'esperienza diretta con uno strumento dalle caratteristiche così peculiari, possano dire molto su tutta la musica e sui possibili modi d'intenderla, scriverla, interpretarla.