di Giuseppe Guggino
Giuseppe Sigismondo
A cura di Claudio Bacciagaluppi, Giulia Giovani e Raffaele Mellace e con un saggio di Rosa Cafiero
Apoteosi della musica nel Regno di Napoli
334 pagine
Società Editrice di Musicologia SEdM, Roma, 2016
ISBN: 978-8894150438
A ben centonovanta anni dalla scomparsa dell’autore, grazie alla Società Editrice di Musicologia, nonché al lavoro di Claudio Bacciagaluppi, Giulia Giovani e Raffaele Mellace, giunge alle stampe questa Apoteosi della musica, testimonianza di prima mano della vita culturale della Napoli a cavallo tra ‘700 e ‘800, sede di quel fermento musicale – operistico, ma non solo – passato alla storia sotto il nome di “scuola napoletana”, compilata da quel giurista, storico nonché musicista dilettante che fu Giuseppe Sigismondo. Dilettante sì, ma non troppo, giacché, formato con un allievo del Durante e perfezionatosi nel canto sotto Nicola Porpora, – tra le frequentazioni salottiere e le partecipazioni alle serate della compagnia comica di Carlo Carafa di Maddaloni – musicò testi di vario genere e avviò al canto promettenti giovani donzelle delle notabili famiglie dell’epoca.
Ed è proprio alla frequentazione di casa Ricciardi, sia per i salotti esoterici che vi si tenevano o forse per via di alcune lezioni di canto verosimilmente impartite a Irene ed Elisabetta, figlie di quel Francesco, ministro murattiano della Repubblica, – poi allontanato da Napoli dalla restaurazione borbonica fino a due anni dopo la morte di Sigismondo – che dovette balenare l’idea di un’opera critica destinata alla pubblicazione; progetto sostanzialmente compiuto, come dimostra la pubblicazione postuma odierna, anche se naufragato nel passaggio alla stampa, forse anche perché superata dalla progressiva e parallela comparsa di altri lavori del medesimo taglio e dalle proporzioni meno compatte (su tutti, l’opera del Marchese di Villarosa e l’articolata iniziativa editoriale di Nicola Gervasi).
Sta di fatto che la collezione di manoscritti musicali assemblata da Giuseppe Sigismondo nonché la sua conoscenza dell’ambiente culturale partenopeo erano divenuti via via cogli anni un ingente patrimonio da affidare comunque alla posteriorità; cosicché, un po’ per vanità autobiografica, un po’ per reale intento di tramando storico, l’opera saggistica, nonostante l’allontanamento del mecenatismo editoriale per i rivolgimenti politici, ebbe comunque il suo processo di estensione, ancorché fisiologicamente non regolare. È l’arguto saggio di Rosa Cafiero, tramite riferimenti nel lavoro di Sigismondo alla prima esecuzione dell’Apoteosi d’Ercole di Mercadante, a datarne la gestazione al 1820; ed è il medesimo saggio a ricomporre, con il supporto anche della corrispondenza epistolare in appendice, le traverse vicende per le quali, perso il manoscritto originale, la ricostruzione è oggi resa possibile grazie ad una copia manoscritta di una versione “in progress”, ma già sostanzialmente compiuta, oggi conservata alla Staatsbibliothek di Berlino, grazie al concorso tra il Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica e il contributo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
L’opera in quattro tomi impiega i primi due per una narrazione, forse non ineccepibile per rigore scientifico e per il singolare intreccio tra le vicende autobiografiche di Sigismondo, della storia delle istituzioni musicali partenopee; gli ultimi due, invece, sono integralmente costituiti dalle “vite” dei maggiori compositori della scuola, ordinati rigorosamente secondo l’anno di nascita. Biografie forse talvolta agiografiche nei dettagli, talvolta non esenti da eccessive iperboli, ma dallo stile vivido e ispirate da quella passione per il fatto musicale, propria del dilettante competente.
Il rigore del lavoro scientifico di ricupero è capillare e financo capace di ricreare – complice il progetto grafico di Venticaratteruzzi – l’esatta riproduzione della foliazione del manoscritto senza introdurre troppe diversioni alla lettura. La pubblicazione si presta quindi agevolmente al doppio piano di lettura, ossia quale strumento di conoscenza – indispensabile per gli studiosi del periodo musicale – e quale godibile romanzo storico. Una lente d’ingrandimento di pregevole antiquariato sull’oro di Napoli che lascia sperare in una ripresa dell’interesse moderno sul filone che, ci si augura, possa portare ad un’edizione aggiornata e annotata dei lavori di Francesco Florimo.