di Roberta Pedrotti
N. Pirrone
Vladimir Delman ...con il cuore in gola
253 pagine
Edizioni Pendragon, 2017
ISBN 978 88 6598 813 8
Vulcanico, ipocondriaco sui generis, burbero e affettuoso, sincero, audace, instancabile, misterioso. Vladimir Delman fu questo e molto altro; musicista sovietico trasferitosi in Italia, dove prese poi anche la cittadinanza, mantenne sempre il più assoluto riserbo sugli anni nella madrepatria, che continuò sempre ad amare con orgoglio. Fu protagonista di scandali, si conquistò una fama di direttore inaffidabile per alcune scelte clamorose, divise la critica con la sua particolarissima personalità, si fece amare incondizionatamente da tanti musicisti per la sua dedizione instancabile, per il suo affetto verso i giovani, per la sua coerenza estrema e la sua comunicativa singolare.
Il Comunale di Bologna, l'Orchestra Rai, la Filarmonica Toscanini soprattutto sono stati influenzati nella loro storia dalla presenza di Delman, ma soprattutto fu del maestro sovietico (e la scelta del termine non è casuale, non solo perché nacque nel 1923, ma anche perché non rinnegò mai le sue origini e s'infuriava quando lo dicevano nato a “San Pietroburgo” e non a “Leningrado”) l'iniziativa della creazione dell'Orchestra Giuseppe Verdi di Milano, tuttora una delle principali realtà sinfoniche italiane.
Nicola Pirrone ricostruisce la vicenda di Vladimir Delman da esperto giornalista qual è e da appassionato musicofilo che nutre da sempre un'ammirazione particolare per il maestro. Lo fa, dunque, con una ricchissima raccolta di recensioni, cronache, testimonianze, interviste. Lascia parlare soprattutto i fatti e le fonti, offrendoci così un gustoso e interessante spaccato di vita musicale fra URSS e Italia, uno squarcio di storia non solo artistica, un percorso biografico che racconta, sì, la vita e la personalità di Delman, ma anche molto del nostro Paese nel secolo passato.
Della vita russa del maestro si affronta con cura e confrontando i non copiosi materiali a disposizione la questione del rapporto con Sostakovic, della nascita del Teatro da Camera di Mosca e della storica produzione del Nos nel 1974 dopo il tormentato debutto del 1929/30: come sappiamo la ripresa che determinò la vera nascita dell'opera nel repertorio internazionale fu diretta da Gennady Rozhdestvensky, il quale tuttavia sarebbe subentrato solo in un secondo momento, dopo non perfettamente chiariti problemi con Delman, cui va riconosciuta almeno buona parte della preparazione musicale.
Ci si sposta quindi in Italia, e ripercorrendo la carriera di Delman si incontrano casi emblematici come la scandalosa Italiana in Algeri a Torino con la regia di Gregoretti ambientata nel mondo contemporaneo dei petroldollari e con l'idea controversa del maestro di inserire, anche intonata dallo stesso concertatore, qua e là nella partitura una ripresa di “Le femmine d'Italia”. Oppure il non meno discusso Mefistofele con la regia di Ken Russell a Genova, che Delman avrebbe dovuto dirigere e cui rinunciò improvvisamente non senza polemiche. Pagine di storia che ricordano agli smemorati che il dibattito sul teatro di regia non è certo nato oggi, ma che intorno alla rappresentazione dell'opera lirica si è sperimentato e si è discusso fin da quando l'opera lirica è nata.
Vengono, poi, anche pagine meno vivaci e più malinconiche, quando si ripercorre la tragica cavalcata delle gloriose orchestre Rai verso la chiusura e l'accorpamento nell'unico, per quanto eccellente, complesso torinese. E, nel parlare di musica, si ricordano anche fatti di cronaca, politica nazionale e internazionale, episodi della storia italiana che si sono in qualche modo intrecciati con la storia e gli aneddoti della storia delle nostre istituzioni musicali, dell'interpretazione e della critica.
La scelta di lasciar parlare soprattutto i diretti interessati è la carta vincente di questo tributo a Vladimir Delman, in cui lo stile giornalistico del racconto lascia trasparire giustamente una sincera e profonda stima artistica e umana. Giusto un appunto: qualche refuso può sempre, umanamente, sfuggire, ma talora il collega Pirrone oscilla anche nel giro di poche righe fra la corretta concordanza maschile e quella errata femminile per i registri vocali femminili. Il soprano e il contralto convivono con la soprano e la contralto, quando ovviamente solo le prime due forme hanno diritti di cittadinanza in un testo italiano: un consiglio amichevole per il futuro.