di Roberta Pedrotti
Leone Magiera
Karajan
Ritratto inedito di un mito della musica
265 pagine
La nave di Teseo + editore, Milano, 2020
ISBN 9788893950602
Non aspettatevi una classica biografia. Il sottotitolo parla chiaro: si tratta di un ritratto, di un preciso punto di vista soggettivo. Ancor più chiari sono l'introduzione e il congedo dell'autore, che ribadisce il carattere del racconto articolato fra i ricordi personali, di rievocazione di personaggi e atmosfere, di un mito visto da vicino, nell'esperienza diretta. L'autore ci avverte subito: qualche dettaglio cronologico potrebbe non quadrare perfettamente, perché tutto quel che si racconta è vero, è vita vissuta, ma torna nella penna sul filo - lucidissimo - della memoria, nel gusto libero della narrazione.
E così, in questa prospettiva, anche noi lettori ci immergiamo di gusto in questo mondo che ruota intorno al mito di Herbert von Karajan nello sguardo ravvicinato di una voce narrante che è anche coprotagonista d'eccezione, sapido Virgilio complice non soverchiante: Leone Magiera. Il suo è il punto di vista del marito di una delle primedonne favorite dal maestro austriaco, Mirella Freni; del pianista preparatore e maestro di canto della moglie e di tanti altri giganti, primo fra tutti Luciano Pavarotti; del direttore d'orchestra, del concertista e dell'accompagnatore, del maestro di sala, del docente dei corsi di perfezionamento ideati a Salisburgo dallo stesso Karajan; del musicista entrato in (rispettosa) confidenza con la mitica bacchetta; del segretario artistico della Scala. Il rapporto decennale e strettissimo fra Magiera e Karajan abbraccia un po' tutti gli aspetti della vita, è un legame umano e professionale che si sviluppa anche a distanza. Ed ecco, allora, che tutte le apparenti divagazioni assumono sempre un senso ben preciso, mentre delineano il mondo in cui Karajan e il nostro Virgilio si muovono.
Così, il dettagliato racconto della travagliata Anna Bolena scaligera con Montserrat Caballé è brillante, affronta con leggerezza anche momenti imbarazzanti, ci fa percepire direttamente la quotidianità del mito, l'immensità dei divi sublimi che convive con la bassa materia (la delegazione dei dirigenti del teatro in visita-ispezione alla camera d'albergo della Señora indisposta). A un certo punto, però ci si chiede: "e Karajan cosa c'entra?" C'entra, c'entra, perché con un bel coup de théâtre sarà lui a salvare la situazione con una provvidenziale telefonata a Magiera che segnala la giovanissima vincitrice del Concorso Callas, Cecilia Gasdia, pronta per un'audizione!
Altrove l'aneddoto è sollecitato dallo stesso Karajan, appassionato di pettegolezzi, e non solo, dunque, ci fa entrare in contatto con l'uomo, ci introduce nelle sue conversazioni private, ci coinvolge nel piccolo mondo in cui i fatti viaggiano di bocca in bocca fra protagonisti e testimoni che si chiamano Pavarotti, Cappuccilli, Kleiber, Siciliani, ma ci rende anche partecipi dei commenti e delle impressioni del Maestro. Un'altra traversìa scaligera, l'Ernani diretto da Muti, è per esempio l'occasione, dietro i colori vivaci delle prove e del burrascoso debutto, per raccontare alcune considerazioni personali di Karajan sulla filologia, sulla tradizione, sul giovane collega italiano non sempre condiviso nelle scelte ma sinceramente ammirato come artista.
La ricchezza degli aneddoti, delle notazioni personali e personalissime, dei dettagli autobiografici, dei pettegolezzi riportati, ricevuti e intercettati rende sicuramente le pagine agili e speziate, ci restituisce il contesto, l'atmosfera, ma non è mai pura decorazione, cornice,condimento fine a se stesso. Trova sempre un legame con il ritratto, dà colore e spessore ai personaggi - primo fra tutti Karajan, dio della musica e re del gossip - e si avviluppa con ganci arguti a considerazioni storiche e musicali sempre interessanti. E non importa nemmeno condividerle, tutte queste considerazioni, perché sono lì vive nella bocca di chi le ha pronunciate, negli scambi diretti e fitti fra Karajan e Magiera e dunque per questo interessano, documento prezioso che passa dal privato più intimo al pubblico.
È un libro che di musica dice molto, senz'altro, soffermandosi più volte ad analizzare questo o quell'aspetto dell'arte di Karajan (e non solo di Karajan), questa o quella serata, questo o quell'aspetto tecnico dell'esecuzione (c'è anche un'agile appendice sulla tecnica direttoriale), ma sempre con stile agile e scorrevole. Si legge tutto d'un fiato e, soprattutto, fa apparire vivi e vicini tutti i personaggi, anche le figurette di contorno che fanno la loro comparsa quasi come tipi della commedia dell'arte, dal nerboruto caposala alla graziosa centralinista.
E, quando Magiera sta provando un concerto con Pavarotti e li interrompe un telegramma "Il Maestro è deceduto tre ore fa" ci sembra di essere lì con loro, si è parte della loro attonita commozione. Nondimeno, uno strano senso di tenerezza e malinconia coglie nel leggere la prefazione firmata da Mirella Freni, nel leggere ancora di lei - il libro è uscito pochi giorni prima della sua scomparsa - al presente, nell'aprirsi del primo capitolo con il primo appuntamento fra due ragazzini modenesi che, nel loro rapporto d'amore e musica, presto incontreranno insieme Herbert von Karajan. "Quando avevo quattordici anni, se qualcuno mi avesse detto che avrei incontrato Herbert von Karajan grazie al mio nascente flirt con quella ragazzina [...] mi sarei fatto un bel po' di risate". Così comincia il racconto, un viaggio nei ricordi, in un mondo nel quale siamo grati a Leone Magiera di aver avuto modo di sbirciare senza sentirci troppo degli intrusi.