di Andrea R. G. Pedrotti
Ennesima felice edizione della Deutsche Grammophon, che con Iolanta propone al grande pubblico un titolo meraviglioso, che merita di essere diffuso e conosciuto sempre più fra i contemporanei. L'opera russa - e dell'est Europa in genere- molto spesso rimanda all'atmosfera della fiaba, fra belle addormentate, sirenette, o, come in questo caso, tristi principesse. Iolanta non fa sicuramente eccezione in questo.
Opera brevissima quella Čajkovskij, tratta da una fiaba svedese di Henrik Hertz (Kong Renés Datter), è l'ultima composizione operistica del maestro russo e, per certi versi, appare più come una cantata scenica che non come un esempio di melodramma. La musica è splendida ed è un bene che le case discografiche eternino edizioni come quella di Baden-Baden. Un bene perché il servizio reso alla diffusione dell'opera russa, che per molti versi si avvicina al grande repertorio italiano, pur mantenendo delle caratteristiche precipue di originalità, specialmente nelle sonorità di soli e orchestra.
Esiste un detto popolare che indica gli occhi come lo specchio dell'anima, tuttavia se la vista viene offuscata da una patologia è l'anima stessa a sostitursi all'apparato oculare, facendo apparire il mondo attraverso lo sguardo dell'immaginario. Potremmo riassumere in queste tre semplici righe la vicenda di Iolanta.
Iolanta è sventurata senza saperlo; cieca dalla nascita viene protetta dai familiari che le rivelano l'esistenza di soli quattro sensi, nascondendole la meraviglia della molteplicità cromatica del suo giardino e di tutto il suo regno. L'universo è costituito di suoni, odori e immagini tattili per lei. La giovane principessa non è triste sconsolata o combattuta, perché completamente inconsciente dei colori di ciò che la circondano.
Oggetto del contendere, fulcro della fiaba e causa di tutte le vicende che si susseguono è sempre lei, la principessa Iolanta.
Lo scorso anno la Deutsche Grammophon pubblicò Giovanna d'Arco di Verdi, sempre con la Netrebko protagonista, da Salisburgo; se, in effetti, ci può piacere trovare comunanze fra i due soggetti (anche considerando che Čajkovskij dedicò un'opera pure alla Pulzella d'Orléans), potremmo tranquillamente affermare che il celebre soprano russo abbia prima interpretato una giovane dalla cui mente malata scaturivano visioni d'ogni tipo, ora un'altra fanciulla che con il pensiero si figura colori che esistono, ma che la sua cecità non le con consente di ammirare. La risoluzione dipende, come spesso accade nella vita di ognuno di noi, da una frase detta casualmente. Il tenore, con una gaffe che arriva solo al settimo dei nove numeri musicali di cui è composta l'opera, muta l'esistenza del regno e la vita dell'amata. Si sa che i tenori non eccellono notoriamente per arguzia (parliamo dei personaggi, non degli interpreti ovviamente), ma l'errore del conte Vaudémont che commenta a Iolanta la tinta dei fiori del giardino è l'autentico punto di svolta nel pietoso inganno. Inizialmente lei non può capire, ma l'insistenza del tenore - che non coglie quanto la sua fosse stata una affermazione estremamente infelice e azzardata - fa comprendere alla principessa l'amara realtà, scatenando le ire di tutta la famiglia reale. Tuttavia il tenore è salvato dal provvido, nonché esotico e misterioso, intervento del medico saraceno, autentico deus ex machina della vicenda, il quale pone rimedio alla prigionia sensoriale di Iolanta. Al termine, come comandano le fiabe, tutti vissero felici e contenti.
Una fiaba, appunto, inverosimile e passionale, con tanto di reame, magia e sentimento.
Il fatto che l'ambientazione non abbia attinenza con la realtà non deve figurare quest'opera come un soggetto leggero e di facile lettura, anzi, non è affatto semplice rendere appieno tutte le sfumature di tormento, dramma e illusione, nonché gli elementi simbolici, che la pervadono.
Nel novembre 2012, in forma di concerto, al Festspielhaus di Baden-Baden si è riusciti a portare più che felicemente a compimento l'esecuzione.
Fulcro e protagonista è Anna Netrebko: nonostante gli anni trascorsi la sua interpretazione non perde quel fascino disincantato e fanciullesco proprio della sventurata principessa. Non è più la Ludmilla dei primi anni Novanta, la sua vocalità si è notevolmente ampliata ed evoluta; tuttavia l'estrema morbidezza e facilità di emissione caratterizzano ogni momento della sua prova. L'ottima proprietà di legato e la grandissima capacità di fraseggio sono le sue armi migliori. Il suo modo di porgere la frase, anche a un non parlante la lingua russa, è talmente chiaro ed emotivamente partecipato da consentire a chiunque di comprendere alla perfezione il sentimento che ella intende trasmettere. Nel duetto con il tenore traspare tutto il suo non comprendere ciò che il conte di Vaudémont le stava rivelando, sino ad affidarsi compleamente a lui, alla ricerca della verità. Verità tanto presente nei versi di Modest Il'ič Čajkovskij, fratello minore di Pëtr e librettista.
L'amato di Iolanta è interpretato da Segey Skorokhodov, che evidenzia una linea di canto in stile con la scrittura dell'opera, bella espressione e rimarchevole proprietà di fraseggio.
Bene anche il Robert di Alexey Markov e ottimo il Re René interpretato con maestosità e autorità da Vitalij Kowaljov.
Efficaci tutti gli altri interpreti: Luka Debevec Mayer (Bertrand), Lucas Meahem (il medico Ibn-Hakia), Junho You (Alméric), Monika Bohinec (Martha), Theresa Plut (Brigitta) e Nuška Rojko (Laura).
Eccellente la prestazione della Slovenian Philarmonic Orchestra, diretta con perizia da Emmanuel Villaume. Il suono è pastoso e conforme alla drammaturgia dell'opera. Nella registrazione si apprezzano appieno pienezza e colore orchestrali, le dinamiche sono appropriate e il fraseggio ottimale.
Veramente una bellissima incisione di cui raccomandiamo, senz'ombra di dubbio, l'acquisto.
Le note di accompagnamento - invero un po' scarne - sono a cura di Christian Wildhagen. Estremamente apprezzabile anche la veste grafica, che, nell'opacità dell'immagine offuscata in una nera copertina, mostra la giovane Iolanta nell'atto di risvegliarsi dal vegliante sogno dell'oscurità, mentre il titolo è riportato anche in caratteri Brail.