di Lorenzo Cannistrà
J. S. Bach
Il clavicembalo ben temperato (libro II)
Andrea Bacchetti pianoforte
2 CD Arthaus 2022 - 109452
Con l’etichetta Arthaus esce l’ultima fatica bachiana dello specialista di questo repertorio, il pianista genovese Andrea Bacchetti. Il cd è interamente dedicato al Secondo Libro del Clavicembalo ben temperato, ed ha tutte le qualità per diventare un riferimento discografico per gli appassionati del genio di Eisenach
Andrea Bacchetti è un nome che per la maggior parte dei cultori della musica d’arte non ha bisogno di presentazioni, essendo largamente conosciuta la sua lunga e feconda frequentazione del repertorio bachiano, che oggi ha dato l’ennesimo gradito frutto sotto forma di un cd dedicato al secondo libro del Clavicembalo ben temperato (o più correttamente bisognerebbe dire Ventiquattro nuovi preludi e fughe), edito dalla etichetta tedesca Arthaus.
La copertina del cd è a suo modo simpatica e significativa: un Bacchetti ripreso in esterni, seduto su gradini, con il nome di Bach dipinto accanto con artistico arzigogolo, apparente opera di un graffitaro. L’artista è ripreso nell’atto di leggere lo spartito con aria assorta, dimentico di tutto ciò che gli sta intorno: non a caso Bacchetti ha effettivamente dichiarato di pensare realmente giorno e notte a queste partiture (nello sforzo titanico di tenerle continuamente a mente) e di suonarle costantemente, anche due volte al giorno.
Non si tratterebbe peraltro di un eccesso di zelo, dato che l’incisione di questo libro secondo rappresenta un’impresa mentale e fisica a dir poco massacrante, paragonabile all’integrale degli studi di Chopin, o Liszt, o Rachmaninov (così il pianista genovese ha confessato in un’intervista). Insomma, un’opera “ad uso della gioventù studiosa e musicale” più che “a ricreazione di coloro che sono già versati nella musica”, tanto per parafrasare la nota epigrafe che campeggia sul frontespizio del libro primo.
La sala d’incisione ci restituisce un risultato veramente degno di nota. Anticipando le conclusioni, si può dire che il monumentale corpus di preludi e fughe del WTC II è stato affrontato dal pianista genovese con notevole personalità, chiarezza di intenti e coerenza. Il tratto distintivo del suo approccio è quello di una libertà, e a tratti vera e propria originalità, non però pretestuosa o affettata e soprattutto mai stravagante. Non si può neanche parlare di un furbesco “giusto mezzo”: é vero che l’equilibrio lo si ritrova pressochè ovunque, e tanto nelle scelte di tempo, quasi mai estreme, quanto nel dosaggio di legati e staccati all’interno delle frasi, frutto di una scelta che non snatura mai il senso musicale, e finanche nei rapporti di durata delle varie coppie di preludi e fughe. Ma ciò non ha impedito al pianista genovese di rifuggire uno sterile e anodino oggettivismo, effettuando, quando necessario, scelte coraggiose soprattutto in punto di agogica, specialmente nelle fughe. Scelte importanti che ripagano all’ascolto, mai noioso grazie alla spasmodica attenzione a fare dei temi bachiani dei veri e propri “caratteri” e ad evitare pericolosi processi di pura astrazione musicale.
Le sorprese iniziano già con la fuga dal BWV 870, dal tema frizzante e giocoso, effetto ottenuto attraverso una sapiente e misurata irregolarità ritmica. Stessa vivacità e rustichezza caratterizzano e rendono particolarmente godibile la fuga dal BWV 882, senza che peraltro possa dirsi inquinata dalla benchè minima stilla di volgarità.
Bellissimo e “modernamente” interpretato il preludio dal BWV 874, in forma sonata, asciutto e addirittura travolgente in alcuni frangenti, e con i ritornelli variati dall’aggiunta non solo di abbellimenti, ma anche di intelligenti varianti dinamiche.
Piacevolezza e chiarezza, pur in assenza di autocompiacimento, illuminano il successivo preludio BWV 875, mentre la fuga vive in un perenne chiaroscuro dal quale emergono talvolta, nitidi e martellanti, gli inesorabili gruppi di terzine.
Il preludio dall’arcinoto BWV 889, in la minore, è infuso da un leggera inquietudine che ne spezza, quasi inavvertitamente ma consapevolmente, la regolarità, con accelerazioni improvvise mai sconfinanti (miracolo di misura) nell’arbitrio. La fuga, brillante e scolpita, non fa affatto rimpiangere la leggendaria interpretazione di Friedrich Gulda.
Esempio massimo e definitivo della ricerca di un equilibrio non pretestuoso lo si ritrova infine nella stupenda fuga dal BWV 891, uno cimenti più difficili e pregni di sostanza musicale dell’intera raccolta. Bacchetti adotta un incedere né brillante, né statico, ma una concentrazione che si fa ardore ad ogni nuovo ingresso del tema. Un’esecuzione interessantissima per varietà e capacità di restituire quella che Casella definì, a proposito di questa fuga, “pura espressione di bellezza”.
Questi esempi random possono dare un’idea solo parziale degli esiti artistici di questa notevole incisione, che rimane tutta da scoprire, studiare e godere.
Un ultimo cenno va alle note interne del booklet, di Christopher Axworthy, che se da un lato soddisfano mille e una curiosità, dall’altro presentano un taglio eccessivamente musicologico, non in linea forse con le competenze (e aggiungo, la pazienza) dell’acquirente medio.