di Daniele Valersi
J. S. Bach, Die Kunst der Fuga - BWV 1080
Accademia Strumentale Italiana – Direttore Alberto Rasi
CD Challenge Classics CC72842-2020
Opus summum di Johann Sebastian Bach, elaborazione che si colloca al limite estremo della parabola della sua vita, Die Kunst der Fuga è, con le parole di Alberto Basso, “… prima di tutto il manifesto dell’ars subtilior, della musica che assottigliandosi, riducendosi all’essenziale e all’indispensabile, mirando al delicato e all’intimo si fa silenzio, si organizza in una forma talmente pura che il suono pare inafferrabile, ineffabile; irripetibili le sue strutture, gratuite come un giuoco, il suo significato arcano e occulto come una formula alchimistica”. Sue fonti principali sono il manoscritto autografo conservato presso la Staatsbibliothek Preussicher Kulturbesitz di Berlino e le due tirature a stampa del 1751 e del 1752. È proposta in CD dall’Accademia Strumentale Italiana, complesso guidato da Alberto Rasi che si avvale di strumenti storici (Rossella Croce violino, Alberto Rasi viola da gamba alto, Claudia Pasetto viola da gamba tenore, Paolo Biordi viola da gamba basso, Michele Zeoli violone, Luca Guglielmi organo); il titolo scelto per il disco è conforme a quello che appare sul frontespizio dell’autografo di Berlino, dove il termine italiano “Fuga” è preferito al tedesco “Fuge”, usato invece nelle due successive edizioni a stampa. Non è affatto il mero desiderio di distinguersi, ossia un vezzo di originalità, a guidare questa scelta (in generale l’opera è nota come Die Kunst der Fuge), ma una ben precisa motivazione legata all’approfondita analisi della partitura. Come illustrato nel dotto libretto curato da Luca Guglielmi, la presunta incompletezza dell’autografo berlinese, che ha fatto prediligere le due coeve tirature a stampa alla grande maggioranza degli interpreti, sarebbe in effetti solo apparente.
Con questo lavoro l’Accademia Strumentale Italiana rovescia la prospettiva finora adottata da musicologi ed esecutori e, invece di concentrarsi su cosa manchi nell’autografo, si interroga piuttosto sul valore di ciò che c’è di differente nelle edizioni a stampa. Pertanto, nella compilazione del disco non è compreso il Corale Wen wir in höchsten Nöthen che Bach, ormai prossimo alla fine, avrebbe dettato al genero Johann Christoph Altnickol; ne sono esclusi anche i due canoni assenti dall’autografo, incongrui per forma ed estensione all’equilibrio dell’opera; senza temere di azzardare troppo si possono considerare composizioni posteriori, probabilmente esercizi di stile sul contrappunto doppio di Wilhelm Friedemann e Carl Philipp Emanuel Bach. Pur essendo inconcluso nell’ultimo movimento (una fuga quadrupla a tre soggetti), l’autografo di Berlino soddisfa in sé la necessità di completezza del complicato disegno, se si considera che il Contrapunctus 11, con le sue quattro sezioni e quattro soggetti, può essere considerato nient’altro che una fuga quadrupla, in cui Bach espone non più di tre soggetti contemporaneamente. A confortare l’autorevolezza dell’autografo berlinese quale fonte da prediligere, sta inoltre il fatto che le due tirature dell’edizione a stampa hanno consegnato ai posteri una partitura che, oltre a includere dei numeri spuri, si allontana dall’originale per un diverso criterio di distribuzione del materiale. A condizionare l’operato degli editori pare sia stata anche l’esigenza di pubblicare in tempi brevi, vale a dire prima della Pasqua 1751: i figli del Cantor da poco defunto stavano tentando di spartire tra loro un’eredità relativamente esigua e tentarono di trarre il maggior profitto possibile da un’opera quasi conclusa, che pareva destinata alla stampa. Nonostante le sue ascendenze di tipo speculativo, decifrabili attraverso la gematria, ossia la corrispondenza di lettere, numeri e note musicali (come applicata all’epoca in Germania), Die Kunst der Fuga è innanzitutto un lavoro per la pratica della tastiera. È però perfettamente in linea con lo spirito dell’epoca la pratica di renderne la polifonia da parte di un gruppo strumentale (pratica ben radicata a partire dal secolo precedente) e particolarmente da parte di un complesso di viole, formazione per lungo tempo in auge. Una pratica che anche secondo il punto di vista filologicamente più rigoroso ha pari dignità rispetto all’esecuzione su tastiere, dato che le voci della Kunst der Fuga non sono racchiuse nel pentagramma doppio della scrittura tastieristica, ma sono scritte in partitura, pertanto leggibili singolarmente. L’interpretazione che ne offre l’Accademia Strumentale Italiana rende in modo altamente convincente la complessità dell’intreccio delle voci nel realizzare la perfetta geometria dell’architettura sonora, un disegno di pura astrazione che è qui restituito in tersa trasparenza, dove anche il tracciato di ogni singola linea è perfettamente intelligibile. Oltre che con la scelta del titolo e con la fedeltà all’autografo, la vicinanza al compositore è espressa con l’utilizzo della viola da gamba, strumento che Johann Sebastian suonava molto volentieri, preferibilmente in ambito domestico. Del complesso strumentale si apprezza l’adeguata consistenza dei bassi, mentre la presenza del violino dà il suo apporto in direzione di un timbro più chiaro; da parte sua l’organo, suonando da solo alcuni numeri, dà un saggio della destinazione alternativa per tastiera e sottolinea la verticalità dell’architettura compositiva.