di Stefano Ceccarelli
Spirito. Arias of Bel Canto
Marina Rebeka
Arie da: Norma e Il pirata di V. Bellini; Maria Stuarda e Anna Bolena di G. Donizetti; La vestale di G. Spontini
Orchestra e Coro del Teatro Massimo di Palermo
Jader Bignamini
CD Prima Classic / PRIMA001 © 2018 Prima Classic.
Marina Rebeka è certamente uno dei soprani più talentuosi che le scene operistiche mondiali possano ora vantare in circolazione. Spirito. Arias of Bel Canto non è il suo primo CD monografico: ne ha già all’attivo due, uno di arie mozartiane (Mozart Arias) e l’altro di arie rossiniane (Amor fatale), ambedue apprezzabilissimi. Come si può ben vedere, la Rebeka ha progressivamente ampliato il suo repertorio, operando una transizione da un soprano dalla tessitura puramente lirica a quella lirico-drammatica, del resto ben consona alla sua voce, che alla facilità dell’agilità unisce una solida e compatta emissione. Nelle note introduttive al CD, la Rebeka narra del suo rapporto con la tradizione belcantistica e di come abbia voluto risalire alle fonti dei pezzi da lei cantati, gli stessi autografi delle arie: l’interprete, dunque, coniuga in sé non solo il talento canoro, ma anche quello filologico di ricercatrice dell’originalità del dettato musicale. La Rebeka offre all’ascolto un prodotto, dunque, di eccellente valore, dove la bellezza della sua voce, sensuale, chiara eppur timbricamente del tutto inconfondibile, viene piegata al recupero rigoroso del dettato originario delle arie: in effetti, a un orecchio attento, qualche particolare emerge qua e là insolito, ma perfettamente al suo posto.
Nel preludio all’aria «Casta diva» dalla Norma di Bellini si può già gustare tutta la perizia agogica di Jader Bignamini, a capo dell’orchestra del Teatro Massimo di Palermo – ma della parte strumentale mi occuperò alla fine. Il direttore imposta un andamento largo, affinché tutta la florida bellezza della voce della Rebeka possa emergere in pieno splendore (e questa sarà, in genere, l’agogica prescelta in tutto il CD). Nel cantabile, l'artista ci emoziona con una linea vocale impeccabile, dolcemente vibrata, solida e robusta nell’innalzarsi del volume, come pure nei chiaroscuri in mezza-voce che caratterizzano l’intensità dell’intera preghiera. Nella cabaletta, la Rebeka dà prova di un pulitissimo passaggio di registro e della sua innata abilità nell’arte delle fioriture (scritte – come per le altre arie – di sua stessa mano, sulla base della rinnovata lettura degli autografi). La celebre aria del belliniano Il pirata («Col sorriso d’innocenza») scorre magnifica: il soprano interpreta un cantabile eccellente per capacità di modellare i versi con il canto e di salire verticalmente, smorzando subito l’impeto per modulare i volumi: la successiva cabaletta, di incredibile energia e forza, rende piena giustizia alla famosa scena di follia di Imogene. Uno dei ruoli meglio riusciti del repertorio della Rebeka è proprio la regina scozzese: chi – come me – ha avuto il privilegio di assistere a una sua recita nei panni della Stuarda può testimoniarlo [leggi la recensione]. E, infatti, la cantante è straordinaria nella preghiera («Deh! Tu di un umile preghiera») della Maria Stuarda di Donizetti: la portentosa messa di voce finale, che chiude un trasognato trasporto della Stuarda prossima al patibolo, è eseguita alla perfezione, non solo tecnicamente, ma anche su un piano emozionale. Vibra tragicità nel successivo «Di un cuor che muore» e nella cabaletta la Rebeka tira fuori smaglianti acuti. Naturalmente, anche il ruolo della Bolena le calza a pennello. Vorrei, in tal senso, notare come le doti attoriali della cantante le consentano di portare facilmente un fraseggio intenso e appassionato, come in quello che apre l’altrettanto celebre scena della follia della donizettiana Anna Bolena. Il cantabile («Al dolce guidami») è ricchissimo di colorate sfumature malinconiche, che rendono bene la revêrie di un’infanzia oramai lontana: qui la Rebeka incanta, soprattutto, per la sua abilità di smorzare il suono. La cabaletta («Coppia iniqua») incarna tutta l’inespressa ira di Anna, sublimata in una volontà di lasciarsi alle spalle il mondo terreno in una sorta di ‘pacificata’ realtà: qui si ha un sovracuto finale splendidamente eseguito. Termina il CD l’esecuzione di tre arie da La vestale di Spontini. Dimostrando una notevolissima disinvoltura con il repertorio francese, la Rebeka fa rivivere i dolori della vestale Julia, anch’essa, come Norma, rea d’amore e, perciò, punibile con la vita, in una sorta di Ringkomposition con la Norma che aveva aperto il CD (sappiamo, però, che le due vicende si concluderanno in maniera opposta!). Le tre arie eseguite («Ô des infortunés», «Toi, que j’implore avec effroi» e «Impitoyable dieux») sono scolpite, cavate da una lastra di marmo, con notevole perizia: la Rebeka si trova a suo agio anche nello stile di canto post-gluckiano, riformato, fatto di solida sostanza, di una linea di canto che esalti tutti i sentimenti espressi dalle parole. Il CD si chiude con uno splendido sovracuto, estrema fatica vocale della Rebeka e doloroso sfogo di Julia.
Merito dell’ottima riuscita del prodotto è anche la direzione di Jader Bignamini, che lungi dall’essere il mero accompagnatore di una prima donna, diviene interprete perfetto della tessitura vivida della musica delle arie belcantistiche: in tal senso, l’orchestra e il coro del Massimo di Palermo eseguono un ottimo lavoro.
A stare all’idea della Rebeka, «il Belcanto crea delle emozioni profonde e grazie alla bellezza unica della voce e delle melodie, conduce l’ascoltatore alla catarsi ed alla completa empatia con l’interprete»: è questa la chiave in cui va letto lo spirito (è proprio il caso di dirlo) di questo CD. Impresa, in conclusione, riuscitissima: esecuzione dopo esecuzione, l’ascoltatore è portato ad avere il sacrosanto diritto di emozionarsi. Se d’una pecca bisogna parlare, eccola: non poter vedere la Rebeka stessa eseguire queste arie dal vivo, tanta e tale è la sua bravura come attrice oltre che come interprete vocale.