di Giuseppe Guggino
Splendide scene di rassicurante tradizione, splendida orchestra, ben diretta dal maestro Paolo Arrivabeni, e poco altro riluce in questo Ballo. Nel cast si segnala solamente il notevole Renato di Giovanni Meoni e Roberto Aronica come Riccardo.
Palermo, 19 maggio 2015 - Il Ballo in maschera messo in scena da Pier Luigi Samaritani, nonostante la gran parte delle scene sia datata 1989 è – per citare il paggio Oscar – splendidissimo, c’è poco da aggiungere. In questo allestimento storico, in occasione delle recenti riprese, Massimo Gasparon ha operato qualche modifica calzante, come il primo quadro del secondo atto con la famosissima tela dell’Abbazia nel querceto di Friedrich nello sfondo, nonché tante altre modifiche molto meno convincenti, specie per quanto riguarda i nuovi costumi, dalle cromie sgargianti, connotati da tessuti leggerissimi e svolazzanti (in fondo Boston non ha un clima rigido) e parrucconi dagli involontari risvolti nel comico. Ovviamente per fare le cose splendidissime – come ormai di prammatica in quel di Palermo – si scrittura anche un coreografo quotato (Amedeo Amodio, con annesso assistente) per l’ultimo quadro, salvo ricorrere per la scena di Ulrica a una trentina di figuranti in più rispetto al Corpo di ballo, che pure avrebbe potuto essere impegnato in tutto lo spettacolo. Splendidissimo.
Splendidissima (e stavolta senza ironia) l’orchestra, sia quella corposa in buca, sia anche la nutritissima banda sul palco e l’orchestra d’archi in quinta per l’ultimo duettino Amelia-Riccardo. L’esperienza e l’abilità di Paolo Arrivabeni sul podio sono quelle che ci vogliono per restituire il gioco di tinte, di atmosfere che si trova nella partitura verdiana; così i risultati, grazie anche ad una buona prova del Coro, risultano estremamente convincenti con omogeneità per tutta la serata, almeno su questo fronte.
Lo splendore nel cast si riduce al solo Renato di Giovanni Meoni, semplicemente perfetto. La prova di Roberto Aronica parte con qualche opacità nella barcarola iniziale ma si assesta rapidamente sul binario della ragguardevole affidabilità fino alla fine. Duole invece dover lamentare i difetti della vocalità di Oksana Dyka, dallo strumento piuttosto importante (almeno nell’ottava centrale) manovrato tra suoni talvolta malfermi, inconsistenti nei gravi, e mai capace della più timida intenzione interpretativa, sebbene nel ruolo di Amelia gli spunti accorati non manchino e la varietà di accenti sia quasi ineludibile. Qualche spanna sopra Zuzana Marková, che ad Oscar presta una voce non molto proiettata. A Tichina Vaughn (Ulrica) si augura una brillante prosecuzione di carriera; nel gospel, però.
Quanto ai comprimari, ottimo è Nicolò Ceriani come Silvano e affidabile si rivela Cosimo Vassallo nella duplice veste di giudice nel primo quadro e di servo di Amelia; degli abominevoli Samuel e Tom, infine, rispettivamente Paolo Battaglia e Manrico Signorini rendono letterale traduzione vocale.
Al Ballo splendidissimo non è forse arriso splendido apprezzamento di pubblico, piuttosto timido negli applausi finali, invero, ma che si spera possa crescere nel corso delle splendidissime repliche in scena fino al 27 maggio. Inoltre fino a domenica 24, sempre nella sala grande del Massimo, possono godersi le riprese mattutine dello spettacolo-balletto Il piccolo Mozart, opportunità ideale per portare i bambini a teatro. Infine nella mattinata di sabato 23, in occasione del 23° anniversario della strage di Capaci, nel quadro del progetto antimafia di Giulia Minoli (in Nastasi) “Il palcoscenico della legalità”, approderà al Teatro Massimo lo spettacolo di prosa con musiche (prodotto dal San Carlo di Napoli) Dieci Storie Proprio Così. Proprio così, splendidissimo.
foto Rosellina Garbo