di José Noé Mercado
Dopo l'ascesa e la caduta di Ramon Vargas come direttore artistico, la Ópera de Bellas Artes riparte da Tosca, in una produzione travagliata, ma coronata da un buon successo per il decoro e il buon livello complessivo raggiunto.
CITTA' del MESSICO, 1 dicembre 2015 - In senso stretto, la direzione di Lourdes Ambriz alla Ópera de Bellas Artes ha avuto inizio con la nuova produzione della Tosca di Giacomo Puccini, in scena il 26 e 29 novembre, l'1, 3 e 6 dicembre.
Questo classico dell'epoca verista è apparso al Teatro del Palacio de Bellas Artes, nuovamente, con una doppia compagnia e un'alternanza per la coppia protagonista. Nella recita di martedì 1 — e mai come ora è necessario precisare la data, dopo i vari cambi di cast rispetto agli annunci originari e altri che sono sono seguiti accompagnati da uno scandalo da “pueblo chico pero infierno grande”* — il ruolo della diva Tosca è stato interpretato dal soprano bulgaro Svetla Vassileva.
Il suo contributo è stato sempre adeguato, benché talora alcune caratteristiche del suo canto si siano risolte in una certa irregolarità nel corso della recita. Si tratta di una voce di gran volume, che si dispiega solo in alcuni momenti nei qual, però, dà l'impressione di non avere il controllo assoluto. Opta per un volume medio, che le permette una gestione più sicura sebbene non le eviti che, all'aumento dell'intensità, si noti una certa oscillazione, soprattutto all'attacco e nella chiusa delle frasi. Esempi di ciò si potevano percepire in tutta l'opera, ma in particolare in “Vissi d’arte”. È un'attrice molto coinvolta, talora al limite dell'inverosimiglianza. Quasi tutti i suoi interventi si sono guadagnati l'applauso, ma anche il sorriso o le aperte risate del pubblico.
Il suo amato, il pittore Mario Cavaradossi, era affidato al tenore messicano Héctor Sandoval, un cantante di carriera internazionale basata principalmente sull'affidabilità e la funzionalità del suo canto. È stato ben accolto dal pubblico per il suo ardimento scenico, mostrando la sua esperienza e la sua familiarità nel ruolo, soprattutto in “Recondita armonia” e “E lucevan le stelle”. Il barone Scarpia è stato interpretato dal baritono di Veracruz Genaro Sulvarán, la cui incarnazione del male di basava su violente passioni esteriori, ma che ha fatto apprezzare anche un grande turbamento interiore nel “Te Deum”, risultando un antagonista introspettivo e proprio per questo doppiamente tirannico.
Il Sagrestano di Leszek Zawadka è stato notevole per la sua simpatica resa scenica, in un ruolo che conosce e domina sì da trarne il massimo partito possibile. Si sono fatti apprezzare anche Carlos López (Angelotti) e Héctor Valle (Spoletta), provenienti dall'Estudio de la Ópera de Bellas Artes. David Echeverría (Sciarrone), José Luis Reynoso (Carceriere) e Javier Coronado (Pastore) contribuivano nel cast di questa Tosca a recuperare un po' di quel livello perduto nelle precedenti e sfortunate produzioni presentate dalla OBA.
A ciò ha contribuito anche la messa in scena di Luis Miguel Lombana, che ha evitato complicazioni con un allestimento tradizionale, attento ai dettagli chiave della trama, coniugando la sua idea con la scenografia (grandi pareti nere marmorizzate cui la splendida illuminazione di Víctor Zapatero conferiva prospettiva e profondità, oltre ad alcune aperture che davano un po' di respiro alla camera oscura) e l'attrezzeria di Laura Rode e Adrián Martínez Fraustro, così come con i costumi di Tolita e María Figueroa. In questo senso si è trattato di una produzione non esattamente bella, quanto piuttosto funzionale. Non sontuosa o di gusto sopraffino, ma in ogni caso decorosa.
Il lavoro di Srba Dinić con l'Orquesta e il Coro del Teatro de Bellas Artes segue un percorso di limpidezza sonora e l'intento di evitare l'effettismo strumentale. Ottiene così un risultato degno di lode, benché non troppo personale né tantomeno intensamente emozionante, come ci si aspetterebbe in momenti così drammatici come quelli che rendono Tosca uno dei titoli favoriti dagli appassionati.
* Detto messicano, da cui derivano anche il titolo di alcuni film e di una popolare telenovela, che indica un grande scandalo che si alimenta nelle chiacchiere e negli stretti rapporti di una piccola comunità.
foto Ana Lourdes Herrera / Ópera de Bellas Artes