di Roberta Pedrotti
La Cappella musicale arcivescovile di S. Petronio conferma l'impegno meritorio nella valorizzazione di una delle tradizioni più ricche e floride della storia della musica sacra occidentale. All'eccellenza dei propositi risponde un'esecuzione notevolissima anche per la ricostruzione del contesto.
BOLOGNA, 31/03/2015 - Non è l'udito il solo senso cui la musica si rivolga; così come sollecita ragione e passione, così si sviluppa in rapporti anche con gli altri sensi, stimola ed esige dimensioni fisiche, nello spazio e nel tempo, che vanno al di là della semplice esecuzione e audizione.
L'opera vive nella rappresentazione teatrale, il madrigale e la musica da camera evocano un'amichevole intimità, il repertorio sacro, di qualsivoglia confessione, è scandito e scandisce il rito, ne traduce in forma ed evidenza i contenuti. Ne rappresenta sia l'elaborazione dottrinale, sia le metafore e, quindi, il coinvolgimento emotivo, perfino spettacolare.
Per questo, dunque, potremo studiare, ascoltare con gioia e profitto tutta la produzione sacra d'ogni tempo fra CD e sale da concerto, ma per comprenderle veramente nulla varrà mai come la fruizione nel contesto per il quale sono state concepite. E poco importa, infine, esser credenti o meno per apprezzarne il valore, coglierne e condividere la profondità.
Così l'opportunità di seguire una ricostruzione dell'Ufficio delle Tenebre della Settimana Santa sarà senza dubbio un grato dovere per il cattolico devoto, ma anche un appuntamento dall'intrinseco valore artistico e storico parimenti apprezzabile dal non credente, come dal credente tiepido o d'altra fede.
Il repertorio composto per i riti pasquali è fenomenale per qualità e quantità e si lega indissolubilmente a una sorta di sacra rappresentazione di formidabile effetto, con il procedere del canto e delle letture a scandire il progressivo, calcolato, spegnersi dei ceri che illuminano l'assemblea, finché l'ultimo rimasto, a rappresentare il Cristo, è celato in un gran fragore e poi nuovamente esposto come simbolo di speranza e resurrezione.
La chiesa di Santa Maria della Vita, celebre per il Compianto sul Cristo Morto di Niccolò dall'Arca, più che cornice è parte attiva, elemento imprescindibile della rappresentazione, sia per la bellezza del luogo, sia per questioni acustiche, sia per la disposizione di musicisti, pubblico e celebrante, sia per il rifrangersi nell'architettura delle luci tremule delle candele (o delle lampade, limitate al minimo indispensabile per gli esecutori e la sicurezza e debitamente spente nel momento focale delle tenebre e del fragore).
L'Ufficio delle Tenebre si snoda in tre Notturni, ciascuno dei quali composto da tre coppie di Lectiones e Responsoria, solistiche le prime, corali le seconde. Nel primo Notturno le Lectiones sono tratte dalle Lamentazioni di Geremia, cui rispondono brani speculari neotestamentari, mentre nei due seguenti sarà il sacerdote celebrante, e non un cantore solista, a salmodiare pagine di Sant'Agostino e di San Paolo.
Nella prima delle Lamentazioni conferma la sua statura di fuoriclasse il tenore Alberto Allegrezza, che diremmo un lusso se la storia secolare della Basilica di S. Petronio non meritasse un artista di questo calibro. Difficile immaginare, anche fra gli specialisti più noti del repertorio sacro barocco, una tale capacità di dire il testo, vivendolo, facendolo vibrare con l'eloquenza del grande attore, la consapevolezza del teologo, la plasticità del musicista, l'acume e lo stile del musicologo. Il testo latino è scandito con forza e persuasione, con suggestione patetica e comprensione razionale, i melismi sulle lettere ebraiche che numerano i versetti non acquisiscono valore meramente esornativo, bensì sostanziale nella sintassi stessa di queste pagine di Giacomo Antonio Perti. Del patriarca bolognese dell'Europa musicale fra XVII e XVIII secolo si ascoltano spesso nelle solennità petroniane mottetti spettacolari e messe vertiginose, ma impressiona ancor più profondamente saggiarne dal vivo, nel contesto appropriato, l'ispirazione poetica, la potenza drammatica e la profondità intellettuale anche in questi testi e nella loro intonazione minimalista, volta all'intimità riflessiva della celebrazione della Passione. L'altro volto, non meno straordinario e ricco, del barocco sacro.
In ogni frangente la Cappella di S. Petronio si conferma perfettamente all'altezza della situazione, sia negli interventi solistici sia nei passi corali o d'insieme. L'impasto sonoro, l'eloquenza, la chiarezza di dizione, l'elegante senso dello stile, l'articolazione musicale impeccabile bastano di per sé a decretare l'ottimo lavoro di Michele Vannelli, che rende giustizia all'antico prestigio della carica di Maestro di Cappella petroniano. Che s'impegni anche come cantante solista (in un passo di tessitura contraltile per il quale non sarebbero mancate buone voci fra gli alti in forza alla stessa Cappella) o organista in alternanza, non segnalata in locandina, con l'ottima Sara Dieci è, dunque, uno zelo superfluo che nulla aggiunge ai suoi, già insigni, meriti.
Della citata eloquenza e dell'articolazione dei testi nella musica di Perti abbiamo detto, ma ancor più significativi se paragonati con le letture intonate dei santi Agostino e Paolo da parte di Monsignor Juan Andrés Caniato: non va certo a demerito del sacerdote – intonato, solenne e partecipe come si conviene – se il senso della parola è stato trasmesso con ben altra chiarezza e plasticità nel canto propriamente detto, eccellente per scrittura ed esecuzione.
A chiudere il programma, dopo le nove stazioni pertiane, il Miserere e l'Adoramus Te ancora di Perti, eseguiti ancora una volta splendidamente dalla cappella petroniana.
Per capire veramente questo repertorio, un'esperienza imprescindibile.