di Valentina Anzani
Il Maestro Muti ha accettato l’invito di Bologna Festival per un concerto al Teatro Manzoni con l’Orchestra Cherubini a sostegno dell’AIRC, che celebrava i cinquant’anni dalla fondazione.
Bologna, 28 giugno 2015 – Si è fermato a Bologna per una delle poche occasioni in cui è ancora possibile ascoltarlo in Italia, il maestro Muti, dopo il suo volontario allontanamento dal Teatro dell’Opera di Roma e il suo proposito di non esibirsi più in patria se non con la formazione giovanile da lui fondata. L'Orchestra Cherubini, costituita da giovani orchestrali principalmente italiani, è dichiaratamente uno dei numerosi tentativi del maestro Muti per creare occasioni di crescita artistica e possibilità professionali per le nuove generazioni di musicisti della penisola, sempre più penalizzati dalla politica attuale, che riduce continuamente i fondi dedicati alla cultura e, di conseguenza, alla musica.
La prima parte del programma prevedeva Mozart (Sinfonia n. 35 in re maggiore) e Schubert (Ouverture “nello stile italiano” in do maggiore op. 17), per virare poi su una selezione dell’opera verdiana I vespri siciliani (sinfonia e sezioni ballabili). Questa seconda parte, sempre di grande effetto quando eseguita in concerto per gli elementi di colore locale che ne scaldano la scrittura e gli scarti drammatici delle dinamiche, è divenuta nelle mani di Muti pasta sonora dalla grana densa e duttile.
Il maestro non ha abbandonato la scelta di tempi lunghi, accentuando anzi di più la gittata delle frasi. Il suono, legatissimo, privato di ogni brillantezza, si è riempito di armonici, su cui ha intessuto i fili di ogni sezione. Su un tale sostegno di ampio respiro, le oscillazioni delle dinamiche, ridotte a sussurri o espanse in frastornanti sfoghi a tutta forza delle percussioni, erano nettissime.
Armatosi di microfono, tra il racconto venato di affetto di una delle sue prime direzioni – avvenuta proprio a Bologna nel ’69 –, e il ricordo del suo continuo impegno nel dialogo con gli apici del governo, il maestro Muti ha fatto un appello. Si è pronunciato con calore sulle grandi mancanze della nostra nazione nei confronti della cultura, che, oltre a escludere l’insegnamento delle musica dalle scuole, rende impossibile per i nuovi diplomati di conservatorio trovare un impiego in un paese in cui i teatri chiudono. Un vago quanto caustico accenno a certe magre figure fatte in contesti di visibilità internazionale a causa di scelte musicali opinabili resta nell’aria come una pesante accusa, stemperata dagli evidenti e sonori segnali di assenso del pubblico in sala all’affermazione che con certi governanti “mi sembra di fare un dialogo tra Muti e sordi!”.
Dopo il patriottico bis (l’ouverture dal Nabucco) la conclusione del concerto è stata un tripudio di applausi, con tanto di petali di rose rossi e bianchi lanciati dalle balconate.