di Alberto Spano
Per il sessantaseiesimo festival di Menton, in Costa Azzurra, il concerto di Khatia Buniatishvili ne illustra perfettamente la metamorfosi da giovane, talentusa promessa a diva glamour consacrata dal disco. A latere, prezioso concerto pomeridiano del trio Talweg.
Menton (Francia), 10 agosto 2015 - Ci vorrebbe un piccolo saggio di sociologia dell'ascolto per descrivere il concerto del 10 agosto della giovane georgiana Khatia Buniatishvili al Parvis de la Basilique Saint-Michel a Mentone, per il 66° Festival de Musique (31 luglio – 13 agosto 2015). Perché un concerto dell'avvenente pianista, ormai entrata nel cuore degli appassionati di tutto il mondo e presente nei maggiori festival europei, non è più un normale concerto di una pianista di talento che nel 2008 vinse il terzo premio al Concorso Arthur Rubinstein di Tel Aviv. È uno spettacolo. Sul palcoscenico del sagrato mozzafiato (anche quello) della Basilica di San Michel, dove da sessantasei anni si svolge questo festival musicale che richiama i più grandi artisti del mondo, a fatica abbiamo riconosciuto la timida ventiduenne ascoltata nel marzo del 2010 alla Sala Alfredo Piatti di Bergamo assieme ad un gruppetto di abbonati sonnacchiosi. Allora Khatia sfoggiava una musicalità naturale debordante, alla base della quale stava una serietà e una semplicità di pensiero musicale quasi commovente e una tecnica di riguardo.
Cinque anni di successi clamorosi in tutto il mondo, dirette radiofoniche e televisive, tre album per la Sony con copertine glamour, interviste, servizi sulle riviste patinate e atteggiamenti da diva anni '50, Khatia Buniatishvili è ora una musicista alquanto diversa: ricercata, elegante e truccatissima, musicalmente maliziosa, eccentrica all'eccesso e, spesso, divisiva. Si permette di aprire un concerto all'aperto coi Quadri di un'esposizione di Mussorgsky dandone una lettura tutta incentrata sulla forte contrapposizione di parti lente ed estenuate e parti suonate quasi sempre col fiato corto. Bella l'idea alla base di questa spiazzante lettura: quella di un racconto dei Quadri effettuato in una dimensione onirica, soffocata, attutita, sotto una specie di coltre che smorza tutti i suoni: una passeggiata sotto la neve. I contorni sono sfumati, i colori spenti. Molto interessante il Vecchio Castello, lento come non mai, e le parti più animate (Tuileries, Il mercato di Limoges, Il balletto dei pulcini nel loro guscio), che qui diventano petulanti quadretti, spesso grotteschi e trasfigurati. Questa spasmodica ricerca di un suono sospeso, di masse di colore, di sprazzi, di macchie illividite non è però supportata da una sufficiente rifinitura e da una vera coerenza stilistica. Peccato. Tutta la serata è condotta con questo tipo di pianismo quasi abbozzato: bene nella Valse di Ravel, condotta per fasce sonore che si emulsionano e polverizzano via via; molto bene la Seconda Rapsodia Ungherese di Liszt, proposta con coraggio nella già di per sé straniante versione di Vladimir Horowitz (ma senza gli straordinari effetti di sonorità quasi elettriche del leggendario pianista scomparso nel 1989), ancora bene – sebbene con qualche riserva sull'effettiva capacità di tenuta – i Trois Mouvements de Petrushka di Stravinskij che chiudevano il programma, suonati quasi senza virtuosismo tecnico, ma anche questi come volutamente “abbozzati”, più da compositore che da pianista. Superato lo spaesamento iniziale, le proposte interpretative certamente non convenzionali di Khatia Buniatishvili si stemperano altresì sovente in effetti sonori di straordinaria qualità, al netto di un numero di note sporche oggigiorno poco tollerabili. Successo quasi incontrastato, con evidente gradimento da parte di un pubblico condiscendente e festoso.
Nel pomeriggio dello stesso 10 agosto, all'Auditorium dello splendido Museo Jean Cocteau, si era ascoltato con molto piacere il Trio Talweg, fondato nel 2004 da Sebastien Surel (violino), Eric-Maria Couturier (violoncello) e Juliana Steinbach (pianoforte) nel Trio n. 5 op. 70 n. 1 “degli Spettri” di Beethoven e nel raro e romanticissimo Trio in sol minore op. 15 di Bedrich Smetana. Il Talweg è un ensemble certamente affiatato come un sol uomo, in cui il violino tende a spingere in tensione e a giocare con forti contrasti dinamici, complice il duttilissimo pianismo della Steinbach e il bel suono del violoncello di Couturier. Un trio con pianoforte di lusso, che ci piacerebbe riascoltare in una sala dall'acustica più ampia e con un pianoforte gran coda: al museo Cocteau c'era un tre quarti Bösenderfer nuovo, appena consegnato dalla storica fabbrica viennese, dal suono ancora un po' acerbo, ma personalizzato con uno splendido disegno di Cocteau dentro al coperchio dello strumento.