di Andrea R. G. Pedrotti
Gradita ospite a Verona, l'Orchestra Prague Philharmonia offre un saggio della civiltà musicale nelle terre dell'ex impero asburgico per un concerto in omaggio a Dante Alighieri a 750 anni dalla nascita.
VERONA, 18 settembre 2015 - Al Teatro Filarmonico di Verona giungono i diamanti, le perle, i rubini, gli zaffiri, le pietre preziose; l'autentico splendore di Boemia incede maestoso nelle sale scaligere. La disarmante professionalità, preparazione musicale e umiltà artistica delle ex terre austro-ungariche non accenna a cedere il suo incontrastato imperio. Non c'è niente da fare, dove passarono gli Asburgo dal XVIII a tutto il XIX secolo, fino alle terre di Russia, gli archetti vanno abbassati, poiché la tenzone è, ancora oggi, una impari lotta. Potrebbero irritare quanto il celebre personaggio di Alberto Sordi, il “Dentone” protagonista di un episodio del film I complessi, ma egli aveva almeno un difetto fisico, mentre, come, se non bastasse, quei da luoghi giungono uomini fieri e donne splendide, eleganti e fascinose.
D'altra parte l'impero asburgico nacque proprio grazie alla Boemia, dopo la sconfitta di Ottocaro II, detronizzato da Rodolfo I d'Asburgo e ufficialmente privato dei suoi domini (tranne la Boemia e la Moravia) dalla Dieta di Ratisbona nel 1274 e sconfitto definitivamente nella battaglia di Marchfeld del 26 agosto 1278.
Ottocaro II di Boemia venne anche citato da Dante Alighieri nel VII canto del Purgatorio e proprio a Dante il concerto del 18 settembre era dedicato. Peccato che, a 750 anni dalla nascita del poeta fiorentino, non siano state organizzate nella città che ebbe l'onore di accoglierlo adeguate commemorazioni, anche considerato che gli Alighieri risiedono attualmente in terra veneta. Per esempio sarebbe stato molto interessante proporre una riedizione del poemetto del veronese Manuello Giudeo, di cui parlammo nel nostro resoconto della giornata di divulgazione culturale del 6 settembre [leggi l'articolo].
La PKF – Prague Philarmonia è un'orchestra che fa del suo repertorio di elezione il grande romanticismo e il classicismo viennese. Di recente fondazione (1994) è già un complesso di grande importanza in Repubblica Ceca, è sostenuta dal ministero della cultura del suo Paese, dalla città di Praga con numerose incisioni all'attivo. Collabora già stabilmente con grandi direttori e solisti del calibro di Rolando Villazòn, Anna Netrebko, Thomas Hampson, Juan Diego Flòrez, Elina Garanča e molti altri.
Il programma del concerto è intelligente, adeguato alle caratteristiche degli artisti impegnati e conforme al tema dantesco. Si è partiti da Richard Wagner e dal preludio al primo atto del Lohengrin. Wagner non è mai stato il re della melodia e le sue soluzioni insistite e ribadite riflettono le caratteristiche degli stessi libretti dell'autore tedesco. L'orchestra Boema trova una bella soluzione con imperfettibile omogeneità fra le sezioni ed espressione di livello assoluto. È ben guidata dal maestro veronese Nicola Guerini, il quale ha la fortuna di trovarsi a lavorare con dei professori con i quali non è necessario esser troppo severi. Le indicazioni sono precise. Molto bello il finale del preludio, quando l'aumento dei volumi (non un crescendo vero e proprio) viene eseguito con impeto e omogeneità, specialmente dagli ottoni.
Piccolo intermezzo di recitazione, con la lettura del V canto dell'Inferno, affidata all'attore veronese Paolo Valerio. Questa è stata la parte più debole della serata: la recitazione dell'interprete ci è parsa fin troppo caricaturale, con un microfono mantenuto perennemente incollato al labbro, quasi non volesse privarsi del suo “fiero pasto”. Troppi sospiri e portamenti, che più che al genio fiorentino, rimandavano la nostra mente a un celebre personaggio del più famoso romanzo di Tolkien, perennemente alla ricerca del suo “tesoro”. Va bene che prima avevamo ascoltato Wagner e nani, elfi e anelli forgiati in fucine misteriose non potevano mancare, ma la lettura di Paolo Valerio ci è parsa ampiamente fuori stile. A questo vorremmo aggiungere, quanto sarebbe da evitare quella che è ormai diventata una brutta abitudine, cioè ignorare completamente metrica e ritmica del testo. Le terzine dantesche, non sono casuali, così come l'utilizzo dell'endecasillabo. Peccato, perché il V canto dell'Inferno è un capolavoro letterario assoluto e intramontabile.
Finalmente torna in cattedra la PKF - Prague Philarmonia con il bellissimo brano di Pëtr Il'ič Čajkovskij Francesca da Rimini – fantasia sinfonica in Mi minore Op. 32. Composta a Bayreuth (torna Wagner) nel 1876, rappresenta al meglio il filo del romanticismo della tormentata storia di amore e morte fra Paolo e Francesca. Come spesso accade nel repertorio romantico, sia letterario sia musicale, sono patimento, struggimento, Eros e Thanatos a farla da padrone. L'amore e la morte; passione e tragica fine emergono a più riprese nella scrittura di Čajkovskij, con momenti d'elegia e altri di grande tensione drammatica. Ovviamente l'orchestra Boema non poteva deluderci in questo. Passione, fraseggio, partecipazione, impeto, sono la loro cifra distintiva. Bravo ancora una volta Guerini nell'assecondare le caratteristiche dell'orchestra nei perigliosi equilibri di Čajkovskij. Ognuno di noi, indipendentemente dai gusti sessuali, ragiona un po' come una donna, un po' come un uomo. Due generi che, uniti assieme, creano (in tutti i sensi) l'essere umano e l'orchestra di Praga regala mirabile commistione di femminilità e virilità, dando all'anima e all'arte: creature, a loro volta, dell'uomo.
Purtroppo, la pausa ci ha privati per una ventina di minuti dei nostri cristalli di Boemia, ma solo per offrirci l'apoteosi dell'orgoglio ceco, cioè Antonín Dvořák e la sua Sinfonia n. 8 in Sol maggiore Op. 88. Prosegue il filo conduttore del grande romanticismo e della passione dell'est Europa. Possiamo apprezzare ancora di più la ricchezza di armonici dell'orchestra, con una espressione degli archi d'un corpo assolutamente mirabile. Siamo a casa loro e non potevano fallire, ma è bello vedere la concentrazione di alcune violiniste e dei loro colleghi, che rendono cosciente il pubblico d'una tecnica assodata e solida, potendosi concentrare sull'espressione. L'archetto è premuto con deciso vigore, ma mai con violenza; l'impeto non scade mai nel disordine. Bella anche qui la prova degli ottoni, specialmente nelle ottave più basse, quelle più rischiose.
Fra i bis sarebbe delittuoso non citare la Polonaise di Čajkovskij.
Così, con una quadriglia polacca, la conferma di essere epicentro musicale, conquistata dall'impero asburgico, viene ribadita, con la decisione della grandiosità dei risultati e non dell'ostentazione di se stessi. Caratteristica, questa, che rende veramente grandi e allontana dal provincialismo.
L'appuntamento è al 21 settembre, con l'orchestra di Santa Cecilia e vedremo se il Mediterraneo saprà cogliere il guanto di cavalleresca sfida dell'est.