di Andrea R. G. Pedrotti
Maria Letizia Grosselli, Nino Surguladze, Rubens Pelizzari e Mattia Denti animano il pomeriggio veronese con il quartetto d'archi dell'Arena di Verona e il pianoforte di Roberto Corlianò.
VERONA, 6 dicembre 2015 - Torna Verona Lirica al teatro Filarmonico per l'ultimo appuntamento dell'anno 2015. Un anno difficile per il circolo, con la tragica scomparsa di una delle forze motrici della meritoria associazione. Meno importanti di questa, ma comunque reali, le difficoltà che sta attraversando la Fondazione Lirica, che bell'esempio di amore per la musica potrebbe prendere dai dirigenti, del presente e del passato, del circolo scaligero. È il quartetto d'archi dell'Arena di Verona a introdurci il pomeriggio con le note della Marsigliese, in memoria della strage avvenuta nel teatro parigino Bataclan, che deve il suo curioso nome al titolo di un'operetta d'ambientazione cinese, scritta da Jacques Offenbach. Più tardi, nel corso del concerto, sarà un'altra operetta d'ambientazione cinese -Das Land des Lächelns - a strapparci il cuore.
È ancora il quartetto d'archi a farla da padrone con la bella esecuzione del preludio da Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi. Nell'occasione il quartetto -composto da Gunther Sanin (violino), Vincenzo Quaranta (violino), Luca Pozza (viola e curatore di tutti gli arrangiamenti) e Sara Airoldi (violoncello) - diviene quintetto, poiché ai quattro moschettieri areniani è andato ad aggiungersi il m° Roberto Corlianò al pianoforte. Non possiamo, fatta questa precisazione, esimerci dall'inviare i nostri saluti al m° Patrizia Quarta, che di solito ci accompagna in tutti gli appuntamenti di Verona Lirica.
Ricordo areniana in principio, con la preghiera di Zaccaria, e affidata alla voce di Mattia Denti, “Vieni, o levita!...Il santo codice reca!”. Una preghiera, appunto, forse in mesta rimembranza degli eventi poc'anzi citati. Atmosfera più lieta quella che viene dalla brezza georgiana di Nino Surguladze, con l'unico brano accompagnato dal solo pianoforte, senza l'ausilio del quartetto d'archi, ossia Granada con la calda voce mezzosopranile dell'Est Europa a rammentarci il calore e i fiori dell'Andalusia. Ulteriore ricordo della stagione estiva appena trascorsa è stata l'esecuzione di un'altra preghiera, dopo quella di Zaccaria, cioè “Vissi d'arte” dalla Tosca di Giacomo Puccini, affidata alla voce del soprano trentino Maria Letizia Grosselli.
Questo è un pomeriggio di preghiere e di invocazioni, e quale invocazione più bella di una dedica d'amore? Una dedica d'amore d'un principe alla donna amata? Il principe Sou-Chong, costretto a rinunciare a Lisa, contessa Lichtenfels, piegandosi alle tradizioni che imponevano al suo rango di unirsi in matrimonio a quattro fanciulle (contemporaneamente), essendo così obbligato a rinunziare per sempre al suo sogno d'amore soave e casto. La trama, nel racconto del sempre sagace Davide da Como, viene definita semplice, e come tale viene narrata; in maniera asciutta, senza raccontarci gli indispensabili dettagli che fecero grandi le vicende dell'operetta, compresa la disperazione della donna, Lisa, costretta, a sua volta, da delle tradizioni non sue allo struggimento, consolandosi fra le braccia dell'antico spasimante, conte Gustav von Pottenstein. Il dolore della vicenda viene suggellato dalle romantiche note di “Dein ist mein ganzes Herz”, anche se, purtroppo, nella traduzione italiana, “Tu che mi hai preso il cuor” e affidata alla voce di Rubens Pellizzari. A seguire due brani per il quartetto d'archi con l'intermezzo dalla Manon Lescaut di Giacomo Puccini e una bella parafrasi (scritta dallo stesso maestro Corlianò) da Les Pêcheurs de perles di Georges Bizet.
Si riprende con un'altra preghiera, questa volta infernale, scritta da uno dei più grandi - se non il più grande - fra gli artisti della parola. I pochi versi dell'aria dal Mefistofele di Boito “Ecco il mondo!” rendono già soli idea dell'immensa grandezza del più celebre fra i poeti scapigliati d'Italia, il cui capolavoro abbiamo proprio avuto l'occasione di ammirare integralmente a Monaco di Baviera poco più di un mese fa [leggi]. Lasciamo l'infermo e ci riportiamo verso un clima natalizio, con la preghiera georgiana La faccia del Sole, secondo la traduzione proposta dalla stessa Nino Surguladze. Se abbiamo ascoltato una preghiera dedicata a Gesù, ora il pensiero corre alla madre, con ”Ave Maria” dall'Otello di Giuseppe Verdi e interpretata dal soprano Maria Letizia Grosselli.
Lasciamo i soliti autori areniani, per affidarci a Ruggero Leoncavallo e al suo celebre “Vesti la giubba” da I pagliacci. Il concerto sta per giungere al termine e ci troviamo innanzi a un brano ascoltato molto frequentemente negli appuntamenti di Verona Lirica, ma, questa volta, in una veste più originale. Camille Saint-Saëns e il suo “Mon coeur s'ouvre a ta voix” da Samson et Dalila vengono parafrasati in poesia di seduzione pianistica da Roberto Corlianò, autore, ancora una volta, del brano proposto. Torna sul palco Mattia Denti con la cavatina di Silva dall'Ernani di Giuseppe Verdi, “Infelice!... e tuo credevi”.
Abbiamo cominciato con lo struggimento del ricordo, siamo passati attraverso l'amore e il demonio, sino a giungere all'offesa e al tradimento; ora siamo al sogno, il “Sogno di Doretta” da La rondine di Giacomo Puccini, opera simbolo di quanto il cimento con l'operetta viennese sia periglioso, se pure il genio lucchese decise di desistere dal consacrare il suo nome anche al genere ingiustamente definito minore, costretto a ripiegare sull'opera tradizionale. Ovviamente la nostra Doretta è stata il soprano Maria Letizia Grosselli. La preghiera ha fallito e il sogno è alla fine, ci risvegliamo, perché il concerto sta per concludersi e “Già i sacerdoti adunansi”, come recitano i versi di Antonio Ghislanzoni per Aida di Giuseppe Verdi, con le voci di Rubens Pellizzari e Nino Surguladze, ad accompagnarci ai saluti finali.
Una preghiera che speriamo non cada nel vuoto, come il destino di Amneris, Radames e Aida, quella rivolta da Verona Lirica a sostenere Associazione Oncologica Italiana Mutilati della Voce, nell'ambito di una beneficenza che si rinnova di anno in anno.
I nostri complimenti vanno come sempre al dott. Tuppini, presidente del circolo, e a tutto l'organigramma salito sul palco al termine del concerto.