di Antonio G. Ruggeri
Dopo il debutto scaligero dello scorso autunno, Maxim Mironov torna a Milano, questa volta per un recital al Teatro Rosetum, e incanta per la maturità tecnica e vocale, la padronanza belcantistica, per il modo di porgere e la musicalità. Un recital elettrizzante, ben sostenuto al piano da Richard Barker, che spaziava dal Rossini più virtuosistico a Mozart, al Donizetti romantico.
MILANO, 5 aprile 2014 - Il tenore Maxim Mironov, voce tra le più importanti nel repertorio belcantistico dell’attuale panorama lirico, dopo il debutto emozionante nell’autunno scorso come Dorvil nella Scala di seta di Rossini al Teatro alla Scala, dove si spera di ammirarlo nuovamente e al più presto, è tornato ad esibirsi a Milano per una seconda volta. In questa occasione si è presentato in un recital dall’esito felicissimo al teatro Rosetum, che ha permesso così anche al piccolo teatro milanese di distinguersi per la sua interessante programmazione, curata con scrupolo e attenzione dal direttore artistico Gianmaria Aliverta.
Un concerto di canto normalmente dà la possibilità all’esecutore (ma anche all’ascoltatore) di confrontarsi con un programma articolato e in un vasto repertorio. Mironov ha offerto al pubblico del Rosetum cinque brani del compositore sicuramente a lui più caro, Gioachino Rossini, e dopo una parentesi mozartiana dal Cosi fan tutte, ha affrontato per la prima volta sei arie del repertorio tenorile donizettiano. Una grande sfida per qualsiasi cantante e piacevolmente vinta, confermando, oltre alla bravura vocale, anche una levatura artistica a tutto tondo. La voce, infatti, dal colore brillante ma nello stesso tempo morbida e rotonda, è sorretta da una tecnica vocale perfetta che gli permette di cantare con precisione, scioltezza e pulizia i vari passaggi di agilità, con un'intonazione fermissima e con una naturalezza quasi sfrontata (tanto sembra costargli poca fatica) le note acute e sovracute. Notevole, poi, il continuo tentativo di migliorare e affinare un’interpretazione che negli anni, tenendo sempre come punto di riferimento una fedele lettura dello spartito, si è fatta più consapevole, personale sia nel fraseggio, sia nel modo di porgere. Quello che infatti ha maggiormente sorpreso in Mironov è stata la sicurezza con la quale ha affrontato di volta in volta i personaggi donizettiani, sicurezza di riflesso trasmessa all'ascoltatore che ha potuto permettersi di gustare in tutta tranquillità l’esecuzione e di godere delle numerose prodezze vocali . Ascoltare Mironov insomma é stata una delizia per le orecchie degli appassionati d'opera. Già dall’aria iniziale “Languir per una bella “ dell’Italiana in Algeri si è capito fin da subito di che qualità sarebbe stata la serata: Mironov mostra di essere in ottima forma senza dare affatto l’impressione di dover “scaldare la voce”: appare divertito nei panni di Lindoro, scenicamente disinvolto e molto comico, cattura il pubblico con un timbro dolce, senza tralasciare virtuosismi e abbellimenti eseguiti con gusto e proprietà, oltre che con un fraseggio sempre vario. Come folgorato dallo stesso genio ispiratore che dettò a Rossini quella musica straordinaria, nell’aria “Che ascolto? Ahimè! Che dici!” dell’Otello, il tenore successivamente tratteggia con straordinaria credibilità ora l’appassionata disperazione di un giovane perdutamente innamorato e non ricambiato, ora l’inquietudine di un personaggio incapace di rinunciare all’idea stessa dell’amore. Dopo applausi assai festosi si cambia atmosfera con “Un'aura amorosa“, cesellata con dolcezza porta con impeccabile musicalità e cura nel rapporto tra melodia, armonia e parola. I tempi staccati sono lentissimi e ciòconsente al tenore di esibire i suoi lunghi fiati e la perfetta padronanza delle dinamiche vocali. Impeccabile anche la scena del principe Ramiro dalla Cenerentola ,”Si ritrovarla io giuro”, pulita e sognante nella parte centrale, in cui la voce corre con leggerezza e fluidità, seguita dalla cabaletta le cui agilità impervie sono rese senza nessuno sforzo e con una perfetta tenuta. Segue l’ esecuzione della famigerata aria "Cessa di più resistere" che solo pochissimi impavidi tenori hanno riportato alla luce: l’attacco è sicuro e franco, il fraseggio scandito e le puntature acute sono morbide e ben coperte. Un dolcissimo “piano” su “E tu, infelice” è seguito da un bel legato e da un perfetto rispetto del tempo rapido nel finale più acrobatico. La prima parte del concerto è cosi conclusa tra il prevedibile entusiasmo del pubblico.
Nella seconda parte, dopo l’intervallo, si è avuta una idea abbastanza chiara del repertorio a cui forse vorrebbe tendere il tenore nel suo futuro più o meno prossimo. “Sogno soave” e “Povero Ernesto” da Don Pasquale, “Ange si pur” dalla Favorite, “ Una furtiva lagrima” da L’elisir d’amore, “Tombe degli avi miei” da Lucia di Lammermoor, e “Ah Mes Amis”, da La fille du régiment indicano infatti una strada che probabilmente sta a cuore intraprendere al cantante russo, e con cui potrebbe ampliare il repertorio in una direzione diversa dagli attuali impegni rossiniani. È un’ambizione che darà certamente i suoi frutti positivi dopo l’esito lusinghiero ascoltato dal vivo sabato sera. Mironov ha adattato il proprio modo di cantare a uno stile diverso dal precedente, dimostrando grandi doti poliedriche nel passare da un’espressione teatrale tesa adun estremo virtuosismo vocale secondo la tradizione belcantistica italiana, al dramma brillante e romantico a tinte forti di Gaetano Donizetti. L’attenzione e la curiosità del pubblico è cosi aumentata davanti agli melodie liriche di Ernesto, in cui si è apprezzata più che mai la naturale morbidezza del canto, unita a un fraseggio sempre pieno di sentimento e sincerità, ritrovati poi anche nella versione francese di “Spirto gentil”, cantata con grande eleganza e perizia tecnica. A seguire c’è stata un’esecuzione di “ Una furtiva lagrima “di una tale pertinenza interpretativa da lasciare senza fiato: lunare, limpida, chiara, scolpita nella purezza, per niente languida e svenevole, con una sapienza nel saper dosare la voce in pianissimo e smorzare il canto in pause preziose da lasciare allibiti. Un Nemorino semplicemente perfetto! Come Edgardo invece Mironov conquista il pubblico a distanza, senza gonfiare le gote da tenore “di forza” ( cosa che non è certo nelle sue corde), ma aderendo con eleganza alle migliori intenzioni belcantistiche per la pulizia della linea di canto e per la la delicatezza degli attacchi, sottolineando con un fraseggio intenso l'ampi recitativo declamato, perfettamente centrato nell’equilibrio tra impeto eroico e passione amorosa. Conclude il concerto l’aria tenorile per eccellenza, quella di Tonio, in cui i famosi nove Do consecutivi sembrano per lui quasi uno scherzo, eseguiti per di più con una spiccata e coinvolgente personalità.
Oltre alla bravura straordinaria del cantante ciò che ha conquistato progressivamente è stata la spontaneità e l’evidente piacere, possiamo dire l'entusiasmo espresso nel canto unito alla delicatezza della persona, alla simpatia naturale emanata e alla figura bella ed elegante. Uguale piacere e gusto lo offre il m° Richard Baker, che accompagna le voci sempre con padronanza e precisione e che ha avuto modo di mostrare la sua preparazione tecnica insieme con un raffinato gusto espressivo nell’interpretazione di un Improvviso per Goldoni scritto dal pianista stesso e dell’Intermezzo n. 1 op. 119 di J. Brahms, nei giusti momenti di pausa per il tenore tra le varie sequenze del concerto. Di fronte agli applausi fragorosi Mironov si è dimostrato generosissimo offrendo tre bis, a loro volta richiesti, attesi e sperati da parte di un pubblico entusiasta: da Der Rosenkavalier di R. Strauss “Di rigori armato” (interpretazione magistrale), da Rigoletto di G. Verdi “La donna è mobile” (tra l’esultanza generale) e infine ,in omaggio al folklore della terra originaria, una Kalinka di I. P. Larënov cosi viva, accattivante e contagiosa che ha lasciato il pubblico ad applaudirlo ancora per lunghissimi minuti.