Nuova musica

di Giuseppe Guggino

 

La rassegna di musica contemporanea organizzata dal Teatro Massimo di Palermo tra il 27 settembre e il 5 ottobre, congiuntamente alla nomina di un nuovo Direttore artistico (tra l’altro impegnato come concertista nella rassegna) e di Gabriele Ferro come nuovo Direttore musicale, segna il nuovo corso delle sorti del Teatro.

Palermo, 3 ottobre 2014 - Pensata come ideale prosecuzione delle “Settimane Internazionali di Nuova Musica” degli anni ’60, la rassegna “Nuove Musiche” del Teatro Massimo di Palermo torna ad imporre la musica contemporanea come strumento di narrativa del presente. Così in questa settimana di fine settembre si è avuto modo di assistere, con cadenza più o meno giornaliera, ad un seminario, un concerto pomeridiano e un concerto serale.

Il concerto pomeridiano di venerdì scorso, nella piccola sala ONU adiacente la sala grande del Basile, ha dato modo di ascoltare per la prima volta a Palermo i prestigiosi Neue Vocalsolisten Stuttgart, formazione di sei solisti a cappella dediti esclusivamente alla musica contemporanea. Il corposissimo programma proposto ha consentito ai vocalisti di sorprendente bravura l’investigazione più varia possibile delle infinite risorse della voce umana; non c’è tecnica di fonazione tra le più strane e innaturali che rimanga inesplorata, dal bisbiglio all’urlo, dal fischio al rutto, con una coordinazione, un affiatamento e un controllo che ha dello sbalorditivo.

“L’alibi della parola” di Sciarrino costringe al sibilo continuo - quand’anche appare qualche sintomo del ballo di San Vito - Daniel Gloger (controtenore), Martin Nagy (tenore), Guillermo Anzorena (baritono) e il bravissimo Andreas Fischer (basso); poi si prosegue con il canto teso e disperato in “nicht Ichts – nicht Nichts” di Heinz Holliger che consente di apprezzare anche Susanne Leitz-Lorey (soprano) e Truike van der Poel (mezzosoprano). Gli estratti da “Scripvura antiqva” dell’andaluso José M. Sánchez-Verdú ripropongono il tema stravinskiano o respighiano delle suggestioni offerte dalla musica del passato, mentre “Cuatro Citas de Juan Goytisolo” di Manuel Hidalgo è un’unica linea di canto che rimbalza alternativamente tra controtenore e soprano, lasciando all’altro il ruolo di basso continuo tenuto con un effetto mantra “Oṃ”.

L’ultimo lavoro in programma, che più che un pezzo è una vera e propria pièce teatrale, è “a-ronne” di Luciano Berio dove, alle prese con il testo di Sanguineti, i Vocalsolisten (tranne il soprano) esibiscono un’insospettata verve attoriale, con Anzorena ammiccante danzatore, Fischer dongiovannesco corteggiatore della Van der Poel e gli altri due solisti fastidiosi disturbatori; e il pubblico è conquistato.

Dei pezzi due sono le cose che, in fondo, costituiscono il denominatore comune: il ridurre il testo a brandelli sillabici poco se non niente affatto intelligibili e il declinarlo – il più delle volte solo per citazioni – il idiomi continuamente mutevoli fino all’effetto Torre di Babele; segni di un’incomunicabilità di linguaggio o di contenuti? Segni dell’oggi.

Un po’ più a ieri guarda il concerto serale nella sala grande con l’Orchestra del Teatro Massimo diretta dal neo-direttore musicale Gabriele Ferro; e si tratta di un piacevole ritorno giacché il maestro Ferro, da un’Armida di Gluck del 1974, è presenza costante a Palermo, sia all’Orchestra Sinfonica sia al Massimo dove ha diretto innumerevoli opere e concerti tra cui ben due edizioni di Cenerentola e, negli ultimissimi anni, Pélleas et Mélisande, Salome, Genoveva di Schumann, Z mrtvého domu di Janacek e Madama Butterfly, oltre che Feuersnot a inaugurazione della presente stagione d’opera; una nomina nel segno della continuità, quindi. Fa suonare bene l’orchestra nel Pulcinella di Stravinskij, privilegiando il lato della cantabilità pergolesiana che il testo vuole rievocare; purtroppo lo seguono poco i solisti, ossia Julie Mellor, Antonio Corianò e Tomislav Lucic, che sono invero modesti. Viceversa la risposta dalle prime parti dell’Orchestra, a parte una tromba non molto disciplinata, è ottima con Salvatore Greco al violino, Christian Ciaccio al contrabbasso e Dalmar Nur Hussen al trombone.

Il tema del rapporto con la musica del passato ritorna nel secondo brano in programma, “Après Josquin” dedicato da Giorgio Battistelli al compositore rinascimentale fiammingo Josquin des Prez, una partitura che da una nebulosa primordiale di archi fa emergere brandelli di musica arcaica eppure con un risultato complessivo di grande suggestione.

Nella Suite da L’Oiseau de feu figurano bene gli archi gravi iniziali, le svolazzata korsakoffiane dei legni fino alle sferzate delle percussioni nella Danse infernale (con qualche occasionale incidente ancora di trombe e corni) e al trascinante finale che vale il successo convinto tributato dal numeroso pubblico presente.