A Roma è stato presentato un Docufilm dedicato alla scrittrice e illustratrice Giana Anguissola, fra coraggio, spirito, amicizie da nascondere e collaborazioni sorprendenti.
Il più grande romanzo dedicato al balletto, ambientato dentro la Scala di Milano? È Priscilla di Giana Anguissola, solo in prima istanza destinato alle bambine. È protagonista una bambina, certo, che frequenta la scuola di danza del massimo teatro italiano. Ma quel mondo è descritto con realismo magico, con humour, con grande vivacità di dettagli; vi è menzionata ed esaltata, per la prima volta nella letteratura, la Callas; vi figurano anche lo scenografo Nicola Benois, e, anonimi ma riconoscibilissimi, il sovrintendente Antonio Ghiringhelli, il critico Teodoro Celli e ovviamente Esmée Bulnes, direttrice del corpo di ballo scaligero in quel 1957 in cui si svolge Priscilla.
Giannina – ma sempre si firmò Giana - Anguissola nacque a Travo, vicino a Piacenza, nel 1906 e solo sessant’anni dopo morì a Milano – metropoli che descrive così finemente, “in ricchezza e in povertà”, si vorrebbe dire, anche in Il signor Serafino, Coda di cavallo e Io e mio zio. Di famiglia semplice ma non povera, studiò pittura, lesse moltissimo ed ebbe sempre il concreto desiderio di diventare scrittrice. Tra il ’24 e la precoce morte lo è stata, e con che personalità. Giana si recò a via Solferino a Milano a diciassette anni, e con una bugia – disse che la mandava la celebre Annie Vivanti, che invece avrebbe conosciuto solo molti anni dopo – riuscì a parlare con il mitico direttore Luigi Albertini. L’incontro fu positivo, l’audacia e l’intelligenza della ragazza piacquero. Cominciò presto una collaborazione intensa con tutti i periodici legati al Corsera, Il Corriere dei Piccoli, La Domenica del Corriere, La Lettura. È del ’31 la pubblicazione del Romanzo di molta gente, amaro affresco di provincia che recentemente è stato messo in scena.
La Fondazione Ernesta Besso di Roma celebra tutte le donne che non si sono mai arrese ai condizionamenti sociali e familiari e hanno perseguito la loro vocazione professionale o artistica; nella sua sontuosa sede a Largo Argentina ha ospitato un importante tributo a questa scrittrice. La storia della vita della Anguissola è raccontata in un docufilm proiettato nello splendido Palazzo Besso il 24 gennaio scorso, con abbondanza di materiale visivo e documentale inedito. Con tanto coraggio e una piccola bugia, del regista e soggettista piacentino Roberto Dassoni, offre un ritratto sfaccettato dell’iperattiva artista, donna moderna e ambiziosa: romanziera, autrice radiofonica e, fin dal ’54, televisiva, illustratrice - quelli che lei chiamava i suoi “pupazzetti” davano ai suoi racconti una sigla personalissima. Tra le voci narranti c’è Giovanna Zucconi. Numerosi sono i contributi critici, tra i quali quelli di Luana Salvarani e Angelo Nobile dell’Università di Parma, Chiara Anguissola (parente? Giana per esempio NON era parente della pittrice Sofonisba, nonostante un’altra “piccola bugia” allegramente narrata in Io e mio zio), del fumettista Giovanni Freghieri, delle editrici Fiorenza Mursia e Barbara Schiaffino della rivista Andersen.
Negli anni ’30 la Anguissola lavorò alla Scala come assistente ai costumi e alle scene dello storico “Caramba” (Luigi Sapelli, direttore degli allestimenti). Nel ’33 sposò Rinaldo Kȕfferle, intellettuale di origini russe al quale si deve, tra le molte traduzioni, il libretto italiano del Ratto dal serraglio. La coppia frequentava Arnoldo Mondadori, Orio Vergani, Giò Ponti, la poetessa Lina Schwarz, e durante la guerra sfollò in una comunità di fedeli di Rudolf Steiner vicino ad Arcisate. Con tutti questi precedenti, sorprende la rivelazione più eclatante del documentario di Dassoni (nell’attuale clima politico non è più un segreto, evidentemente): una lunga e affettuosa amicizia con Mussolini. Nel dopoguerra la Anguissola – che mai scrisse una parola a favore del fascismo né mai rifiutò amicizia e stima a colleghi ebrei - dovette supplicare il cardinale Schuster perché non permettesse la pubblicazione delle sue lettere al duce, che avrebbero danneggiato la sua immagine professionale. In Con tanto coraggio interviene anche il figlio Riccardo Kȕfferle, nato nel ’43.
Rimasta vedova nel ’51, Giana si accostò, come si è detto, a radio e televisione, sceneggiando molti dei suoi racconti e romanzi, e anche Le avventure di Pinocchio. La produzione letteraria per adulti si esaurì e l'attenzione dell’Anguissola si concentrò sulla letteratura per i giovani, con una straordinaria serie di libri sia realistici come Il signor Serafino, Io e mio zio (libro del cuore di tutti i gattofili), Violetta la timida, Le straordinarie vacanze di Violetta, Marilù sia fantastici o se si vuole di elegante fantasy, quali L’inviata specialissima, Priscilla, l’originalissimo Lolli che narra di un buffo alieno bambino che atterra in una compagnia di marionette lombarde, La bottega dell’orefice. È uscito postumo, nel 2007, il suo divertente Buona tavola e belle lettere, simpaticissimo ricettario di cucina lombarda ed emiliana. Era stato un suggerimento di Orio Vergani, che apprezzava moltissimo gli anolini, il brasato e l’osso buco di Giana.
È giusto rendere omaggio a questa vivacissima, attivissima autrice, padrona della lingua e dell’immaginazione. Aggiungo qui qualcosa che forse nessuno, o quasi, sa: nel 1956, su Topolino, Gina Lollobrigida prestò il bellissimo viso a una rubrica di posta con il nome “Fata Fantasia”: a rispondere ai piccoli lettori era, nel suo stile personalissimo e inconfondibile, Giana Anguissola.