La Donna della critica musicale italiana

di Veronica Pederzolli

«Sulle scale noi donne siamo più veloci, soprattutto senza tacchi». Eppure sono poche, anzi pochissime, le donne che in teatro hanno potuto correre verso i telefoni, per dettare il loro pezzo alla redazione mentre i colleghi - tutti maschi - ticchettavano qua e là con piedi e dita, in attesa di fare altrettanto. «Io ero sempre la prima», racconta ridendo Carla Moreni, giornalista milanese e critico musicale (come ama definirsi) dal 1993, quando Massimo Bernardini, capo della redazione spettacoli per Avvenire le chiese: «vuoi provare?».

Morenita

Lo stava chiedendo a una trentaquattrenne musicista e con una laurea in Storia della Musica che, dopo la scuola di giornalismo a Milano in una classe di diciotto uomini e due ragazze, aveva alle spalle sette anni di giornalismo “ancillare” da terza firma per Il Giorno. Tra il 1986 e il 1993 la corsa per Moreni era verso la redazione di piazza Cavour a Milano, dove di fronte alla macchina da scrivere forgiava la grande fluidità della sua penna a forza di «Morenita, correggi domani!». «Non ho mai rifatto un pezzo - svela Moreni -, ho sempre mantenuto la lezione del mio primo maestro, il caporedattore Mario Nicolao: il pezzo è quello, il prossimo lo farai meglio».

Per il quotidiano milanese scriveva soprattutto interviste. Le recensioni, con piccoli spazi, solo quando il titolare si assentava e il vice era in vacanza. Questo finché il titolare della critica di Avvenire passò al Corriere della Sera. Così Moreni inaugurò una carriera che la portò a essere la prima donna in Italia a rivestire questo ruolo in maniera continuativa e con gli stessi spazi concessi a penne maschili.

La prima delle prime

Gli archivi raccontano che altre giornaliste o musicologhe come Giuseppina Manin o Franca Cella produssero eccellenti contributi critici, ma in maniera saltuaria e occasionale. È lei la prima ed è di fatto l’unica, ancora, se si parla di musica colta e carta stampata: “è pazzesco”, esclama Moreni con la sua teatralità contagiosa, «effettivamente ho iniziato in un ambiente totalmente maschile; le donne che incontravo non osavano esprimere giudizio». Coup de théâtre: Bernardini non decise solo di assumerla ma anzi, la spronò a cercare un proprio stile, tutto femminile. «Grazie al suo stimolo ho guardato a Camilla Cederna, a Oriana Fallaci e a Natalia Aspesi», svela Moreni. Che ci sia riuscita è un dato certo, e lo testimonia l’assunzione a Il Sole 24 Ore. Nell’ottobre del 2000 Moreni conquistava uno spazio saliente per la critica musicale: l’inserto culturale della Domenica.

Tocchi di stile

Nel recensire Guerra e pace di Sergej Prokof'ev andato in scena il 29 settembre 2000 in Scala nel suo primo articolo per Il Sole 24 Ore, Moreni mise subito in luce le cifre stilistiche della sua penna. Innanzitutto il suo universo immaginifico così libero e poetico: l’orchestra diventa una falange inespugnabile, le mani di Valery Gergiev farfalle. O ancora il racconto di particolari che trasportano il lettore in teatro: il «tic nervoso», le «giacche abottonatissime» e «il ciuffo sempre più rado» del maestro. È chiaro che per Moreni la performance è comunicazione con il pubblico che non manca mai di raccontare, come ha fatto per i «loggionisti inferociti» di Guerra e Pace. Il lessico gioca qui a essere belligerante e nel recensire la parte più musicale definisce ruvido il suono dei quadri corali, attraverso una di quelle sinestesie che le sono care tutt’ora.

C’è poi l’intento educativo che disegna un iter nella sua produzione: come se i suoi pezzi non possano concludersi con lo scritto, ma debbano prolungarsi nella curiosità del lettore. Ed ecco che l’allestimento scaligero di Prokof'ev avrebbe fatto invidia perfino a Paolo Uccello.

È Carla Moreni

«Per ventiquattro ore l’Italia che pensa, che parla, che scrive si è fermata su un problema insormontabile: il “do” della Pira». Questo è solo uno dei tanti incipit spassosi e mangerecci della penna di Moreni. La sua ironia è un’altra chiave di interpretazione di uno stile che parla di musica giocando con la musica stessa e che è testimone della forza del teatro. Dà stroncature quando necessario, lo ha appena fatto con il Rossini Opera Festival, ma giudizi mai. D’altronde per Moreni il giornalista è uno storico dell’istante: «il destino di un articolo è spesso nella lettiera di un gatto». Eppure proprio con un articolo ha vinto la Prima edizione del "Premio europeo di critica musicale Aldo Cesaraccio”. Eppure con i suoi scatti e le sue corse ha aperto e continua ad aprire la strada alle donne che la vorranno seguire.

«La critica femminile andrà avanti - dichiara Moreni - e lo dimostrano le olimpiadi: i pezzi più belli erano firmati da donne. Anche la critica musicale si arrenderà, c’è già il lavoro di Roberta Pedrotti a darne esempio. Un desiderio? Che il suo futuro resti nelle pagine di carta o comunque nella meravigliosa rete del giornalismo, una palestra non solo di comunicazione, ma anche di cultura e democrazia».

Veronica Pederzolli