Fra la prova generale, ospite d'onore Raina Kabaivanska, e un confronto con la diretta streaming, la nuova produzione emiliana del capolavoro di Rossini ispira qualche riflessione.
Strane le vie per cui si torna a Rossini, dopo aver deciso di non volerlo più ascoltare – non voler più ascoltare, cioè, come viene cantato da un quarto di secolo a questa parte. Un pomeriggio che prevedevo di pigrizia a causa della pioggia al di là dei vetri, fatto di reminiscenze e di marrons glacés, diventa invece una missione: Raina Kabaivanska mi annuncia che la sua allieva Aida Pascu sta per affrontare la generale del Mosè in Egitto al Teatro Comunale Pavarotti-Freni. Siamo a Modena e l’allestimento rossiniano inaugura la stagione; è una coproduzione tutta emiliana della versione 1819, che avrà luogo anche a Piacenza e Reggio Emilia.
Parte quindi la ricerca di un tassì e parte anche la voglia di sapere della docente: hai già visto quest’opera? Com’è la versione francese? Il capolavoro di soggetto biblico del 1818-’19 sono quasi certa che debba la riscoperta a quel fenomeno della vocalità tenorile che negli anni ’80 e ’90 fu Rockwell Blake. A Pesaro, a Roma, a Napoli la sua interpretazione del personaggio di Osiride fu non soltanto mozzafiato, ma proprio una pagina nuova nella storia della vocalità rossiniana. Poi le domande le faccio io e apprendo che Aida Pascu è rumena, studia con la Kabaivanska da tre anni e sempre con lei ha preparato il ruolo di Elcia.
Al Teatro Comunale il pubblico della generale include, oltre ai soliti lavoratori del teatro e amici dei cantanti, una classe di liceali che, alla domanda di Raina, si dichiarano interessati. Nel foyer un giovanotto accoglie la Kabaivanska con un po’ di emozione; si emoziona anche lei quando scopre che si tratta del regista del Mosè, Pier Francesco Maestrini, figlio di quel Carlo sotto la cui direzione scenica Raina a suo tempo ha lavorato proficuamente in vari ruoli, tra i quali Suor Angelica e Butterfly.
Le scene dello spettacolo sono scandite da sipari con versetti dell’Esodo che raccontano i momenti più drammatici della trattative di Mosè con il Faraone, delle piaghe d’Egitto e del salvataggio del popolo eletto attraverso il Mar Rosso. Maestrini – dovremmo dire Maestrini Jr. ? – ha inscenato l’opera con video tridimensionali che creano una realtà pressoché cinematografica. Le tenebre, la luce, la pioggia di fuoco, l’apertura e poi la chiusura del Mar Rosso, che sono i momenti cruciali del libretto di Andrea Leone Tottola, circondano gli attori e lasciano un’impressione di realtà virtuale assai efficace. Gli appartamenti del Faraone ricordano, che so, il museo di Ercolano o altri musei – o acquari – evocati con proiezioni. Il direttore Giovanni Di Stefano punta a una teatralità vivace, con un’orchestra, la Filarmonica Italiana, che ha un’ottima sezione di fiati.
Chi scrive ricorda quella lontana Semiramide a Pesaro in cui Michele Pertusi siglò per certi versi il “passaggio di consegne” del ruolo di Assur e in generale di basso rossiniano protagonista da Ramey a se stesso. Ascoltarlo oggi a Modena come Mosè dà quasi sempre l’impressione che questi decenni per la sua voce non siano passati. La giovane Pascu canta Elcia con bel timbro, ampiezza di fiati e coloratura sicura. Un’altra sorpresa rossiniana, forse la più felice di questa “generale”, è Dave Monaco, tenore da cui molto si attende e che domina con buoni risultati il difficilissimo ruolo di Osiride. Mariam Battistelli comeAmaltea e Angela Schisano come Amenofi cantano con suoni fermi e interpretano con sicurezza. I due “cattivi” Faraone e Mambre sono rispettivamente Andrea Pellegrini e Andrea Galli, giusti per vocalità e teatralità; al secondo si addicono particolarmente i costumi – sobrii, senza bizzarrie o anacronismi – di Stefania Scoraggi. Il teatro, come si è detto non pieno, applaude con calore e negli intervalli non mancano visite cordiali alla Kabaivanska.
Due giorni dopo colgo lo streaming della prima e posso così paragonare la resa della generale con quanto vede il pubblico della stagione, e inserire meglio nel loro contesto i video e le proiezioni di Nicolas Boni – opera del laboratorio di scenografia del Comunale di Modena - che supportano la regia di Maestrini. Aida Pascu-Elcìa e Matteo Mezzaro-Aronne mi sembrano invariati sul piano vocale, il coro, che forse alla generale era giunto un po’ stanco a “Dal tuo stellato soglio”, a questa prima gode di un trionfo; mentre – o per nervosismo, o per stanchezza o più semplicemente per una ricezione sonora diversa - gli altri evidenziano emissioni non fermissime. Ma si conferma l’impressione di un Rossini rappresentato con intelligenza e giusto stile.