di Roberta Pedrotti
Leggi anche la recensione del concerto.
[l'intervento di Zhu Xiao Mei, dal minuto 0:56, è seguito dalla traduzione italiana dal minuto 2:10 e dalla ripresa finale dell'Aria dalle Variazioni Golberg dal minuto 3:06]
Nell'immaginario collettivo del nostro occidente, sarà facile che il pensiero della Rivoluzione Culturale cinese si associ a immagini cinematografiche. A L'ultimo imperatore di Bertolucci, per esempio, o ad Addio mia concubina di Chen Kaige, che vede le vicende private di Douzi e Shitou scorrere in parallelo al forzato tramonto dell'antica Opera di Pechino, alle cui vicende tradizionali si sostituiscono epopee operaie. Per un curioso ribaltamento, poi, troveremo nel 2006 Zhang Yimou girare il più fastoso e sgargiante dei film wuxia (il cappa e spada cinese), La città proibita, trapiantando in una fiabesca e remota età imperiale il soggetto borghese e novecentesco del Temporale, fra i testi più noti di Cao Yu (1910-1996), forse maggior autore teatrale cinese del XX secolo, ibseniano e filoccidentale, malvisto ai tempi di Mao e rivalutato in seguito.
Cosa sia veramente l'universo culturale di un Paese grande quasi quanto l'Europa intera e con all'incirca il doppio degli abitanti, in che modo la sua storia millenaria e l'ultimo secolo l'abbiano segnato, è difficile comprenderlo davvero, toccarlo con mano al di là di ciò che ci giunge dal cinema, dalla letteratura, dai media o che incontriamo nelle nostre città sempre più globalizzate.
L'incontro con Zhu Xiao Mei a Bologna ha permesso di vivere un pezzo di storia nel segno che questa ha lasciato nella lettura di Bach da parte della pianista cinese, invitata anche ad aprire con un saluto (nel suo stile sobrio e schivo, tutto concentrato sulla musica) il convegno sui diritti umani promosso da Inedita per la Cultura con l'Ordine degli avvocati e la Fondazione Forense Bolognese.
Poche parole, le sue, ma che, con le note di Bach, esprimono molto più di quanto non possano mille discorsi.