L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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NOTE DEL DIRETTORE

di Vittorio Parisi

Quando Giancarlo Facchinetti è mancato il 6 giugno del 2017 ho pensato immediatamente al pericolo che il suo ricordo, musicale e umano, fosse affidato principalmente al lato disimpegnato, se non addirittura goliardico, della sua personalità. Non avevo tutti i torti perché qualche deriva di questo tipo c’è già stata ed è semplice capire il perché: è molto più facile, molto meno impegnativo e quindi molto superficiale, laddove la personalità del Facchinetti musicista e uomo è molto complessa, totalmente opposta a quelle caratteristiche, in particolar modo alla superficialità, che detestava. C’è da essere grati al Teatro Grande non solo per l’idea di inserire nella stagione lirica la cantata scenica Viaggio musicale all’inferno ma anche di averla potuta accoppiare con la Musica da Teatro e con Hügelchen nella sua seconda versione. La scelta di musiche tanto diverse rende giustizia all’eclettismo del Maestro che è una delle sue tante “cifre”, forse quella che lo raffigura nel modo migliore. Non so quanto abbia contribuito la consapevolezza di non avere più molto da vivere nella concezione del Viaggio ma certamente una idea di “riassunto” è presente in questo lavoro. Per come l’ho conosciuto, Facchinetti non era però il tipo da andare in crisi nel suo rapporto con la musica, ha sempre scritto tantissimo, senza interruzioni, un progetto e una idea dopo l’altra. Pur connotando il Narratore di aspetti personali, Facchinetti amava disorientare e lo fa anche qui. Il Narratore è lui ma non è lui. È certamente nella stesura musicale che il riassunto è più evidente. Se non si parte dalla sua cifra eclettica non lo si può interpretare nella maniera più corretta. Nel Viaggio troviamo quasi tutti i tipi delle sue esperienze musicali con qualche esercizio di stile mai banale. Banale sarebbe stato, per esempio, riempire di citazioni un testo che richiama in poche battute testi di opere liriche straconosciute, cosa che Lui ovviamente non fa. Ma c’è il totale cromatico, la dodecafonia, il neoclassicismo, la sottolineatura ironica, lo spirito a volte persino urticante e una consistente dose di simil barocco e simil preclassico. E, grazie al testo di Faini, qualche frecciatina che non si mancherà di notare verso le cose o le persone che nel mondo musicale più lo disturbavano. Un testamento ideale? Questo forse è pretendere troppo perché il vero testamento è l’insieme della sua vita artistica che ha esplorato tanti molteplici aspetti con la solidità ricevuta dalla scuola bettinelliana. Facchinetti amava diversificare il suo stile a seconda della destinazione o del significato che le opere assumevano per lui. Musica da Teatro è uno straniante esempio di scritture opposte, quasi uno scontro fra passato e presente, fra la scrittura classica e quella semi aleatoria. Hügelchen è un brano duro, dodecafonico in cui l’Autore non lascia spazio a serenità ma solo al drammatico. Se rapportiamo questi brani al Viaggio non sembrano nemmeno scritti dalla stessa persona. Appunto.


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