Punti di partenza, d'arrivo, di passaggio
di Roberta Pedrotti
Meritato successo per il concerto istituzionale dell'Accademia della Scala, che ha visto cantanti e orchestra impegnati in un intenso programma fra Donizetti, Verdi, Puccini e Leoncavallo sotto la direzione di Alessandro Bonato, al debutto nella sala del Piermarini.
MILANO, 16 giugno 2024 - Punti di partenza, punti d'arrivo e di passaggio. Un teatro come La Scala è (o dovrebbe essere) senza dubbio un punto d'arrivo nella carriera di ogni artista, ma può essere anche un legittimo punto di partenza se si ha la fortuna e la perspicacia di dare la fiducia alle persone giuste o se si guarda ai percorsi formativi interni che sotto l'egida dell'Accademia hanno affiancato alla storica scuola di ballo e ai corsi per cantanti (eredi della stagione feconda dei “cadetti della Scala”) anche sezioni dedicate ai giovani professori d'orchestra, ai maestri collaboratori e a tutti i mestieri del teatro musicale. Perché, giustamente, se il prestigio della Scala dovrebbe essere il coronamento e la consacrazione di una carriera, non meno importante è la responsabilità di contribuire al perfezionamento e alla preparazione delle nuove generazioni.
Eccoci dunque, con gioia, a seguire il concerto istituzionale dei cantanti e dell'orchestra dell'Accademia della Scala, un momento di passaggio fondamentale perché il percorso di studi che ha reso il teatro milanese un punto di partenza li proietti verso nuovi traguardi e li veda magari tornare non più come allievi, ma come artisti affermati. Oggi festeggiamo due diplomi (quelli al tenore Pierluigi D'Aloia e al basso Huanhong Li) e il congedo del soprano Greta Doveri dopo un corso esteso in via eccezionale da due a tre anni.
D'Aloia, Huanhong Li e Doveri sono artisti che avevo già avuto modo di ascoltare, apprezzando così in misura ancor maggiore la loro evoluzione. Il tenore italiano, che al Piermarini si è prodotto in “Ah! Mes amis” dalla Fille du régiment, ha dimostrato di sapersi migliorare costantemente, correggendo alcune incertezze d'emissione riscontrate nei suoi primissimi passi per consolidare una vocalità chiara e brillante [leggi la recensione del Signor Bruschino a Bologna nel 2022]. Ci auguriamo davvero che la qualità dello studio dimostrata finora permetta a questo giovane di godere di belle soddisfazioni in futuro. Il cinese Li era stato la scorsa estate fra i solisti di un notevolissimo Requiem verdiano per la stagione estiva di Santa Cecilia a Roma [leggi la recensione] e ora nei panni di Attila sembra ancor più sicuro e a suo agio, forte anche di una chiara dizione italiana. Si ricorda, infine, Doveri come una delle pochissime luci in una spenta Bohème ascolana [leggi la recensione]: allora ci sì augurò di riascoltare il giovanissimo soprano e con piacere lo ritroviamo a risolvere con disinvoltura la parte insidiosa di Nedda nei Pagliacci. La voce è dotata di un metallo penetrante, ma non appare per questo dura o tagliente, bensì sonora e timbrata, capace di reggere l'ardente scrittura di Leoncavallo mantenendo il carattere volitivo e sensuale del personaggio. Al suo fianco, nel lungo duetto d'amore, William Allione è un Silvio persuasivo, dall'emissione pulita e dall'espressione decisa e appassionata.
Il baritono Wonjun Jo si presenta come Rigoletto nel duetto con Sparafucile (il basso Xhieldo Hyseni), ma è poi nella scena dell'agnizione da Simon Boccanegra che convince maggiormente per il suo canto limpido, dolce e signorile. Molto bene, accanto a lui, anche l'Amelia/Maria di María Martín Campos, altra voce ben impostata, piena e timbrata, chiara e sensibile nell'articolazione. Colpisce per l'energia, la qualità e lo smalto anche Laura Lolita Perešivana, impegnata in una parte da far tremar le vene e i polsi come quella di Elisabetta in Roberto Devereux, da cui ascoltiamo il duetto con il tenore Haiyang Guo, apprezzabile per il suo canto robusto senza forzature oltre che per la conferma della grande attenzione alla parola nei corsi curati da Luciana D'Intino. Guo, poi, sarà anche Pinkerton nel terzetto “Io so che alle sue pene” da Madama Butterfly, con il baritono Chao Liu, elegante Sharpless, e il mezzosoprano Dilan Şaka, Suzuki.
L'omaggio a Puccini, naturalmente, non si fermerà qui e, anzi, avrà, se non il culmine, un momento fondamentale nell'Intermezzo di Suor Angelica proposto in apertura della seconda parte. Il suono dell'orchestra si leva con una delicatezza impalpabile e pur presente, come nel tempo sospeso del purgatorio claustrale, un'indefinita serenità in cui sono imprigionati indicibili dolori. I giovani strumentisti scaligeri confermano la loro qualità e la loro sintonia con Alessandro Bonato dopo le collaborazioni ad Arezzo [leggi la recensione] ed Aix les Bains [leggi la recensione]. Ora, finalmente, è il debutto al Piermarini anche per il direttore veronese che si conferma la bacchetta più interessante fra gli under 40 italiani non solo per la qualità del musicista e la precoce maturità, ma anche per la serietà dell'approccio, per il suo avanzare senza bruciar le tappe atteggiandosi da fenomeno, anzi dimostrando prima di tutto un profondo rispetto per la musica e il lavoro. Lo si avverte subito, in apertura di serata, con una sinfonia da Les vêpres siciliennes rigorosa, lucida, controllatissima nei suoi equilibri e nei suoi slanci. Nondimeno ha convinto l'ispirato e meditativo gioco di dinamiche e colori in Puccini e, nella sinfonia da Giovanna D'Arco, la cura dei colori pastorali nell'Andante centrale, che diventa la chiave per una ripresa dell'Allegro non pedissequa, bensì memore di un percorso dialettico fra poli contrastanti.
Quel che va rilevato, oltre alla conferma delle qualità sinfoniche (e verdiane, e pucciniane) del direttore e dell'efficace empatia con l'orchestra, è la capacità di muoversi in un programma assai vario ed eterogeneo. Nel giro di pochi minuti si alternano il Donizetti lieve e francese e quello formalmente più audace di tutta la trilogia Tudor, il Verdi giovanile, quello della Trilogia popolare e quello della piena maturità, il canto di conversazione pucciniano e la densità del verismo di Leoncavallo. Ogni stile e ogni carattere si delinea chiaro nell'attenzione costante alle voci e alla situazione drammatica. Fra tanti, si citerà almeno il duetto da Simon Boccanegra, l'eco nostalgica della risacca “dove presso alla marina sorge Pisa”, la sensibilissima articolazione del racconto, la tenerezza quasi incredula dell'agnizione.
Si diceva, però, del culmine dell'omaggio a Puccini: arriva con il bis, quando tutti i cantanti si presentano al proscenio e per primo il tenore Guo intona “Bevo al tuo fresco sorriso”. Il brindisi dalla Rondine è la degna conclusione di una splendida serata e Bonato ribadisce come rigore e controllo non siano antitesi, bensì premesse fondamentali della poesia, di un'espressione autentica e profonda. Nell'opera, il colpo di fulmine sincero e spensierato fra Magda e Ruggero si trasforma in un inno ai sogni, ai desideri, alle aspirazioni di tutta una generazione. Stasera la sfilata dei “cadetti della Scala” del XXI secolo si trasforma nell'affermazione di un'arte che deve valorizzare il merito che non cerca l'effetto e l'autoaffermazione, ma che dallo studio rigoroso e attento derivante dall'amore e dal rispetto sa fondare un più alto sentire poetico. La Scala dovrebbe essere la casa di questi principi: non abbiamo fretta, ma confidiamo di ritrovarla, dopo essere stata punto di partenza e di passaggio, punto d'arrivo per chi ha dimostrato non solo la tecnica, ma anche la coscienza dell'artista.