L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

Teatro Bellini

Stagione 2021|2022

dal 20 ottobre al 7 novembre

DON JUAN IN SOHO

di Patrick Marber ispirato al Don Giovanni di Molière

regia Gabriele Russo

con Federica Altamura, Alfredo Angelici, Joele Anastasi, Noemi Apuzzo, Claudio Benegas, Claudia D'Avanzo, Mauro Marino, Alfonso Postiglione, Daniele Russo, Arianna Sorrentino

scene Roberto Crea

costumi Chiara Aversano

light design Salvatore Palladino

sound design Alessio Foglia

produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini

Gabriele Russo firma l'allestimento di Don Juan in Soho, la commedia in cui Patrick Marber (candidato all'Oscar per la sceneggiatura di Closer), partendo dal Don Giovanni di Molière, racconta le vicende dello spregiudicato DJ, (interpretato da Daniele Russo). Un Don Giovanni contemporaneo, antieroefascinoso, amorale e ambiguo, ma al tempo stesso sfacciatamente autentico, che si muove tra le mille luci di Soho, il quartiere della trasgressione londinese. Intorno a lui ruotano un caleidoscopio di tipi umani: l'escort, l’arrivista, la radical chic e una Elvira attivista ecologista, impegnata nella difesa di un ecosistema sostenibile, che il regista immagina come una Carola Rakete dei nostri giorni. Gabriele Russo, a proposito della scelta del testo ci racconta "Dopo sedici mesi di chiusura, la scelta non può non essere condizionata dal vissuto dell’ultimo anno e mezzo e dalle riflessioni sulla funzione del teatro che ne sono conseguite: edonismo, narcisismo, necessità di godere a ogni costo, desiderio di desiderio... Don Giovanni è un emblema di ciò che è inaccettabile, c’è però una radicalità nuova nel suo personaggio: quella di non recitare un ruolo, ma di esserlo. Allo stesso modo diventano radicali e corrispondenti al presente le domande che porta con sé questo specifico modo di agire: pur di sopravvivere e mantenere un’apparenza di vita immutata rispetto al passato, fino a che punto sono disposto a sacrificare le mie libertà?". È a partire, dunque, da un tema universale che saliremo insieme a un cast composto da 9 straordinari attori sulla giostra della vita di questo Don Juan contemporaneo, tradotta scenicamente da Roberto Crea in un grande rettangolo girevole.

dal 9 al 14 novembre

FURORE

dal romanzo di John Steinbeck
ideazione e voce Massimo Popolizio
adattamentoEmanuele Trevi
musiche eseguite dal vivo daGiovanni Lo Cascio
suonoAlessandro Saviozzi
luciCarlo Pediani
creazioni video Igor Renzetti eLorenzo Bruno
produzioneCompagnia Umberto Orsini – Teatro di Roma - Teatro Nazionale

Nell’estate del 1936, il San Francisco News chiese a John Steinbeck di indagare sulle condizioni di vita dei braccianti spinti in California dalle regioni centrali degli Stati Uniti, soprattutto dall’Oklahoma e dall’Arkansas, a causa delle terribili tempeste di sabbia e dalla conseguente siccità che avevano reso sterili quelle terre coltivate a cotone. Il risultato di quell’indagine fu una serie di articoli da cui l'autore americano generò, tre anni dopo, nel 1939, il romanzo Furore.

Quell'esperienza giornalistica, umana e politica è diventata grande letteratura e oggi un potentissimo Massimo Popolizio le presta corpo e voce, nell'adattamento firmato da Emanuele Trevi.

In Furore, così come nel suo fortunato Ragazzi di vita, andato in scena nel 2019 al Teatro Bellini, Popolizio si ritaglia il ruolo del narratore onnisciente per raccontarela più devastante migrazione di contadini della storia moderna, dando vita a un one man show epico e lirico, realista e visionario, drammatico e ironico, a cui i suoni dal vivo del percussionista Giovanni Lo Cascio e lo schermo su cui sono proiettati artwork e foto d’epoca in bianco e nero donano un interessante effetto cinematografico. Il risultato è un lavoro senza tempo, che racconta le dinamiche dell'ingiustizia sociale attraverso le storie e le emozioni dei singoli. Tutto, nel suo lungo racconto, sembra prendere vita con i contorni più esatti e la forza d’urto di una verità pronunciata con esattezza e compassione.

durata 75 minuti

dal 16 al 21 novembre

THE RED LION

di Patrick Marber

traduzione Marco Casazza

adattamento Andrej Longo

con Nello Mascia, Andrea Renzi, Simone Mazzella

scene Luigi Ferrigno

costumi Anna Verde

luci Pasquale Mari

colonna sonora Marcello Cotugno

regia Marcello Cotugno

coproduzione La Pirandelliana/Teatri Uniti

Marcello Cotugno prosegue la sua indagine sulla drammaturgia in lingua inglese affrontando per la seconda volta un testo di Patrick Marber: dopo Closer la pièce con cui Marber ha trionfato a Londra e Broadway e da cui è stato tratto l'indimenticabile film diretto da Mike Nichols con Jude Law, Clive Owen, Natalie Portman e Julia Roberts sceglie The Red Lion, una commedia amara ambientata nel mondo del calcio dilettantistico.

Siamo nello spogliatoio di una piccola squadra di calcio di provincia, che nell'adattamento di Andrej Longo è una provincia della Campania, luogo di sogni e speranze, dove l’allenatore e l’anziano factotum Nello Mascia e Andrea Renzi, già coppia calcistica ne L'uomo in più, il magnifico esordio di Paolo Sorrentino cercano di speculare sul talento calcistico di un giovane atleta, interpretato dal talentuoso Simone Mazzella. Si parla di calcio solo in superficie, perché sin da subito lo spettacolo mostra la sua vera natura di metafora della vita, in cui la storia è solo un pretesto e le contraddizioni del mondo del calcio suggeriscono una riflessione universale, spietata e ironica, sul concetto di lealtà e sul senso di appartenenza. Il racconto si dipana dinamico e convincente, grazie alla regia sapiente e alla bravura degli interpreti, in una continua alternanza fra i momenti di profondo lirismo e dialoghi crudi e funzionali, a restituire tutta la mediocrità e la violenza dello spogliatoio che appare ben lontano dall'essere un luogo di formazione ai valori sportivi.

durata 2 ore senza intervallo

dal 25 novembre al 5 dicembre

DAVID

drammaturgia e regia Joele Anastasi
c
onJoele Anastasi, Federica Carruba Toscano, Eugenio Papalia, Enrico Sortino
a
iuto regia Giuseppe Cardaci, Enrico Sortino
s
et designer Giulio Villaggio
l
ight-designer Martin Emanuel Palma
f
oto Dalila Romeo
v
ideo Giuseppe Cardaci
c
oreografia Fertango
s
cenotecnica Alovisi
u
no spettacolo di Vuccirìa Teatro
ProduzioneFondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini

Dopo Io mai niente con nessuno avevo fatto e Immacolata Concezione -spettacolo che quest'anno, a grande richiesta, tornerà al Piccolo Bellini - finalmente in scena al Bellini l'ultimo lavoro di Vùcciria Teatro:David, una storia dalla forte valenza simbolica e dall'estetica raffinata che la compagnia ha presentato in prima assoluta nell'ambito del Napoli Teatro Festival 2020. «Sangue mio! Fratello mio! Lo vedi? Finalmente mi vedi? Questa mia preghiera per te, tu per sempre la porterai con te, fino a quando di te non resterà solo un buco, un solco profondo che dal tuo cuore getterà via tutto il sangue. E per questo tu mi amerai all’infinito. E mai più questa nostra carne potrà dividerci e senza timore, io sarò in te. Come il mare che si specchia nei tuoi occhi. Senza paura ci ricorderemo della nostra promessa e di quando noi abbiamo unito il tempo. Perché io sono te. Perché tu, sei me. Vieni qua, fratello mio. Vieni da me. Stiamo nascendo un’altra volta, sangue mio. Come il mare che si specchia nei nostri occhi». È con queste parole che Joele Anastasi racconta la genesi di David, uno spettacolo che nasce dalla sua storia personale, attraversando un doppio piano espressivo. Il lavoro si configura in primo luogo come la rappresentazione ideale e artistica di un fratello, ma soprattutto è simbolo di una grande assenza. Attraverso le vicende di una famiglia che ha cristallizzato la presenza di un posto vuoto ad una tavola in un’ingombrante icona, David si converte in un rito che incarna un atto iconoclasta, liquefacendosi in materia.

durata 80 minuti

dal 7 al 12 dicembre

REGALO DI NATALE

di Pupi Avati
adattamento Sergio Pierattini
con Gigio Alberti, Giovanni Esposito, Valerio Santoro, Gennaro Di Biase, Pierluigi Corallo

scene Luigi Ferrigno

costumi Alessandro Lai

luci Pasquale Mari
regia Marcello Cotugno

una produzione La Pirandelliana

È la notte di Natale e quattro amici di vecchia data, Lele, Ugo, Stefano e Franco, si ritrovano per giocare a poker; hanno organizzato la partita con un "quinto", l'avvocato Santelia, un industriale molto ricco e molto noto nel giro per le sue ingenti perdite: il classico pollo da spennare. Gli amici decidono compatti di provare a battere l'avvocato, cosa che per Franco significherebbe ottenere la cifra necessaria a ristrutturare il cinema di cui è proprietario; è solo per questa ragione che decide di partecipare alla serata, nonostante un antico screzio mai risolto gli renda difficile condividere la serata con Ugo. Tutto contribuisce ad alimentare la tensione e ad alzare la posta in gioco, in breve la partita di poker si trasforma in qualcosa di molto più grosso e in un attimo, sul piatto non ci sono più solo dei soldi, ma anche il bilancio della vita di ognuno dei presenti: i fallimenti, le sconfitte, i tradimenti, le menzogne, gli inganni. Marcello Cotugno dirige la trasposizione teatrale dell'indimenticabile film di Pupi Avati spostando l'azione dal 1986 ai giorni nostri e scegliendo Gigio Alberti, Giovanni Esposito, Valerio Santoro e Gennaro Di Biase e PIerluigi Corallo per incarnarne tutta la profondità e l'amaro umorismo. Una riflessione cinica e graffiante sull'amicizia, sul ruolo del destino e sui valori della vita, che, grazie a uno sguardo lucido e tagliente, riesce a mantenere un perfetto equilibrio tra commedia e dramma.

durata 2 ore e 20 minuti compreso intervallo

dal 26 dicembre al 9 gennaio

LE CINQUE ROSE DI JENNIFER

di Annibale Ruccello

con Daniele Russo e Sergio Del Prete

scene Lucia Imperato

costumi Chiara Aversano

disegno luci Salvatore Palladino

progetto sonoro Alessio Foglia

regia Gabriele Russo

produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

Dopo il successo di pubblico dell’ultima stagione e il recente riconoscimento di critica al Premio Le Maschere del Teatro italiano (miglior attore protagonista a Daniele Russo e due nomination, per i costumi di Chiara Aversano e le scene di Lucia Imperato), torna Le cinque rose di Jennifer, uno dei testi più simbolici del drammaturgo napoletano Annibale Ruccello. Jennifer è un travestito romantico che abita in un quartiere popolare della Napoli degli anni '80. Chiuso in casa per aspettare la telefonata di Franco, l’ingegnere di Genova di cui è innamorato, gli dedica continuamente Se perdo te di Patty Pravo alla radio che, intanto, trasmette frequenti aggiornamenti sul serial killer che in quelle ore uccide i travestiti del quartiere. Il regista Gabriele Russo, per la prima volta alle prese con un testo di Ruccello, così lo descrive: «ci atteniamo alle rigide regole e alle precise indicazioni che ci dà l’autore stesso cercando di attraversare, analizzare, capire sera per sera, replica dopo replica un testo strutturalmente perfetto, che delinea un personaggio così pieno di vita che pare ribellarsi alla mano di una regia che vuole piegarlo alla propria personalissima visione. Non è un testo su cui sovrascrivere ma in cui scavare, per tirare fuori sottotesti, possibilità, suggestioni, dubbi». In scena, accanto a Daniele Russo, Sergio Del Prete nel ruolo di Anna, amica e confidente di Jennifer.

durata 90 minuti

dall’11 al 16 gennaio

L’ABISSO

di e con Davide Enia

musiche composte ed eseguite in scena da Giulio Barocchieri

spettacolo tratto da Appunti per un naufragio(Sellerio editore)
vincitore del Premio letterario internazionale "Mondello"

co-produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale, Teatro Biondo Palermo, Accademia Perduta/Romagna Teatri

in collaborazione con Festival Internazionale di Narrazione di Arzo

«Il primo sbarco l’ho visto a Lampedusa assieme a mio padre. Approdarono al molo in tantissimi, ragazzi e bambine, per lo più. Io ero senza parole. Era la Storia quella che ci era accaduta davanti. La Storia che si studia nei libri e che riempie le pellicole dei film e dei documentari». Così Davide Enìa racconta il punto da cui è partito per arrivare ad Abisso, lo spettacolo, di cui è autore, regista e attore, con cui ha incantato il pubblico dei più prestigiosi teatri italiani.

Dopo quel primo sbarco, l'artista ha trascorso molto tempo sull'isola, per raccogliere testimonianze reali, parlare con i pescatori, il personale della Guardia Costiera, i residenti e i medici, i volontari e i sommozzatori, per provare a comprendere fino in fondo e per riuscire a raccontare. La prima tappa della sua indagine è confluita nel romanzo Appunti per il Naufragio, in cui la vicenda degli sbarchi si intreccia con le vicende personali sue e dei suoi familiari e amici, in un racconto tragico in cui non mancano i momenti leggeri, a tratti comici.

Abisso è la seconda tappa di questo viaggio, un cuntosiciliano che fonde al suo interno i più diversi linguaggi teatrali, dal canto, al gesto, alla musica, riuscendo a raccontare una delle più grandi tragedie della nostra contemporaneità attraverso la vita. Le musiche originali eseguite dal vivo dalla doppia chitarra (acustica ed elettrica) di Giulio Barocchieri completano la straordinaria performance-testimoniaza di Davide Enia, accompagnando il flusso di emozioni.

durata 75 minuti

dal 20 al 23 gennaio

TUTTO BRUCIA

ideazione e regia Enrico Casagrande e Daniela Nicolò

con Silvia Calderoni, Stefania Tansini e R.Y.F. (Francesca Morello) alle musiche e lyrics

ricerca drammaturgica Ilenia Caleo

una produzione Motus con Teatro di Roma, Kunstencentrum Vooruit (BE)

progetto di residenza condiviso da L’arboreto - Teatro Dimora | La Corte Ospitale - Centro di Residenza Emilia-Romagna e Santarcangelo dei Teatri -in collaborazione con AMAT e Comune di Fabriano nell’ambito di “MarcheinVita. Lo spettacolo dal vivo per la rinascita dal sisma” progetto di Mibact e Regione Marche coordinato da Consorzio Marche Spettacolo -con il sostegno di MiC, Regione Emilia-Romagna

si ringraziano HĒI black fashion, Gruppo IVAS

Motus, la compagnia indipendente che ha fatto del superamento di tutti i confini fisici ed esistenziali il suo principale territorio di ricerca, è per la prima volta in scena al Bellini con il suo ultimo dirompente lavoro: Tutto Brucia. Già il titolo, che riprende le parole di Cassandra nella riscrittura delle Troiane di Jean Paul Sarte, mette a nudo la traiettoria del progetto «Da tempo avevamo desiderio di continuare lo scavo, dopo il viaggio dentro l’Antigone – raccontano gli autori – fra le più scomode figure femminili del tragico che ancora oggi riverberano. La ricerca è cominciata prima del lockdown e ora assume inevitabilmente altra luce e urgenza. La pandemia e il disastro climatico segnano la fine di un’epoca e Le Troiane iniziano con una fine [...] Ilio è già stata distrutta. Le donne, ridotte a bottino di guerra, di lì a poco partiranno per mare, schiave, verso territori stranieri. [...] Durante la pandemia, le cerimonie per i morti sono state sospese, e i corpi sono stati sepolti d’ufficio, di nascosto, in silenzio, senza saluto. Lo stesso accade per i corpi migranti morti in mare, per i clandestini o per le prostitute giustiziate dal sistema della tratta. Quali vite contano, dunque? Cosa rende una vita degna di lutto? Ripartiamo da queste domande urticanti per costruire Tutto Brucia che sarà inevitabilmente oscuro, ma colmo di abbacinante furore». L'impeto visionario dello spettacolo diventerà sostanza in scena attraverso i corpi di tre straordinarie performer: Silvia Calderoni – attrice totem di Motus –Stefania Tansini e R.Y.F (Francesca Morello).

durata 75 minuti

dal 25 al 30 Gennaio

THE SPANK

di Hanif Kureishi

traduzione Monica Capuani

regia Filippo Dini

con Filippo Dini, Valerio Binasco

scene Laura Benzi

costumi Katarina Vukcevic

luci Pasquale Mari

musiche Aleph Viola

aiuto regia Carlo Orlando

assistente regia Giulia Odetto

produzione Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale

per gentile concessione di The Agency (London)

Siamo a Londra, Sonny e Vargas sono amici da molti anni, il primo è dentista, il secondo è farmacista; lavorano nella stessa strada, a poche decine di metri di distanza. Entrambi sono figli di immigrati, e Londra – dove i loro genitori si sono trasferiti con grandi sacrifici – ha regalato loro un notevole upgrade socioeconomico, il successo professionale e una vita agiata. Entrambi hanno una famiglia e dei figli e il loro è un rapporto fatto di frequentazione e confidenza, ricco di conversazioni sulle banalità del quotidiano e sui massimi sistemi, generalmente scandite da pinte di birra. Le consumano sempre nello stesso pub, lo Spankies, un locale un po’ fatiscente, che è il loro luogo del cuore, il modesto ma amatissimo santuario della loro amicizia. Un giorno, però, un piccolo incidente insignificante mette in moto una reazione a catena che – complici le insidie della tecnologia – sconvolge in maniera irreparabile le loro vite.

Debutta nella traduzione di Monica Capuani l’ultimo lavoro per la scena del drammaturgo, regista e sceneggiatore di fama planetaria Hanif Kureish, uno spettacolo evento che racconta, con ironia e sarcasmo, lo spaesamento dinanzi alla contemporaneità. La lente attraverso cui si guarda è quella delle dinamiche di un'amicizia di vecchia data e a interpretarla non è un caso che ci siano due grandi artisti e grandi amici nella vita: Filippo Dini e Valerio Binasco, insieme in scena per la prima volta.

durata 100 minuti

dall’1 al 13 febbraio

EDWARD ALBEE I CHI HA PAURA DI VIRGINA WOOLF?

traduzione Monica Capuani

regia Antonio Latella

con Sonia Bergamasco, Vinicio Marchioni, Ludovico Fededegni, Paola Giannini

drammaturga Linda Dalisi

scene Annelisa Zaccheria

costumi Graziella Pepe

musiche e suono Franco Visioli

luci Simone De Angelis

assistente al progetto artistico Brunella Giolivo

assistente volontaria alla regia Giulia Odetto

produzione Teatro Stabile dell'Umbria con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli

si ringrazia il Comune di Spoleto

Torna sul palco del Bellini l'iconico testo del tre volte premio Pulitzer Edward Albee che, dopo il debutto a Broadway nel 1962 è stato rappresentato in tutto il mondo, diventando un classico del teatro contemporaneo, oltre che un film diretto da Mike Nichols e interpretato da Richard Burton e Elisabeth Taylor. Oggi, la storia della doppia coppia che ha spiazzato il pubblico borghese degli anni '60 scoperchiando, tra fiumi d'alcool in scena, tutte le frustrazioni, le ipocrisie e le contraddizioni del ceto medio, è nelle mani di Antonio Latella che lo allestisce nella nuovissima traduzione di Monica Capuani.

Il regista parte dall'analisi del testo: «un testo realistico, ma che diventa visionario per la potenza del linguaggio, per la maniacalità della punteggiatura e per la visionarietà, dovuta ai fumi dell’alcool e alle vertiginose risate che divorano e fagocitano i protagonisti. Albee – prosegue Latella – nel rifuggire ogni sentimentalismo, applica una sua personale lente di ingrandimento al linguaggio che sente parlare intorno a sé, ne svela i meccanismi di ripetizione a volte surreali che portano ad uno svuotamento di significato, ma come spesso accade in questo testo, parallelamente mostra come il linguaggio sia un’arma efferata per attaccare e ridurre a brandelli l’involucro in cui ciascuno di noi nasconde la propria personalità e le proprie debolezze. Per fare tutto questo ho voluto circondarmi di un cast non ovvio, non scontato, un cast che possa spiazzare e aggiungere potenza a quella che spesso viene sintetizzata come una notturna storia di sesso ed alcool». Così, saranno i per niente scontati Vinicio Marcioni e Sonia Bergamasco, una coppia inedita e potente, a prestare il volto a George e Martha; accanto a loro, i giovani e talentuosi Ludovico Fededegni e Paola Giannini.

durata 3 ore e 15 minuti compreso intervallo

dal 22 febbraio al 13 marzo

MIRACOLI METROPOLITANI

uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo

drammaturgia Gabriele Di Luca

regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti, Alessandro Tedeschi

con (in o.a.) Elsa Bossi (Patty), Ambra Chiarello (Hope), Federico Gatti (Igor), Pier Luigi Pasino (Mosquito/Mohamed), Beatrice Schiros (Clara), Massimiliano Setti (Cesare), Federico Vanni (Plinio)

Si ringrazia Barbara Ronchi per la voce della moglie.

musiche originali Massimiliano Setti

scenografia e luci Lucio Diana

costumi Stefania Cempini

una coproduzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini

in collaborazione con il Centro di Residenza dell’Emilia-Romagna “L’arboreto Teatro Dimora | La Corte Ospitale”

Dopo Animali da Bar e Cous Cous Klan, Carrozzeria Orfeo torna con un altro lavoro dal profondo senso politico ed esistenziale ma dalla comicità irresistibile.

Lo scenario è apocalittico: le fogne cittadine, sature di spazzatura e rifiuti tossici, stanno allagando la città, per cui la popolazione è chiusa in casa. Il protagonista, Plinio, uno chef stellato caduto in disgrazia, cucina e consegna a domicilio cibi precotti importati dalla Cina in una vecchia carrozzeria riadattata, attività che gestisce insieme alla moglie Clara, ex lavapiatti ed ora improbabile imprenditrice. Con loro vive Igor, figlio di Clara, un ragazzo problematico di 19 anni che passa le sue giornate a giocare ad un videogame sulla guerra. Come se non bastasse, si unisce alla famiglia Patty, la settantenne madre di Plinio, ex brigatista che ha speso la vita a liberare i popoli di mezzo mondo dalle dittature di destra ed è tornata in Italia per combattere la sua ultima battaglia: sventare l'elezione di un governo fascista. Intorno a loro, si muovono gli altri personaggi, completando il quadro tragicomico della vicenda, che scorre velocissima tra battute fulminanti e riflessioni esistenziali.

"Ho scritto il testo a ottobre, prima del Covid-19, già immaginando una società chiusa ormai in casa, perché il pianeta le si è rivoltato contro - racconta Gabriele Di Luca - Se in Cous Cous Klan a mancare era l’acqua, stavolta le fogne stanno esplodendo, i trasporti sono fermi, la disoccupazione tocca il 62%, la Messa si celebra soltanto in streaming. Il richiamo al nostro mondo e ai suoi escrementi, reali e figurati, mi sembra chiaro, come la metafora della solitudine sociale e interpersonale, ormai allarmante".

durata 2 ore e 30 minuti

dal 17 al 20 marzo

PIECES OF A WOMAN

di KornélMundruczó
testo e drammaturgia Kata Wéber
con
Izabella Dudziak, Dobromir Dymecki, Monika Frajczyk, Magdalena Kuta, Sebastian Pawlak, Justyna Wasilewska, Julia Wyszyska
assistente alla drammaturgia
Soma Boronkay
traduzione Jolanta Jarmolowicz
set e costumi Monika Pormale
musica Asher Goldschmidt
lighting design Paulina Góral

produzione TR Warszawa con l’aiuto di Institut Balassi (Varsavia)

Al Teatro Bellini, in scena due spettacoli dell'indiscusso Maestro ungherese Kornél Mundruczó: Piecesof a Woman e Imitation of life. Il primo lavoro, scritto daKata Weber, importante drammaturga e sceneggiatrice ungherese nonché moglie del regista, ha debuttato nel 2018 a Varsavia e racconta la storia di Maja, una donna di 30 anni che ha recentemente vissuto una tragedia personale e che si trova a dover fare i conti con le aspettative e le pressioni della sua famiglia su come deve affrontare quest'evento. La scrittura della Weber e la regia di Mundruczó ci introducono lentamente nella storia di Maja e in quella della sua famiglia, ci fanno vivere con partecipazione il suo lento processo di emancipazione dalle norme imposte, la sua elaborazione dell'esperienza traumatica, accompagnandoci verso una liberazione graduale dai ruoli femminili obbligatori e predefiniti. Il linguaggio scenico è decisamente cinematografico, è caratterizzato dalla cura dei dettagli dal taglio fortemente realistico accentuato dalla straordinaria bravura degli attori. L'allestimento, realizzato per il TR Warszawa, una delle compagnie stabili più importanti d’Europa ha ricevuto con prestigiosi riconoscimenti (come lo Swinarski Award, il più importante premio dedicato ai registi teatrali in Polonia) per poi essere presentato nel 2020 in una versione filmica alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia: anche il lungometraggio è stato insignito di vari riconoscimenti, tra cui la candidatura all'Oscar per la protagonista, Vanessa Kirby.

durata 150 minuti

Spettacolo in lingua polacca con sovratitoli in italiano

dal 24 al 27 marzo

IMITATION OF LIFE

di Kornél Mundruczó

con Lili Monori, Roland Rába, Annamária Láng, Zsombor Jéger, Dáriusz Kozma

scena Márton Ágh

costumi Márton Ágh, Melinda Domán

luci András Élteto

scritto da Kata Wéber

drammaturgia Soma Boronkay

musica Asher Goldschmidt

assistente alla regia Anna Fehér

producer Dóra Büki

produzione Wiener Festwochen, Vienna, Austria; Theater Oberhausen, Germania; La Rose Des Vents, Lille, Francia; Maillon, Théâtre De Strasbourg / Scène Européenne, Francia; Trafó House Of Contemporary Arts, Budapest, Ungheria; Hau Hebbel Am Ufer, Berlin, Germania; Hellerau – European Center For The Arts, Dresden, Germania; Wiesbaden Biennale, Germania

Il secondo appuntamento con Kornél Mundruczó è il pluripremiato Imitation of life, ancora una volta un testo di Kata Weber, che il Maestro ha allestito nel 2017 con la sua compagnia, il Proton Theatre e che gli è valso la nomination per il Faust Award, diventando il primo, e per il momento unico, spettacolo non tedesco a ricevere una candidatura per tale riconoscimento. A partire da un fatto di cronaca realmente avvenuto a Budapest nel 2015, Mundruczó racconta la storia di un ragazzo che cresce in una famiglia Rom, ma non assomiglia a loro: il colore della sua pelle è diverso e il suo rifiuto delle origini pesa sulla sua infanzia, così cerca di trovare una nuova vita nell’anonimato della città. Ma non troverà il suo posto. L’odio verso se stesso impedisce la sua integrazione sociale fino a fargli commettere un omicidio. La dinamica del racconto è originalissima, il regista riesce a far convivere un deciso iperrealismo con un utilizzo essenziale delle videoproiezioni e colloca l'intera azione in una macchina scenica straordinaria.

«Scegliamo il nostro destino o le nostre vite sono predestinate?», questa è la domanda sollevata dallo spettacolo, che la pone restituendoci un quadro della società contemporanea in cui le logiche razziste sono sempre più consolidate, dove prevale l'ingiustizia sociale, dove regna la discriminazione di cui si mostrano i possibili esiti. Per usare le parole del prestigioso quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung «L’arte teatrale di Mundruczó riflette le relazioni sociali su piccola scala, utilizzando contorni netti. Ciò rende Imitation of Life un evento poetico e politico al tempo stesso».

durata: 1 ora e 40 minuti

Spettacolo in lingua ungherese con sovratitoli in italiano e inglese

dal 29 marzo al 3 aprile

LE SEDIE

di Eugène Ionesco

traduzione Gian Renzo Morteo

con Michele Di Mauro, Federica Fracassi

regia Valerio Binasco

scene e luci Nicolas Bovey

costumi Alessio Rosati

musiche Paolo Spaccamonti

assistente regia Giordana Faggiano

assistente scene Nathalie Deana

produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

Riscopriamo Le sedie di Ionesco nel poetico e originalissimo allestimento diretto da Valerio Binasco: su una scena dal sapore post apocalittico, il Vecchio e la Vecchia, seduti su due sedie affiancate, guardano l'orizzonte e parlano del loro passato, prima di organizzare la conferenza durante la quale un “oratore professionista” rivelerà "il messaggio", ossia il piano ideato dal Vecchio per modificare in meglio la realtà. Gli straordinari Michele Di Mauro e Federica Fracassi, truccati come due clown ci offrono l'immagine di una coppia unita da un legame indissolubile, in linea con l'intento di Binasco, cioè indagare l'aspetto più intimo e umano del teatro di Ionesco, piuttosto che quello politico. «Voglio che i suoi personaggi sembrino persone strette nella morsa di relazioni assurde, piuttosto che assurde marionette strette nella morsa della plausibilità –spiega il regista – che ci sia prima di tutto una storia umana, piena di stranezze affascinanti, di suspense e di comicità. Voglio crederci, a tutto quell’assurdo, che è universale, mio e tuo, caro pubblico. Ed ecco, allora, che sto rivelando il mio segreto intento di regista: fare di questo testo una storia di tenerezza umana. C’è qualcosa di più assurdo che si possa chiedere a un testo di Ionesco? No. Mi avventuro in questa ricerca sapendo che c’è molta verità e molta allegria genuina, che traspaiono continuamente in Le sedie e, a dispetto della sfacciata stravaganza dell’autore, perfino una poesia “arresa” nei confronti dell’umanità: se riusciremo a renderla visibile, avremo la possibilità di fare una grande esperienza di teatro di attori, che è il più bello che ci sia. Non è una speranza da poco. Dedico questo nostro viaggio nel mondo al rovescio delle Sedie alla vera assurdità della nostra epoca: alla speranza».

durata 1 ora e 20 minuti

dal 5 al 10 aprile

WHEN THE RAIN STOPS FALLING

di Andrew Bovell

regia Lisa Ferlazzo Natoli

un progetto di lacasadiargilla

traduzione Margherita Mauro

con Caterina Carpio, Marco Cavalcoli, Lorenzo Frediani, Tania Garribba, Fortunato Leccese, Anna Mallamaci, Emiliano Masala, Camilla Semino Favro, Francesco Villano

scene Carlo Sala

costumi Gianluca Falaschi

disegno luci Luigi Biondi

disegno del suono Alessandro Ferroni

disegno video Maddalena Parise

produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Due

con il sostegno di Ambasciata d’Australia e Qantas

Torna al Teatro Bellini When the Rain Stops Falling, il pluripremiato lavoro di Lisa Ferlazzo Natoli e lacasadiargilla che raccontala storia delle famiglie Law e York, di quattro generazioni di padri e figli, madri e mogli. Un racconto epico e al tempo stesso distopico che ci parla di matrimoni spezzati e morti accidentali, di verità taciute e di destini che si incrociano facendoci viaggiare dal 2039 al 1959. L’australiano Andrew Bovell costruisce una storia intima dall’affascinante e complessa struttura drammaturgica: i diversi fili narrativi, il graduale sovrapporsi delle temporalità e i destini delle quattro generazioni che si incrociano, ci raccontano una corrispondenza così profonda tra le esperienze di ognuno dei personaggi da suggerire che negli alberi genealogici non vi siano ‘scritti’ solo i nomi dei protagonisti, ma anche i loro comportamenti, le inclinazioni, i desideri e gli errori. Lisa Ferlazzo Natoli dirige nove straordinari interpreti in un vero e proprio viaggio nel tempo dall’architettura narrativa nitida: è senza flashback che i personaggi, da vecchi e da giovani, entrano ed escono da un quadro all’altro, da un paesaggio all’altro, con un ritmo così incalzante che anche lo spettatore si ritrova a viaggiare nel tempo guidato dal ripetersi di alcune azioni, dal riproporsi di alcune battute o elementi narrativi. È sul tempo stesso che ci si interroga, ‘piegandolo’ in avanti, perlasciare entrare il futuro e i suoi fantasmi, o, con improvvise ‘interferenze’, aprire il presente a squarci di passato.

durata un'ora e 55

dal 21 aprile all'1 maggio

RITRATTO DI UNO DI NOI

di Francesco Ferrara
con Luigi Alessio Adimari, Chiara Celotto, Rosita Chiodero, Salvatore Cutrì, Claudia D’Avanzo, Maria Francesca Duilio, Michele Ferrantino, Francesco Ferrara, Luigi Leone, Andreina Liotti, Eleonora Longobardi, Simone Mazzella, Salvatore Nicolella, Manuel Severino, Arianna Sorrentino

aiuto regia Salvatore Scotto D’Apollonia

regia Gabriele Russo

produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

La Classe. Ritratto di uno di noi, è un progetto nato nell’ambito del triennio 2017-2019 della Bellini Teatro Factory, l’Accademia del Teatro Bellini che forma attori, registi e drammaturghi, che porta in scena un fulminante cortocircuito tra realtà e finzione. Osserviamo, infatti, i 14 giovani artisti, che allora componevano la classe della BTF, che interpretano loro stessi mentre discutono della messinscena di uno spettacolo in cui dovranno raccontare ciò che accadde a Oslo il 22 luglio 2011, quando Anders Behring Breivik, prima piazzò un’autobomba del centro della città che uccise 8 persone e poi, non ancora soddisfatto, sparò a 69 giovani . Una violenza folle, che i ragazzi, per poter rappresentare nella maniera più vera possibile, devono innanzitutto provare a capire; li cogliamo in questo momento, mentre cercano di immedesimarsi, mentre si pongono delle domande e mentre immaginano cosa provavano i protagonisti... Ma come si può comprendere qualcosa di così profondamente insensato? Tra dubbi, domande e piani che si incrociano, prende vita un lavoro dallo sviluppo complesso e multi sfaccettato, dall'energia dirompente.

Dopo il debutto nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2018, lo spettacolo è diventato semplicemente Ritratto di uno di noi, ed è andato in scena al Piccolo Bellini registrando il tutto esaurito; successivamente è stato selezionato per il festival Internazionale Tramedautore una delle più importanti iniziative volte a sostenere la scrittura teatrale contemporanea che si svolge ogni anno al Piccolo Teatro di Milano, e oggi finalmente torna sul palco che lo ha visto nascere.

durata 60 minuti

dal 10 al 22 maggio

KOBANE CALLING ON STAGE

tratto da Kobane calling di ZEROCALCARE edito da Bao Publishing

un progetto di Lucca Crea a cura di Cristina Poccardi e Nicola Zavagli

adattamento e regia Nicola Zavagli

con Massimiliano Aceti, Luigi Biava, Fabio Cavalieri, Francesco Giordano, Carlotta Mangione, Alessandro Marmorini, Davide Paciolla, Lorenzo Parrotto, Cristina Poccardi, Marcello Sbigoli e con giovani attori della compagnia Teatri d’Imbarco

musiche originali Mirko Fabbreschi

coproduzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini, Teatri D’imbarco, Lucca Comics&Games
in collaborazione con
Bao Publishing

Torna al Teatro Bellini lo spettacolo evento con cui il regista Nicola Zavagli -- che da anni persegue, insieme all'attrice Beatrice Visibelli e alla compagnia Teatri d’Imbarco, un teatro popolare d’arte civile -- ha portato in scena Kobane Calling, il reportage in forma grafica firmato da Zerocalcare con il quale l'artista ha raccontato il viaggio che ha lo ha spinto al confine tra la Turchia e la Siria, a pochi chilometri dalla città assediata di Kobanêe, tra i difensori curdi del Rojava, opposti alle forze dello Stato Islamico. La graphic novel che ha venduto cento ventimila copie in Italia ed è stata tradotta in francese, inglese, spagnolo, tedesco, portoghese e norvegese oggi è diventata un atipico documentario teatrale: uno spettacolo che non spettacolarizza la guerra, ma la racconta grazie a una originalissima commistione di linguaggi. È un vero e proprio atto d’amore del teatro nei confronti del mondo poetico e comicissimo dell’autore: non è solo la trasposizione di una graphic novel, ma un’opera inedita che, partendo dalle pagine del fumetto, le trasforma sul palcoscenico in un autentico cortocircuito di emozioni, perché racconta con spietata leggerezza la verità brutale di un conflitto troppo spesso dimenticato. Un lavoro che si mantiene pericolosamente in bilico tra cronaca del nostro tempo e l’immaginario fumettistico.

durata 90 minuti

dal 24 al 29 maggio

IL GIARDINO DEI CILIEGI

di Anton Pavolovič Čechov

uno spettacolo di Alessandro Serra

con Arianna Aloi (Duniaša), Andrea Bartolomeo (Jaša),

Marta Cortellazzo Wiel (Anja), Massimiliano Donato (Epichodov), Chiara Michelini (Carlotta), Felice Montervino (Trofimov), Paolo Musio (Gaiev), Massimiliano Poli (Simeonov-Piščik), Miriam Russo (Varja), Marco Sgrosso (Lopachin), Valentina Sperlì (Ljubov'), Bruno Stori (Firs).

regia, drammaturgia, scene, luci, costumi Alessandro Serra

produzione Compagnia Orsini, Accademia Perduta Romagna Teatri, Teatro Stabile del Veneto, TPE Teatro Piemonte Europa in collaborazione con Compagnia Teatropersona, Triennale Teatro dell’Arte di Milano

Dopo il suo ancestrale e pluripremiato Macbettu, Alessandro Serra affronta quella che lui stesso definisce "la più grande partitura sinfonica per anime mai scritta”, Il Giardino dei Ciliegi l'ultima opera di Čhecov. La prima rappresentazione del testo, nel 1904, fu diretta da Stanislavskij e Nemirovič-Dančenko e un aneddoto racconta che Čechov trasecolò nel vedere allestita come una tragedia, ossia privata dei numerosi segni della farsa di cui l'aveva disseminata, quella che lui aveva concepito come una commedia. Quest'episodio costituisce la riprova della grande ambiguità dell'opera, che Alessandro Serra asseconda con una regia magnetica, dall'architettura scenica e sonora raffinatissima. Nelle sue mani, le difficoltà dell’aristocratica russa Liuba e della sua famiglia alle prese con il tentativo di salvare la proprietà di famiglia dall'asta, metafora dell'irreversibile tramonto di un'epoca, diventano un affresco esistenziale dalla cifra lieve e a tratti surreale. I dodici straordinari attori si muovono su una scena minimalista e restituiscono il sentimento che pervade l'opera, che il regista definisce come «qualcosa di indissolubilmente legato all’infanzia, [...] Un valzerino allegro in una commedia intessuta di morte. Comicità garbata, mai esibita, perfetto contrappunto in un’opera spietata e poetica. I personaggi ridono e si commuovono spesso, il che non significa che si debba piangere davvero, è piuttosto uno stato d’animo, scrive Čechov in una lettera, che deve trasformarsi subito dopo in allegria».

durata un'ora e 55 minuti


 

 

 
 
 

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