L’Ape musicale

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Note di regia di Pier Francesco Maestrini

È una grande emozione per me tornare dopo esattamente venti anni al Teatro Coccia di Novara in questa occasione così speciale con la quale si rende omaggio al M° Giuseppe de Tomasi riproponendo il suo splendido Ernani ideato assieme a Francesco Zito per il Teatro Massimo di Palermo. L’incontro col Maestro risale all’aprile del 1994 al Teatro San Carlo di Napoli, quando fu chiamato in extremis per curare l’allestimento della Manon Lescaut di mio padre, Carlo Maestrini, venuto a mancare il mese prima e al quale avrei dovuto fare da aiuto-regista. Pur senza conoscermi, il M° de Tomasi mi confermò nel ruolo, rinnovandomi immediatamente la fiducia e sostenendomi negli inizi di carriera. Non a caso, nella mia giovanile arroganza, de Tomasi è stato l’unico regista oltre a mio padre al quale io abbia mai voluto fare da assistente: pur diversissimi tra loro, condividevano lo stesso amore per il teatro, la conoscenza assoluta del repertorio (rigorosamente imparato a memoria), e l’impareggiabile esperienza di quel mondo della lirica, i cosiddetti anni d’oro dell’opera che oggigiorno sentiamo sempre e nostalgicamente rimpiangere da chi li ha vissuti.  Chiunque abbia conosciuto il “Beppe” potrà confermarne la straripante personalità, il talento vulcanico che produceva idee a ripetizione, tanto che era difficile talvolta seguirne il raziocinio, e la contagiante simpatia. Amico e testimone di nozze, il Beppe ha rappresentato per me una figura fondamentale durante quel periodo di formazione dal ’94 al ’99, anno emblematico in cui ero presente qui a Novara in cartellone firmando la regia di Manon Lescaut mentre a Palermo si teneva la prima di questo Ernani. All’epoca non mi fu quindi possibile parteciparvi ma ebbi occasione di rimontarlo nel 2007 a Messina per le prime prove, in attesa che il Beppe ne riprendesse le redini. La prima di Palermo impressionò tanto il pubblico quanto me, per la scenografia sontuosa che combina magistralmente pittura, scultura e costruzione, e riscosse successo tale da renderlo l'Ernani di riferimento più replicato nel circuito lirico internazionale.

Ringrazio di cuore Renato Bonajuto, Corinne Baroni e Francesco Zito per avermi coinvolto in questa splendida e per me commovente iniziativa.

Note di regia di Beppe de Tomasi

Ernani, 1999 – Teatro Massimo di Palermo

In questa fine secolo, in cui c'è una preponderanza registica eccessiva che tende a predominare la lettura drammaturgica delle opere, spesso sconvolgendo luoghi ed azioni e posponendo epoche, siamo giunti al paradosso che, avendo privilegiato un modo tradizionale e "bonario" di mettere in scena Ernani, sono costretto a fare delle note di regia per dire che la maniera da me scelta è quella di seguire alla lettera le indicazioni didascaliche di Giuseppe Verdi: mi sono, infatti, sforzato di capire cosa egli vorrebbe da un regista se vivesse oggi.

Per questo, il nostro allestimento di Ernani si avvale di quadri scenici nei quali l'azione è sempre al servizio della musica e non la soverchia mai. Unica licenza, che non è un'idea mia, ma di Victor Hugo, che in fondo è il creatore dei personaggi che questa sera vediamo in scena, è di far uccidere Elvira, mentre Ernani, con lo sguardo offuscato dal delirio della morte, la prega di vivere.

Non credo assolutamente a uno stereotipo dei personaggi nella lirica. I cantanti hanno caratteristiche fisiche che molte volte collimano con la voce, ma non con l'immagine del personaggio. È quindi compito del regista scoprire la natura artistica degli interpreti che ha a disposizione per trarne il maggior profitto possibile. In questa edizione abbiamo invece, in entrambe le compagnie, cantanti idonei ai personaggi per cui non ho sacrificato la mia idea di dinamica registica.

L'unico personaggio realmente esistito, del quale abbiamo anche una ricca iconografia, è Carlo V che, nel dramma, viene incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero: a quel tempo aveva, dunque, diciannove anni. Piave e Verdi non si sono curati di questo fatto e, se in Hugo la sua giovane età è tenuta presente, nell'opera non poteva che essere un uomo in età avanzata, soprattutto in relazione alla sua voce baritonale, perdendo così quella frivolezza da Le roi s'amuse (Francesco I, noto Don Giovanni e libertino).

Gli altri personaggi sono, invece, inventati dalla fantasia degli autori. Emani ed Elvira sono gli amanti dell'amore impossibile. Il più umano, pur se in realtà sembrerebbe il più cattivo, è il cinquantenne Silva, il quale ama non riamato Elvira che ha vent'anni. E, visto che l'amore non ha età, la sua imprecazione «Ah perché l'etade in seno giovine core mi ha serbato...» risuona come la più vera ed attuale di tutta l'opera. Attualissima è pure l'amara riflessione di Carlo V al III atto, che considera come tutto nella vita sia vano, onori, bellezza, gioventù perché tutti finiremo prima o poi a morire.


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