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Giulio Cesare in Egitto e le opere di Händel al Teatro alla Scala

Giulio Cesare è stata la prima opera di Händel mai eseguita alla Scala (qualche rara apparizione del compositore era avvenuta in campo sinfonico: nel 1952 Karajan aveva diretto la Water Music con la Philharmonia, nel 1955 Ormandy aveva proposto l’aria da Samson con la Philadelphia. Inoltre alcuni cantanti tra cui la Schwarzkopf, Siepi e la De los Ángeles avevano inserito qualche aria nei loro recital). Fu Gianandrea Gavazzeni a portarlo in scena nel 1956 con la regia di Margherita Wallmann e un cast di voci illustri che comprendeva Nicola Rossi-Lemeni come Giulio Cesare, Virginia Zeani come Cleopatra, Franco Corelli come Sesto, Giulietta Simionato come Cornelia e Mario Petri come Tolomeo. Da allora il Piermarini ha ospitato alcuni altri titoli d’autore, ma Giulio Cesare torna in scena solo oggi. Quella di Gavazzeni fu un’operazione coraggiosa per l’epoca, anche se l’approccio filologico sarebbe venuto diversi anni più tardi: al taglio dello stesso titolo (non più “in Egitto”) corrispondevano le trasposizioni per voci di tenore e basso delle parti destinate ai castrati e abbondanti omissioni in partitura, così che oltre un terzo della musica che ascolteremo nei prossimi giorni risuona alla Scala per la prima volta.

La troppo breve storia di Händel alla Scala prosegue nel 1958 con Eracle diretto da Lovro von Matačić con un altro cast di grande opulenza vocale e scarsa attendibilità filologica: con Corelli cantano Elizabeth Schwarzkopf, Ettore Bastianini e Fedora Barbieri. L’anno seguente Hermann Scherchen dirige l’oratorio Israele in Egitto, mentre nel 1962 la Piccola Scala ospita Sersediretta da Piero Bellugi e le scene di Franco Enriquez con le voci di Luigi Alva, Mirella Freni, Fiorenza Cossotto e Rolando Panerai. Israele in Egitto torna nel 1968 diretto da Vittorio Gui, ma negli anni seguenti Händel compare solo con qualche aria nei concerti di canto di Marilyn Horne, Montserrat Caballé, Shirley Verrett, Frederica von Stade, Leyla Gencer e José Carreras. Nel 1980 Sir Charles Mackerras dirige l’English Chamber Orchestra in Judas Maccabeus, ma per ascoltare un’opera occorre aspettare ancora un anno: nel 1981 Alan Curtis e Pier Luigi Pizzi presentano una bella edizione di Ariodante con Carolyn Watkinson, Lella Cuberli e Lucia Aliberti, sempre però alla Piccola Scala. La prima scaligera di Alcinaè del 1985, diretta da Andrew Parrott con Luciana Serra nel ruolo eponimo, ma è in forma di concerto; nello stesso anno Sir John Eliot Gardiner propone Israel in Egypt con gli English Baroque Soloists e il Monteverdi Choir; alcune arie fanno capolino nei recital di Renata Scotto e Montserrat Caballé, seguite negli anni successivi da Marilyn Horne, Jessye Norman, Kiri Te Kanawa, Chris Merritt, Renato Bruson, Kathleen Battle e Samuel Ramey con Cecilia Gasdia. Nel 1995 Kenneth Montgomery dirige i complessi scaligeri nell’oratorio La risurrezione con Eva Mei e Barbara Frittoli. Seguono altre arie isolate in numerosi recital tra cui quelli di Anna Caterina Antonacci, Rockwell Blake, The Swingle Singers, Anne-Sofie von Otter. Si arriva così al 2009, quando la Scala di Lissner propone Alcinain forma scenica nella sala del Piermarini: la regia è di Robert Carsen, Giovanni Antonini assicura credibilità e rispetto della partitura, cantano Anja Harteros e Monica Bacelli. È la prima volta che un’opera barocca viene eseguita alla Scala in una versione attendibile dal punto di vista testuale, ed è un grande successo. La sovrintendenza di Alexander Pereira segna la nascita di un ensemble barocco in seno all’Orchestra (come già sperimentato con “La Scintilla” all’Opera di Zurigo) che si dedica soprattutto a Händel con Il trionfo del Tempo e del Disinganno diretto da Diego Fasolis con la regia di Jürgen Flimm nel 2016 e Tamerlano ancora con Fasolis e la regia di Davide Livermore nel 2017. Proprio Tamerlano segna una svolta: per la prima volta alla Scala le parti scritte per voci di castrato sono affidate a controtenori e l’opera vede protagoniste, insieme al Bajazet di Plácido Domingo, le acrobazie vocali di Bejun Mehta e Franco Fagioli. Uno spettacolo destinato a ripetersi nel 2019 nel Giulio Cesare in Egitto diretto da Giovanni Antonini in cui a Mehta si affiancano Philippe Jaroussky e Christophe Dumaux, mentre protagonista femminile è Danielle de Niese. Intanto nel 2019 John Eliot Gardiner è tornato al Piermarini con una versione semiscenica di Semele con il Monteverdi Choir e gli English Baroque Soloists, mentre nelle prossime stagioni il progetto barocco prevede Agrippina e Ariodante.

Con soli sei titoli proposti in forma scenica nella sala del Piermarini in sessant’anni incluso Giulio Cesare in Egitto - cui se ne aggiungono due alla Piccola Scala, due opere in versione da concerto e alcuni oratori - la storia di Händel alla Scala è ancora in larga parte da scrivere.


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