L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Note di regia

di John Turturro

Come molti, sono un appassionato di musica.

Il suono della musica ci trasporta emotivamente, è una fuga dalla realtà, sogni, articolazione dei sentimenti e verosimilmente una primitiva forma di preghiera. Io sono cresciuto in una casa dove ero circondato dalla musica. Di ogni tipo… jazz, opera, R&B, soul, pop, folk, italiana, spagnola, etc. Mia madre cantava con i suoi fratelli in un grande gruppo. Non ha fatto una carriera professionale insieme a loro, perché lo stile di vita non era adatto a lei e voleva avere una famiglia. Ma ha continuato a cantare in chiesa e in casa. La sua famiglia, di origine siciliana, era molto musicale e nella famiglia di mio padre, dalla Puglia, erano grandi amanti della musica. La prima volta che da ragazzo ho aperto il mio cuore e la mia mente alla potenza del teatro è stato con un musical di Broadway – la produzione originale di Pippin di Bob Fosse. Il mio fratello maggiore Ralph suona la chitarra e il sax e io ho suonato le percussioni per un po’ di anni, anche se avrei dovuto studiare il piano!

Quando ho scritto e diretto Romance & Cigarettes, ho raccolto in quel film molto di quel mondo e della musica popolare in cui sono cresciuto. E questo mi ha condotto poi a Passione, un documentario/avventura nel mondo della musica napoletana. I miei primi passi nel mondo di Napoli e della sua vibrante cultura sono stati guidati da Francesco Rosi, con il quale ho lavorato per cinque anni all’adattamento di La tregua di Primo Levi. Attraverso Francesco ho scoperto le commedie di Eduardo de Filippo, e poi ho eseguito Questi fantasmi, dove era presente una selezione di musica napoletana. L’abbiamo rappresentato a New York e poi a Napoli. E così ho scoperto Peppe Barra e la sua versione di Tammuriata nera, che ho poi messo al centro di Passione.

Per coincidenza, quando sono stato contattato per Rigoletto, stavo lavorando a una nuova sceneggiatura per un progetto in cui la musica di Verdi è di fondamentale importanza. È una storia operistica che parla di amore e gelosia in seno a una famiglia, ispirato all’Otello di Shakespeare e a quello di Verdi. Dirigere Rigoletto mi sembrava un nuovo passo molto naturale nella mia educazione, o avventura, musicale italiana. Ma ancora ho molto da imparare. Ho fatto regie teatrali, ma mai di opera.

È un capolavoro fantastico e tenterò di rendere giustizia al materiale privilegiando i dettagli umani, senza tentare di reinventare qualcosa che non esiste o di portare un punto di vista moderno senza altro scopo che la ricerca della novità; vorrei invece scandagliare le profondità del dramma. La musica è così bella. Posso solo immaginare l’emozione di chi la sente per la prima volta. L’opera è stata creata quando la gente era abituata a concentrare la propria attenzione per tempi più lunghi, prima dell’invenzione della tecnologia. Contiene bellezza e amore e aspettative e oscurità e luce e sacrificio ed egoismo: tutti i contrasti dei sentimenti, la ricchezza di contraddizioni che sono proprio come la vita vera. Abbiamo lavorato moltissimo sulle scene per avere un risultato il più possibile spoglio, privo di barocchismi, sia nell’interpretazione che nella realizzazione.

La storia si svolge alla fine del XVIII secolo, l’epoca di Cagliostro, della massoneria e dell’occultismo, in un palazzo rinascimentale derelitto.

Marco Piemontese, il costumista, ha sviluppato dei costumi che sembrano usciti da una oscura storia gotica. I personaggi sono rappresentati in modo semplificato, nell’ottica di renderli facilmente identificabili. L’unico colore che è in primo piano è il rosso che che appare improvvisamente quando Monterone lancia la sua maledizione, rosso che è vestito anche dai due agenti della morte di Gilda, Maddalena e Sparafucile. I fiori rossi sul vestito di Gilda diventano via via più grandi man mano che lei si avvicina all’incontro con il suo tragico destino. Lo scenografo Francesco Frigeri si è impegnato a ridurre la scena alla sua potente essenza e suggerire le vite intime dei protagonisti: la nostra idea è quella della sottile decostruzione del mondo realistico, e vorremmo aiutare i personaggi ad emergere nel modo più umano possibile, lasciando che la storia e la musica si dispieghino, senza aggiunta di orpelli, nel loro pieno potere e gloria.


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