L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Netrebko ed Eyvazov nel Trovatore all'Arena, Aida con la regia di Poda a Montevideo

Aida100° ARENA DI VERONA OPERA FESTIVAL

STEFANO PODA

"Aida come un viaggio dantesco che parte dall'inferno e arriva alla pace di una visione estatica"

La storia di Aida è quella di un mondo in guerra.

Una guerra che divide in nemici mortali due popoli fratelli e vicini.

Un viaggio dantesco, da un inizio infernale ad un finale di visione celeste.

Dualità rigide e schematiche oppure dogmatismi, con buoni da un lato e cattivi dall’altro, sono rifuggiti da Verdi, il quale in tutti i suoi lavori non impartisce mai lezioni. Il compositore non parteggia né per gli Egizi né per gli Etiopi, né per i vincitori né per i vinti: mostra virtù ed eccessi comuni, speranze e viltà di ognuno, ma si commuove sempre per i deboli e per le vittime. La storia di Aida è quella di una contrapposizione inutile, di una polarizzazione forzata, inspiegabile ed insensata, pronta ad esplodere fra le mani.

Di fronte a tale complessità, la mia soluzione non è ricorrere a trasposizioni o interpretazioni. La strada, la mia strada, è quella di aprire, sfondare le barriere interdisciplinari, alla ricerca al contempo della sintesi e della profondità.

Uno spettacolo che vuole parlare non solo agli appassionati della lirica, non solo ai giovani, non solo agli intellettuali né soltanto ai neofiti. Uno spettacolo che nasce con l’intenzione di parlare a tutti, uno spettacolo vasto ed universale, fuori dal tempo e carico di messaggi imperituri.

In questo nostro mondo inebriato di concreto e di realismo, sento il bisogno di ritrovare uno spazio dell'anima e del sogno, che permetta all’individuo di ascoltarsi e recuperare la capacità di meditazione in uno spazio unico al mondo che diventi il ponte tra antichità e futuro. In un’epoca in cui sta cambiando il senso della cultura, in un mondo disumanizzato (perché tecnologizzato troppo in fretta) e specializzato (opposto di Umanesimo, cioè capacità di visione universale), ebbene, io credo più che mai nell’opera come operazione di sfondamento interdisciplinare. La musica parla di tutto senza nominare niente. Per questo mi interessa anche un pubblico che all’opera non andrebbe mai.

Il pubblico si troverà davanti ad una grande installazione d'arte contemporanea: il moderno non è una rincorsa all'attualità, bensì un salto al futuro. Il patrimonio dell'antico Egitto diventa quello del genio di Verdi, che si trasforma in un tesoro tutto italiano rappresentato in una cattedrale laica, un luogo sacro e millenario pronto ad raccogliere tutte le migliori energie dell'Italia, la quale in questo anniversario celebra la propria storia, i propri capolavori e le proprie creazioni. Tutto inserito nel contesto di uno scenario antico e primordiale, fatto di elementi naturali quali la pietra, l'acqua, il fuoco, la luce: ci troviamo in un teatro antico, che era tragico nel senso di universalità del mezzo poetico, semplice e potente al tempo stesso, ingigantito dalla scena.

Il palcoscenico sarà dunque un piccolo universo carico di mille esperienze: un palcoscenico tecnologico, dinamico, cangiante, sorprendente… ma allo stesso tempo l'ambizione è quella di sviluppare un viaggio riconoscibile, familiare, a misura d'uomo. Conciliare questi due lati, grandiosità e intimità, è la sfida nell’affrontare un titolo come Aida.

Nella mia visione gli individui e i popoli di Aida non devono essere incarcerati in etichette stereotipate, ma liberati al loro valore universale, perché possano davvero raccontarci le difficoltà e le speranze di ogni popolo e di ogni individuo sulla terra.

Nel miserere della civiltà delle parole e delle immagini sprecate, dove Eros si crede libero e Thánatos rimosso, vorrei dar vita ad una messa in scena né moderna né convenzionale, ma "antica", dove tutte le forme espressive dialoghino tra loro, affinché chi vede e sente, veda e senta la storia della propria anima.

La guerra è il rumore di fondo di tutto lo spettacolo, sin dalle prime note. Una guerra che risuona lontana ma irrompe vicina con le sue conseguenze. Il palco mostrerà chiaramente un dualismo: da un lato l'umanità costruisce, produce, ama, abbellisce, eleva. Dall'altro, l'uomo distrugge, odia, spreca, abbatte quel che ha creato, in un circolo pericoloso che scappa ad ogni controllo.

La soluzione, purtroppo, non è nota né ai personaggi del dramma, né ai filosofi, né a noi: forse la chiave sta nel finale sorprendente e spirituale composto da Verdi. Dopo tanto conflitto, tanta tensione e tante fratture insanabili, la storia mostra che l'unione finale porterà ad una ricomposizione silenziosa, una rinascita nella luce. Se è vero che l'opera inizia con cori guerreschi, il suo ultimo implorato sussurro è quello della pace.

Torino, 7 gennaio 2023

STEFANO PODA


 

 

 
 
 

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