L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Indice articoli

Note di regia

Un’infinita primavera attendo

di Cesare Scarton

e gli occhi intorno cercano

quell’avvenire che avevano sognato,

ma i sogni sono ancora sogni

e l'avvenire è ormai quasi passato…

Luigi Tenco (1966)

Questo progetto, la cui elaborazione e realizzazione è durata quasi due anni, nasce dalla consapevolezza di mantenere viva una memoria che potrebbe correre il rischio di disperdersi e di non essere trasmessa alle nuove generazioni. Tuttavia la trasposizione su un palcoscenico di una vicenda così legata alla nostra contemporaneità deve necessariamente astrarsi da ogni riproduzione realistica per proiettarsi in una dimensione di valori universali.

In questo lavoro di teatro musicale la vicenda umana e politica di Aldo Moro assume i tratti emblematici di un percorso “eversivo” volto a rompere convenzioni codificate, con tutti rischi e i pericoli che una scelta di questo genere comporta. Sulla scena non si vedrà quindi tanto la pedissequa ricostruzione di quella storia, quanto la vicenda di un uomo politico in lotta contro un sistema di potere non interessato a soddisfare le vere esigenze e le autentiche aspirazioni del Paese. Il tentativo di rompere questo meccanismo per dar vita a un progetto di alta politica, lontana da bassi calcoli e da sterili particolarismi, finisce per coalizzare contro il protagonista tutte le forze votate al mantenimento del sistema: il risultato è la condanna alla più completa solitudine, preludio di una tragica fine.

La drammaturgia è scandita pertanto dalle stazioni di una via crucis che porta di volta in volta al confronto e allo scontro con personaggi che simboleggiano le varie componenti della società nella quale ruota la vicenda del protagonista in cui si condensa tutta la drammaticità di una svolta della Storia.

Si delinea quindi una sorta di combattimento tra una visione che assume come suo motto l’invito a guardare “non al domani ma al dopodomani”, e le forze che si oppongono a una società protesa in avanti e lanciata verso il futuro.

Per tradurre visivamente questa concezione si è scelto di utilizzare la multimedialità, non con scopi meramente illustrativi, ma come evocazione di immagini strettamente collegate all’azione scenica con la quale si compenetrano in un gioco di continui rimandi. Questa scelta ha anche portato ad ambientare la vicenda in un’epoca senza tempo, collocandola su un palcoscenico del tutto nudo, con le attrezzature tecniche a vista, in modo da privarla di ogni orpello esornativo e serrare il percorso drammaturgico in un flusso narrativo continuo, nel quale si snoda questa dolente parabola umana.

Nell’ideazione di questo spettacolo ho avuto modo di incontrare molte persone che impiegano il proprio tempo e gran parte della propria esistenza nella conservazione della memoria e quindi nella trasmissione del sapere: a tutti loro è dedicato questo spettacolo e il mio lavoro.


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