L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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In memoria di Aldo Moro

Su Rai5 sabato 9 maggio

Un’infinita primavera attendo

di Sandro Cappelletto e Daniele Carnini

In memoria dell’anniversario del ritrovamento

del corpo di Aldo Moro, Rai5 trasmette l’opera di teatro musicale omaggio allo statista italiano,

produzione dell’Accademia Filarmonica Romana con l’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani.

On demand anche sul portale di Raiplay

Programma di sala

Ha debuttato in prima assoluta al Teatro Palladium di Roma il 9 dicembre 2016, produzione di punta della stagione 2016-17 dell’Accademia Filarmonica Romana, con la significativa partecipazione dell’Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani e la collaborazione di importanti comitati, istituti e archivi nell’ambito delle manifestazioni promosse nel 2016 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per il primo centenario della nascita dello statista italiano.

In memoria dell’anniversario del ritrovamento del corpo di Moro – era il 9 maggio 1978 – l’opera sarà trasmessa da Rai5sabato 9 maggio ore 23.10 (prima opera lirica su Moro trasmessa dal canale televisivo), e sarà poi caricata sul portale di Raiplay, dove sarà visibile on demand fino al 31 maggio. La messa in onda sarà preceduta da una breve diretta video il 9 maggio alle ore 22.40 sulla pagina facebook dell’Accademia Filarmonica Romana (condivisa anche dalle pagine facebook di Rai5, Rai Cultura e Istituto Treccani), in cui interverranno gli autori dell’opera, insieme al regista Cesare Scarton, e al direttore artistico della Filarmonica Andrea Lucchesini.

Opera di teatro musicale in un atto, dal forte impegno civile, porta la firma dello scrittore e giornalista Sandro Cappelletto autore del libretto, e del compositore Daniele Carnini. La regia teatrale è di Cesare Scarton, la regia televisiva di Maxim Derevianko. Sono affiancati da Michele Della Cioppa per le scenografie, Flaviano Pizzardi per i video e le proiezioni, e i costumi di Giuseppe Bellini; sul podio Gabriele Bonolis dirige l’Ensemble dell’Orchestra Roma Tre e un cast di giovani voci soliste, con i protagonisti Daniele Adriani (Il Presidente Aldo Moro), Sabrina Cortese (La Segretaria), Chiara Osella (Uno Studente), e ancora Luca Cervoni (Il Cardinale/Giornalista II), Clemente Daliotti (Il Politico italiano/un Intellettuale italiano) e Giorgio Celenza (Il Senatore americano/Giornalista III). Fra gli artisti che sono stati coinvolti nella produzione, piace segnalare la presenza di Mimmo Paladino che ha disegnato l’immagine dello spettacolo.

Il progetto, che ha riscontrato un importante interesse di pubblico e della critica, ribadisce la necessità di un teatro musicale inteso come strumento di comprensione del nostro tempo, contribuendo anche ad una crescita civile più consapevole e partecipe.

Così raccontano gli autori Sandro Cappelletto e Daniele Carnini: “Cinquantacinque giorni. Tanto è durata la prigionia di Aldo Moro prima del suo assassinio. Una primavera negata, come è stata – talora duramente, talora tragicamente – questa che abbiamo appena vissuto, per lo stesso periodo di tempo. Certo le condizioni sono state, per molti, diverse da quell’esperienza di un singolo, un quarantennio fa. Ma abbiamo anche noi avuto modo, anzi l’obbligo, di riflettere sui principi di comunità e di responsabilità, anima del pensiero politico di Moro, che il 9 maggio 1978 furono messi a tacere”. Figura chiave della storia italiana del secondo dopoguerra, Aldo Moro ha sedimentato intorno a sé in questi decenni una ricchissima memoria collettiva fatta di narrazioni, materiali iconografici, elementi simbolici e manifestazioni di riconoscimento e di affetto popolare. Un’infinita primavera attendo parte da questi documenti e queste testimonianze. Nell’opera non ritroveremo il sequestro, né la prigionia, né la morte, “perché – proseguono Cappelletto e Carnini – la vita di quest’uomo non può essere ridotta ai suoi cinquantacinque giorni estremi, trascorsi in una condizione così crudele di violenza e privazioni. Il nostro punto di partenza è stata una riflessione del Presidente Moro: ‘Non sono mai cattive le cose che vengono dette con sincerità. Invece, non sono utili le cose che si nascondono, che si riducono a serpeggianti mormorazioni’.Da qui siamo partiti nel nostro lavoro di scrittura e di messa in scena, basato su testi dei suoi discorsi e interviste, su lettere e appunti, inviati e ricevuti, conservati all’Archivio centrale dello Stato. Accanto a lui, due giovani: la segretaria e uno studente, uno tra i tanti studenti dei suoi seguitissimi corsi universitari, ai quali mai volle rinunciare, dispiacendosi semmai di ‘non poter dare di più’ a quei ragazzi. In scena, altri personaggi lo incontrano, più ambigui e sfuggenti, quando non ostili. Sarà allora che il Presidente si sentirà chiuso nel cerchio della solitudine”.

“Questo progetto – spiega il regista Cesare Scarton – nasce dalla consapevolezza di mantenere viva una memoria che potrebbe correre il rischio di disperdersi e di non essere trasmessa alle nuove generazioni. Tuttavia la trasposizione su un palcoscenico di una vicenda così legata alla nostra contemporaneità deve necessariamente astrarsi da ogni riproduzione realistica per proiettarsi in una dimensione di valori universali. Sulla scena non si vedrà quindi tanto la pedissequa ricostruzione di quella storia, quanto la vicenda di un uomo politico in lotta contro un sistema di potere non interessato a soddisfare le vere esigenze e le autentiche aspirazioni del Paese. Una sorta di ‘combattimento’ tra una visione che assume come suo motto l’invito a guardare ‘non al domani ma al dopodomani’, e le forze che si oppongono a una società protesa in avanti e lanciata verso il futuro. Facendo uso anche della multimedialità, la vicenda è ambientata in un’epoca senza tempo, su un palcoscenico del tutto nudo, con le attrezzature tecniche a vista, in modo da privarla di ogni orpello esornativo e serrare il percorso drammaturgico in un flusso narrativo continuo, nel quale si snoda questa dolente parabola umana”.

foto Giusto Carabella




UN’INFINITA PRIMAVERA ATTENDO

(2016)

opera in un atto di Sandro Cappelletto

musica di Daniele Carnini

Alla memoria di Aldo Moro nel centenario della nascita

prima rappresentazione assoluta - commissione dell’Accademia Filarmonica Romana

personaggi e interpreti

Il Presidente Daniele Adriani

La Segretaria Sabrina Cortese

Uno Studente Chiara Osella

IL Cardinale/Giornalista II Luca Cervoni

Il Politico italiano/Un Intellettuale italiano Clemente Daliotti

Il Senatore americano/Giornalista III Giorgio Celenza

Una donna: Giornalista I/La Moglie del Presidente Giulia Balossino

Un uomo: Giornalista IV/Un Maresciallo Simone Ruggiero

La Ragazza Chiara Vinci

Gruppo Aikido di Dionino Giangrande

Ensemble Roma Tre Orchestra

Direttore Gabriele Bonolis

Regia Cesare Scarton

Scenografie Michele Della Cioppa

Video e proiezioni Flaviano Pizzardi

Costumi Giuseppe Bellini

Luci Andrea Tocchio

Disegno di Mimmo Paladino

prima esecuzione assoluta

9 dicembre 2016 Teatro Palladium

Stagione 2016-17 dell’Accademia Filarmonica Romana

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UN’INFINITA PRIMAVERA ATTENDO

è una produzione dell’Accademia Filarmonica Romana

in coproduzione con Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani

main sponsor Errebian

in collaborazione con

Comitato promotore per le celebrazioni del Centenario della nascita di Aldo Moro

Centro documentazione Sergio Flamigni

Direzione generale Archivi del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

Roma Tre Orchestra

Teatro dell’Opera di Roma

nell’ambito della rassegna “La musica da camera dal barocco al contemporaneo” sostenuta dalla Regione Lazio Assessorato alla Cultura e Politiche giovanili

Con il sostegno di Presidenza del Consiglio dei Ministri, Centenario della nascita di Aldo Moro


Gli autori al pubblico

Non il sequestro, non la prigionia, non la morte. Perché la vita di quest’uomo non può essere ridotta ai suoi cinquantacinque giorni estremi, trascorsi in una condizione così crudele di violenza e privazioni.

Scritta nel 2016, centenario della nascita di Aldo Moro, Un’infinita primavera attendo trova il suo interlocutore ideale nella ragazza che appare prima ancora dell’alzarsi del sipario. Che cosa ne sa lei, giovane italiana di oggi, del lascito di questo statista? Della sua formazione, del suo progetto, delle sue certezze, dei suoi dubbi. Del continuo interrogarsi sul senso del proprio impegno, nella volontà incoercibile di spiegare, ascoltare, comprendere. Della sua fedeltà ai valori dell’Italia repubblicana. Dell’affidarsi a una fede che consola, e che molto esige.

Una cosa è stata chiara fin dall’iniziodel nostro lavoro. Non sarebbe stata un’agiografia; non la tragedia di un singolo;non un bozzetto di un’epoca lontana. Avrebbe prevalso la complessità della vicenda politica di Aldo Moro. Il fato di Moro era già sancito dal progressivo e quasi rituale accerchiamento e isolamento che lo colpì negli ultimi anni. Nel 1978 il lavoro di tutta la sua vita era quasi compiuto col compromesso storico, ma quel lavoro, una volta macchiato dal sangue suo e della sua scorta, non poté essere duraturo. Il sipario cala un minuto prima del rapimento. Per noi conta il suo messaggio nella bottiglia: la fiducia nella parola, nel dialogo, nell’avvicinamento, per quanto faticoso, tra pensieri differenti: «Non sono mai cattive le cose che vengono dette con sincerità. Invece, non sono utili le cose che si nascondono, che si riducono a serpeggianti mormorazioni».

Ovviamente la mediazione, il rovello, l’astuzia, la parola stessa, possono essere ingannevoli, possono tradire, rivelarsi incomprensibili. Abbiamo così tentato di trattare dialetticamente il messaggio nella bottiglia, di valutarne i limiti e la potenzialità. La tragedia di Moro è una tragedia del linguaggio, e della reciproca sordità. Gli esiti, a partire da quella primavera del 1978, sono ancora visibili a noi tutti. Mai le parti opposte, in qualunque esperienza umana, sono sembrate più in-conciliabili e in-dialogabili che nel mondo moderno, in cui apparentemente tutti possiamo comunicare – spesso senza contraddittorio. Una società di grida senza ascolto, parcellizzata, impalpabile. Rovesciamento diabolico del pensiero moroteo.

Un’infinita primavera attendo è un’opera italiana. Un’opera, non un melologo, non un dramma con parti musicali. Siamo convinti che si possa ancora adoperare questo genere tanto ricco di convenzioni (come convenzionali del resto sono tutte le forme d’arte) e di rituali senza nessuna nostalgia passatista, né nella forma né nel contenuto.

Un’opera in musica non può raccontare una storia, ma solo narrarla, estrarne il senso profondo. Nel palcoscenico ricostruiamo in piccolo una comunità che si sfalda, che volta le spalle al suo capo. Nessuno dei personaggi ha un nome. Ognuno ha sicuramente un lontano modello, che lo spettatore può cercare di indovinare. Tutti sono una funzione, sono le forze che hanno modellato la storia, sono (anche) le istanze destinate a travolgere il Presidente. In questa funzione c’è però sempre un personaggio, una umanità da salvaguardare. C’è una Segretaria, che incanala nel mondo reale l’attività intellettuale del Presidente. C’è uno Studente che cerca di avvicinarsi alla politica con ammirazione e diffidenza insieme. C’è un Senatore americano che crede – prima con blandizie, poi con ira – di poter disporre del Presidente e dell’Italia. C’è un Cardinale che mette il Presidente di fronte alle contraddizioni del suo essere cattolico: che lo vorrebbe tenuto a un rigore, a un’obbedienza, contrari al suo agire politico. C’è un Politico italiano cui è affidata la definitiva archiviazione del Presidente e del suo linguaggio. C’è poi, più temibile di tutti, l’integerrimo Intellettuale che affronta il Presidente così come Pasolini affrontò la Democrazia Cristiana, con un vertiginoso atto d’accusa cui (forse) non è possibile rispondere se non con parole di dialogo, di apertura. Di fiducia.

Anche mentre il mondo gli si rivolta contro, il Presidente non cede; attende un’infinita primavera, che va ben oltre la prigionia, tra marzo e maggio, del suo alter ego storico.

La fiducia nell’essere umano, e nel trascendente, hanno sempre accompagnato l’operato di Moro. Entrambi – la possibilità di una comunità e un riferimento a qualcosa di invisibile, ultramondano – sono fin dalle origini il nucleo più profondo dell’esperienza teatrale. Il teatro d’opera è la forma d’arte più complessa, e più rischiosa, del mondo occidentale. Più rischiosa perché mette in gioco le competenze di chi la fa e di chi vi assiste. Non poteva essere che un’opera a restituire la complessità di un’esperienza come quella di Aldo Moro, attuale più che mai.

Sandro Cappelletto, Daniele Carnini


Note di regia

Un’infinita primavera attendo

di Cesare Scarton

e gli occhi intorno cercano

quell’avvenire che avevano sognato,

ma i sogni sono ancora sogni

e l'avvenire è ormai quasi passato…

Luigi Tenco (1966)

Questo progetto, la cui elaborazione e realizzazione è durata quasi due anni, nasce dalla consapevolezza di mantenere viva una memoria che potrebbe correre il rischio di disperdersi e di non essere trasmessa alle nuove generazioni. Tuttavia la trasposizione su un palcoscenico di una vicenda così legata alla nostra contemporaneità deve necessariamente astrarsi da ogni riproduzione realistica per proiettarsi in una dimensione di valori universali.

In questo lavoro di teatro musicale la vicenda umana e politica di Aldo Moro assume i tratti emblematici di un percorso “eversivo” volto a rompere convenzioni codificate, con tutti rischi e i pericoli che una scelta di questo genere comporta. Sulla scena non si vedrà quindi tanto la pedissequa ricostruzione di quella storia, quanto la vicenda di un uomo politico in lotta contro un sistema di potere non interessato a soddisfare le vere esigenze e le autentiche aspirazioni del Paese. Il tentativo di rompere questo meccanismo per dar vita a un progetto di alta politica, lontana da bassi calcoli e da sterili particolarismi, finisce per coalizzare contro il protagonista tutte le forze votate al mantenimento del sistema: il risultato è la condanna alla più completa solitudine, preludio di una tragica fine.

La drammaturgia è scandita pertanto dalle stazioni di una via crucis che porta di volta in volta al confronto e allo scontro con personaggi che simboleggiano le varie componenti della società nella quale ruota la vicenda del protagonista in cui si condensa tutta la drammaticità di una svolta della Storia.

Si delinea quindi una sorta di combattimento tra una visione che assume come suo motto l’invito a guardare “non al domani ma al dopodomani”, e le forze che si oppongono a una società protesa in avanti e lanciata verso il futuro.

Per tradurre visivamente questa concezione si è scelto di utilizzare la multimedialità, non con scopi meramente illustrativi, ma come evocazione di immagini strettamente collegate all’azione scenica con la quale si compenetrano in un gioco di continui rimandi. Questa scelta ha anche portato ad ambientare la vicenda in un’epoca senza tempo, collocandola su un palcoscenico del tutto nudo, con le attrezzature tecniche a vista, in modo da privarla di ogni orpello esornativo e serrare il percorso drammaturgico in un flusso narrativo continuo, nel quale si snoda questa dolente parabola umana.

Nell’ideazione di questo spettacolo ho avuto modo di incontrare molte persone che impiegano il proprio tempo e gran parte della propria esistenza nella conservazione della memoria e quindi nella trasmissione del sapere: a tutti loro è dedicato questo spettacolo e il mio lavoro.


SANDRO CAPPELLETTO

Scrittore e storico della musica, Sandro Cappelletto è nato a Venezia nella seconda metà del Novecento. Laureato in Filosofia, ha studiato armonia e composizione con il maestro Robert Mann. Tra le sue principali pubblicazioni, la prima biografia critica di Carlo Broschi Farinelli (La voce perduta, EDT, 1995), un saggio su Gaetano Guadagni (Nuova Rivista Musicale Italiana, 1993), un'inchiesta politica sugli enti lirici italiani (Farò grande questo teatro!, EDT 1996).

Esce nel 2006 Mozart – La notte delle Dissonanze (EDT), libro dedicato al misterioso Adagio introduttivo del Quartetto per archi K 465. Dal libro nasce, assieme al Quartetto Savinio, un fortunato concerto-racconto.

Per la Storia del teatro moderno e contemporaneo (Einaudi, 2001) ha scritto il saggio Inventare la scena: regia e teatro d’opera. Nel 2002, con Pietro Bria, dà alle stampe Wagner o la musica degli affetti (Franco Angeli), raccolta di riflessioni e interviste di Giuseppe Sinopoli, di cui nel 2006 cura Il mio Wagner – il racconto della Tetralogia (Marsilio). Nel 2008 l’Accademia Perosi di Biella pubblica L’angelo del Tempo, volume dedicato al Quartetto per la fine del Tempo di Olivier Messiaen.

È autore di programmi radiofonici e televisivi (crea la trasmissione di Rai-Radio Tre Momus, realizza per Rai 3 un film televisivo su Maurizio Pollini, scrive e conduce per Rai 5 il programma Inventare il tempo).

I suoi libretti per il teatro musicale sono nati dalla collaborazione con significativi compositori italiani, tra i quali Claudio Ambrosini, Daniele Carnini, Luca Lombardi, Azio Corghi. Intensa la collaborazione con Matteo D’Amico. Con Fausto Sebastiani scrive Il paese degli uomini integri (2017), melologo dedicato alla memoria del presidente del Burkina-Faso Thomas Sankara. Per la musica di Michelangelo Lupone dà vita a ‘Nkodi (Mio figlio è un feticcio) – Cantata per i bambini accusati di stregoneria (2018). Anche in queste occasioni è interprete in scena dei propri testi.

Esce nel 2014 Da straniero inizio il cammino – Schubert, l’ultimo anno (Accademia Perosi), volume dedicato all’estremo periodo creativo di Schubert.

Nel 2016 il Saggiatore pubblica I quartetti per archi di Mozart. Cura ed è direttore scientifico del volume Musica per la collana Il contributo dell’Italia alla storia del pensiero (Treccani, 2018). Del 2020 è Mozart. Scene dai viaggi in Italia (il Saggiatore).

Su invito di Giuseppe Sinopoli ha diretto il settore drammaturgia e didattica del Teatro dell'Opera di Roma. Accademico dell’Accademia Filarmonica Romana, ne è stato direttore artistico dal 2009 al 2013. Giornalista professionista, scrive per il quotidiano La Stampa. È Accademico di Santa Cecilia.

DANIELE CARNINI

Nato a Roma nel 1974, si è diplomato presso il Conservatorio della sua città con Ivan Vandor, perfezionandosi presso l'Accademia nazionale di santa Cecilia con Azio Corghi. Le sue composizioni sono state eseguite e premiate in Italia e all'estero. È premio «Nino Carloni» 2013 come compositore emergente. È autore di quattro opere in un atto rappresentate con successo di pubblico e di critica, tutte improntate a una forte cifra di impegno civile e morale: da una storia, ispirata alla vicenda di Natascha Kampusch, di prevaricazione tra generi (La stanza di Lena, 2013), a una rievocazione metaforica di grande intensità della Prima guerra mondiale (Un eroe, apertura del 52° festival di Nuova consonanza, il cui pendant comico è La filarmonica), all'opera incentrata sulla figura intellettuale e politica di Aldo Moro, commissionata dalla Presidenza del Consiglio in occasione del centenario della nascita dello statista (Un'infinita primavera attendo, 2016), acclamata sui maggiori periodici del settore.

Le opere sono state trasmesse da RAI RadioTre, e sono state oggetto di numerosi contributi su vari mezzi di comunicazione (tra cui Sky Classica, Radio Vaticana, RAI3 Prima della prima).

Da sempre impegnato nello studio delle strutture del teatro in musica, ha parallelamente sviluppato un cursus di storico della musica che lo porta ad essere tra i maggiori esperti di opera del primissimo Ottocento. È direttore editoriale della Fondazione Rossini di Pesaro.

http://www.danielecarnini.com/biografia.html

Cesare Scarton

Si è diplomato in Regia lirica e teatrale presso il Conservatorio di Musica “Santa Cecilia” di Roma e laureato in Discipline dell'Arte, della Musica e dello Spettacolo presso l'Università degli Studi di Bologna. Ha fatto parte della direzione artistica di importanti manifestazioni internazionali di musica, danza, teatro, tra le quali la Sagra Musicale Umbra, le Panatenee (Pompei, Agrigento, Capri), il Verdi Festival di Parma. Dal 2012 è direttore artistico del Reate Festival di Rieti. Ha curato, fra le altre, le regie di Il matrimonio segreto di Cimarosa, Lo scoiattolo in gamba di Rota, Così fan tutte di Mozart, La piccola volpe astuta di Janáček, L’heure espagnole di Ravel, Gianni Schicchi di Puccini, L'impresario in angustie di Cimarosa (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, registrate in dvd da Infocamere), Il re pastore di Mozart e Nina ossia La pazza per amore di Paisiello (Festival Le notti di Villa Mondragone), Caldo Disio di autori vari (Lisbona, prima esecuzione assoluta), Il campanello di Donizetti, Adina di Rossini, Un giorno di regno di Verdi (Reate Festival), La serva padrona di Pergolesi (Roma, Vilnius, Riga, Tallinn, Kiev, Budapest), Otto von Kitsch di Vacca e Boletus di Boccadoro (Opera In Canto, Terni, prime esecuzioni assolute), L'elisir d'amore di Donizetti e L'italiana in Algeri di Rossini (Teatro Marrucino, Chieti), La Cenerentola di Rossini (Teatro Brancaccio, Roma), Serpilla e Bacocco (Il marito giocatore e la mogliebacchettona) di Orlandini (Barocco Europeo; Festival Tartini (Slovenia), Festival Vicenza in Lirica), Prima la musica e poi le parole di Salieri e La buona figliola di Piccinni (Auditorium Ennio Morricone, Università di Tor Vergata, Roma), Il giudizio di Paride e Hanjo di Panni, prima esecuzione assoluta (Associazione Nuova Consonanza): dvd a cura di Ema Vinci Records, trasmesso da Sky Classica, Brundibár di Krása e The little sweep di Britten (Teatro dell'Opera, Roma), Fadwa di Scarlato e La stanza di Lena di Carnini (Accademia Filarmonica Romana, prime esecuzioni assolute), L’incoronazione di Poppea e L’Orfeo di Monteverdi (Conservatorio di Musica “Santa Cecilia”, Teatro Due, Roma). Con Fabio Biondi ed Europa Galante ha messo in scena Anna Bolena, registrata in dvd da Dynamic e trasmessa da Sky Classica, e Il barbiere di Siviglia di Paisiello, ripreso poi a Siena presso il Teatro dei Rinnovati per l’Accademia Musicale Chigiana. Ha inoltre curato la regia di Un’infinita primavera attendo di Cappelletto e Carnini (Accademia Filarmonica Romana, prima esecuzione assoluta): dvd a cura dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana; Anna e Zef, su musica di Monique Krüs, prima esecuzione italiana (Accademia Nazionale di Santa Cecilia, in coproduzione con la Nederlands Philharmonic): e-book nell’ambito del progetto europeo Music Up Close Network. Ha diretto inoltre tre diversi progetti: un dittico composto da I due timidi e La notte di un nevrastenico di Nino Rota (Reate Festival, Teatro Flavio Vespasiano, Rieti): dvd a cura di Dynamic; lo spettacolo Combattimenti, composto da Orazi e Curiazi di Giorgio Battistelli, Combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi, Tancredi appresso il Combattimento di Claudio Ambrosini (prima esecuzione assoluta) (Associazione Nuova Consonanza, Teatro Palladium, Roma); Trittico del Novecento italiano composto da La scuola di guida di Rota, Il telefono o L’amore a tre di Menotti, Bach Haus di Michele dall’Ongaro: dvd a cura di Ema Vinci Records (Reate Festival, Teatro Flavio Vespasiano, Rieti). Grande successo hanno riscosso i suoi allestimenti di Polidoro di Antonio Lotti (prima ripresa mondiale, Teatro Olimpico, Vicenza), Il ritorno di Ulisse in patria di Claudio Monteverdi, (Teatro di Villa Torlonia, Roma; prima esecuzione a Roma) e L’empio punito di Alessandro Melani (Teatro di Villa Torlonia, Roma; prima ripresa a Roma in epoca moderna: dvd a cura di Dynamic). Ha ideato la drammaturgia de La traviata tra Verdi e Dumas, narrata da Renata Scotto e letta da Milena Vukotić (Parco della Musica, Roma, 2013); Čajkovskij e Madame von Meck con Sonia Bergamasco e Giulio Scarpati (Musei Vaticani, Città del Vaticano, 2014); Gala Beethoven con Tommaso Ragno (Parco della Musica, Roma, 2015), la mise en espace di La Roma di Tosca con Maria Agresta e Gabriele Viviani (Palazzo Farnese, Roma, 2019): tutte produzioni realizzate con l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretti da Antonio Pappano. Per Anna Proclemer ha scritto e messo in scena il monologo Anna dei Pianoforti da Alberto Savinio, rappresentato, tra l'altro, a Roma (Teatro Argentina), Milano (Piccolo Teatro), Firenze (Teatro della Pergola, Maggio Musicale Fiorentino), Palermo (Teatro Biondo). Dal 2009 collabora in qualità di responsabile della lingua italiana con la Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera presso la quale ha partecipato a prestigiose produzioni dirette da Kent Nagano, Ivor Bolton, Kirill Petrenko, Omer Meir Wellber, Zubin Mehta, Michele Mariotti. Stesso incarico ha avuto presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia collaborando con René Jacobs e Kent Nagano e presso importanti case discografiche quali la Deutsche Grammophon (CD Verismo con Anna Netrebko e Antonio Pappano) e la Sony (CD Mozart Arias con Christian Gerhaher). Presso l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia dal 2004 ha svolto attività di docente e di coordinatore delle attività artistiche di Santa Cecilia Opera Studio con Renata Scotto. Ha insegnato dal 1998 al 2010 Storia dell'Opera e Messinscena dello spettacolo musicale presso l'Università degli Studi dell'Aquila. È docente di Teoria e tecnica dell'interpretazione scenica presso il Conservatorio di musica “Santa Cecilia” di Roma. Presso la Fondazione Rossini di Pesaro è membro del Comitato scientifico e direttore delle collane «Iconografia rossiniana», «I libretti di Rossini», «Saggi e Fonti».

www.cesarescarton.it


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