L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Fuoco e abisso

di Luigi Raso

Juraj Valčuha passa dal Novecento ai giorni nostri e poi a Beethoven in un concerto accolto con calore, nel rammarico della prossima scadenza del contratto come direttore musicale. Eccellente solista è Jörgen van Rijen al trombone.

NAPOLI, 9 aprile 2022 - Dan Ettinger e Juraj Valčuha, rispettivamente Direttore musicale entrate e uscente del Teatro di San Carlo, si passano il testimone, o, meglio, la bacchetta: ci siamo lasciati con il concerto interamente dedicato alle musiche W. A. Mozart diretto dal direttore israeliano (qui la nostra recensione) e ci ritroviamo con quello diretto dal direttore slovacco. Quest’ultimo sceglie un programma che vede insieme un brano del primo ‘900, un concerto dei nostri giorni, per poi concludersi con quella che è probabilmente la Sinfonia più classica che c’è, la Quinta, di Beethoven of course.

Il concerto si apre con l’evocazione del mare e delle Ninfe delle onde del poema sinfonico Les Océanides di Jean Sibelius: è un breve brano strumentale della durata di circa dieci minuti, un affresco impressionistico composto da Sibelius tra il 1913 e il 1914, non alieno dalle suggestioni timbriche di La Mer di Claude Debussy, del 1905. L’esecuzione costituisce un’ottima prova di calibrazione timbrica dei suoni orchestrali: Valčuha e l’Orchestra del San Carlo optano per sonorità compatte, profonde e meditabonde, che evocano più i freddi e profondi mari del Nord Europa così cari al compositore finlandese che il terso Mar Mediterraneo abitato dalle ninfe della mitologia greca dalle quali il nome del poema sinfonico. Les Océanides consente all’Orchestra del San Carlo, compatta in tutte le sezioni e con suono, come detto, profondo e dal colore tendente al blu verdastro, di sfoderare intensità dinamiche e un crescendo impressionante per rapidità d’accensione e d’impeto.

Articolato in tre movimenti, il Concerto per trombone (del 2016) di James MacMillan, compositore scozzese nato nel 1959, persona dai molteplici interessi che vanno dalla teologia cristiana cattolica alla musica sacra, è opera tenuta a battesimo proprio dal solista che ascoltiamo stasera, Jörgen van Rijen, primo trombone della leggendaria e blasonata Orchestra del Concertgebow di Amsterdam. Il Concerto è una pagina dall’arduo e spinto virtuosismo, che mette in luce tutte le potenzialità timbriche ed espressive dell’ottone.

Jörgen van Rijen è un virtuoso e un interprete straordinario e sbalorditivo per precisione, varietà sonore, intensità di suono. Categorico nel Larghetto e nel successivo Allegro, trova accenti cantabili nell’Andante centrale, il movimento più suggestivo e ispirato dell’intero concerto; il Presto dell’ultimo movimento ci appare una variazione e una rimodulazione della temperie espressiva del primo movimento, tanto da farci apparire incline alla prolissità l’intera composizione. Juraj Valčuha dirige sezionando e analizzando, da par suo, ogni anfratto della complessa partitura, isolando ed evidenziando timbriche, temi e microcellule melodiche, ammantando il tutto da una articolata varietà di dinamiche, ulteriori conferme della duttilità, affidabilità e virtuosismo raggiunti della compagine orchestrale.

Jörgen van Rijen, al termine del Concerto, riceva un’ovazione: concede un bis, una breve composizione per trombone solo - chi scrive non è riuscito ad identificarla - che è un saggio di tutte le potenzialità di cui è capace lo strumento.

Si ritorna all’antico e al classico con la Sinfonia n. 5 in do minore, op. 67 di Ludwig van Beethoven, composta tra il 1807 e il 1808. Quasi a voler spazzar via la frammentazione tematica del precedente pezzo di James MacMillan, l’attacco che Juraj Valčuha dà al celeberrimo tema del primo movimento è sferzante, netto, perentorio. Ma è tutta la Sinfonia ad esser condotta come un arco teso, innervata da un flusso di energia continuo e palpabile. Più smussato ma comunque caratterizzato da concisione e sintesi drammatica, al pari dell’Allegro con brio iniziale, è il discorso musicale dell’Andante con brio del secondo movimento; preparatorio alla catarsi finale, all’esplosione della luminosità tonalità di do maggiore, è l’Allegro del terzo movimento, staccato da con piglio deciso. L’ultimo movimento, Allegro - Presto, è travolgente per scelte agogiche, tanto da generare qualche appena percettibile sfaldatura tra archi e legni, incrinatura che però non inficia la tenuta dell’intero impianto orchestrale.

Un Beethoven, quello di Valčuha, scattante e bruciante, connotato da suono corposo e vigoroso (ci con ben dieci violini primi) e che si bea nel e del trionfalismo finale.

E subito dopo gli ultimi accordi un’ovazione prolungata saluta Juraj Valčuha: un successo tanto convinto e caloroso che rende più doloroso il distacco del pubblico del San Carlo dal direttore slovacco (in scadenza di contratto con il Teatro napoletano e, dal giugno 2022, Music director della Houston Symphony Orchestra).

A Juraj Valčuha - che nel corso delle stagioni in corso dirigerà Tosca tra pochi giorni e un concerto sinfonico a luglio - auguriamo di raccogliere ad Houston successi musicali ancor più grandi di quelli riscossi a Napoli con la stessa intensità d’auspicio di ritrovarlo a dirigere il suo repertorio d’elezione dal podio del San Carlo.


 

 

 
 
 

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