L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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ettore majorana

ETTORE MAJORANA

Cronaca di infinite scomparse

NOTE DEL DIRETTORE

LA FINE È UN NUOVO INIZIO: LA VITA È CIRCOLARE

di Jacopo Rivani

La semiografia della musica contemporanea è la disciplina che studia il codice compositivo di tutta la musica che è stata composta dalla rottura con il mondo tonale, quando le consuetudini armoniche del sistema temperato sono state considerate obsolete e insufficienti per rappresentare in modo vero ciò che il compositore desiderava mettere in musica. Questo studio porta alla realizzazione di un nuovo dizionario di simboli che ritroviamo nell’opera in analisi, la quale pertanto si schiera nel panorama contemporaneo a tutti gli effetti esigendo quindi uno studio approfondito sia sull’ambito estetico che su quello semiografico e analitico.

Ettore Majorana. Cronaca di infinite scomparse è la summa dell’opera poetica di Stefano Simone Pintore di quella musicale e sinfonica di Roberto Vetrano, ossia un’opera che racchiude in modo ciclico le possibili soluzioni di uno dei più noti casi irrisolti del nostro Paese e non solo.

Costruita sull’idea della forma ciclica, dove la formula musicale e teatrale di apertura dell’opera ricorre in cinque scene, seppur con alcune modifiche, l’opera propone in forma teatrale una catarsi che attraverso la morte torna alla nascita, creando un vortice ciclico che, per assurdo, potrebbe portare a eseguire l’opera infinite volte.

La ripetizione della scena dell’imbarco e del concerto sul ponte della nave, rese musicalmente e scenicamente sempre più intense da una partitura di suoni e di gesti teatrali più densi e significativi, nella seconda metà dell’opera lascia il passo a momenti di struggente abbandono lirico, seppur non si abbandoni l’alea e le sonorità atonali.

L’aria della matriarca, insieme al duetto tra il prete e il fratello di Ettore Majorana, danno alla partitura un taglio intenso, a tratti ‘neo-verista’, in cui la durata della parola cantata corrisponde alla reale durata dialogica.

Le altezze dei suoni, talvolta emessi con tecniche contemporanee come lo Sprechgesang, rendono vera e viva l’interazione dei personaggi comprimari nella drammatica storia che quest’opera racconta.

Le linee melodiche assegnate ai vari personaggi di quest’opera, ridotti a un quintetto vocale formato da soprano, mezzosoprano, tenore, baritono e basso, custodiscono al proprio interno una cantabilità e un’espressività strettamente legate alla parola, senza risparmiare difficoltà tecniche e interpretative. La richiesta di suoni bianchi, stimbrati e diafani, oltre all’assenza di vibrato, si contrappone a coloriti e nuances che si collocano perfettamente in quel 1938, anno della scomparsa del protagonista,ricordando talvolta colori del periodo verista, così legato alla Sicilia di Majorana, colori che sembra non possano che appartenere a questa drammatica vicenda. Non manca però, grazie all’elegante mano di Roberto Vetrano, una strumentazione densa e talvolta contrappuntistica, come nella settima scena, e una ricerca di colore e stile musicale che ricorda la Belle Époque, come nella ricorrente ‘Ballata dei trenta giorni’ interpretata dal mezzosoprano.

Il nutrito organico strumentale scelto da Roberto Vetrano per questa pagina comprende, oltre agli archi divisi in otto parti e svariate percussioni: ottavino, flauto, flauto basso, oboe, clarinetto, clarinetto basso, sax baritono e fagotto per i legni; corno, tromba, trombone e tuba per gli ottoni; e fisarmonica, pianoforte, tastiera MIDI e arpa, tra gli strumenti a tastiera e a corde. Gli strumenti a fiato sono impegnati anche nell’utilizzo di utensili come canaline di tubo corrugato per ricreare l’effetto del sibilo

del vento, mentre gli strumentisti a tastiera sono chiamati a suonare clusters e agglomerati sonori non definibili, come fossero allineati alla vasta gamma degli strumenti a percussione.

L’opera di concertazione di una partitura in prima esecuzione mondiale conferisce al direttore d’orchestra la responsabilità assoluta della fruibilità della composizione. Non è sufficiente premurarsi di tenere in ordine gli elementi musicali riportati sulla partitura, ma è doveroso trovare la cifra stilistica per scavare oltre allo studio semiografico, portando in auge quell’espressività che ancora oggi non è possibile scrivere attraverso nessuna notazione musicale contemporanea. Ogni segno in partitura e ogni richiesta in sede di concertazione devono necessariamente portare all’obiettivo di rappresentare un personaggio vero ed estremamente credibile e identificabile dal pubblico.

In una partitura come questa, il temperamento italico, lo stile belcantista e quello talvolta melodrammatico e verista vengono posti in stretta relazione con un canto privo di vibrato e di risonanza, che fine a se stesso risulta inopportuno, ma, unito invece alla suggestiva messinscena, conferisce un effetto vero e mai scontato. I portamenti e le legature talvolta strisciate dai solisti acquisiscono un valore popolare e lamentoso, includendo quasi il pianto nella voce.


 

 

 
 
 

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