L’Ape musicale

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Le premesse storiche

Scritta per un pubblico di aristocratici russi, Chovanščina è ricca di riferimenti storici a fatti non necessariamente conosciuti dal pubblico contemporaneo. Sullo sfondo il raskol’, lo scisma che aveva dilaniato la Chiesa ortodossa. Il lungo isolamento della Chiesa russa aveva fatto sì che i testi sacri fossero affidati a copisti e traduttori negligenti e inadeguati, con il risultato di una pletora di versioni discordanti e spesso assurde. Nel 1649 giunge a Mosca il Patriarca di Gerusalemme, Pasios, e richiama la Chiesa russa al rispetto dei testi e dei riti bizantini, chiedendo la modifica dei gesti più quotidiani della devozione popolare: il segno della croce deve essere fatto con tre dita e non con due come in Russia, l’Alleluia va cantato due volte e non tre, lo stesso nome di Gesù va scritto Iisus e non Isus. Il suo più convinto sostenitore, l’archimandrita Nikon, diventa patriarca di Mosca nel 1652 con un piano ambizioso: unificare il culto ortodosso e fare della Russia la guida di tutta la cristianità d’Oriente. La Chiesa diviene organo dello Stato e guida delle sue prospettive imperiali. La rivolta popolare è immediata, i “vecchi credenti” identificano Nikon con l’Anticristo ma sono costretti dalla repressione a fuggire dalle città e rifugiarsi in monasteri isolati. Odiato da tutti, Nikon sarà allontanato dallo Zar Aleksej, ma le sue riforme sopravviveranno.

Dopo aver avuto due figli maschi di salute malferma, Fëdor e Ivan, dalla prima moglie Marija Miloslavskaja, Aleksej sposa la giovane Natal’ja Naryškina, da cui nasce Pietro. Alla sua morte gli succede il figlio maggiore Fëdor, mentre cresce l’influenza della figlia più grande Sof’ja, e i Naryskin sono costretti all’esilio. Fëdor muore nel 1682 e gli succede il fratello minore Ivan, gravemente ritardato, ma il patriarca Joachim convoca un’assemblea che destina al trono Pietro, che ha dieci anni. Il clan dei Miloslavke chiama a sostegno i vecchi credenti (raskol’nilki) ma soprattutto gli strel’cy, gli archibugieri che formano la guarnigione di Mosca, che nel maggio irrompono al Cremlino facendo strage dei nemici di Ivan. Il principe Chovanskij, segretario degli strel’cy, avanza alla zarina, che è costretta ad accettare, la proposta di riconoscere due giovani zar, Pietro e Ivan, affidando la reggenza alla loro sorella Sof’ja. Il successo accende le illusioni di Chovanskij, ma Sof’ja si affida sempre più apertamente al principe Vasilij Golicyn, progressista e nikoniano. Nel settembre sui cancelli del palazzo dove risiede la corte appare una denuncia anonima che accusa Chovanskij e il figlio di cospirazione: poco dopo Sof’ja li fa condannare dalla Duma e giustiziare. Mentre i sogni di modernizzazione di Golicyn affondano in campagne militari sfortunate, Pietro in esilio a Preopbraženskoe addestra una milizia personale. Nel 1689 gli giunge la falsa notizia che gli strel’cy vogliono sterminare lui e la sua famiglia: Pietro dapprima fugge, poi raduna le sue milizie e con l’appoggio del patriarca fa rinchiudere Sof’ja nel Monastero delle Vergini, esilia Golicyn e fa giustiziare il capo degli strel’cy Šaklovityj. Pietro è unico zar di tutte le Russie.


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