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Beethoven al Petruzzelli

Fidelio, apre la Stagione d’Opera e Balletto 2024.

Fidelio di Ludwig van Beethoven, per la regia di Joan Anton Rechi, apriràla “Stagione d’Opera 2024” venerdì 26 gennaio alle 20.30 al Petruzzelli.

Stefano Montanari, dirigerà l’Orchestra e il Coro del Teatro (preparato dal maestro Marco Medved). A riprendere la regia Gadi Schechter, a curare le scene Gabriel Insignares, i costumi Sebastian Ellrich, il disegno luci di Fabio Barettin.

A dar vita allo spettacolo Modestas Sedlevičius (Don Fernando), Vito Priante (Don Pizzarro), Jörg Schneider (Florestan), Helena Juntunen (Leonore), Tilman Rönnebeck (Rocco), Francesca Benitez (Marzelline), Pavel Kolgatin (Jaquino), Vincenzo Mandarino (Primo prigioniero), Gianfranco Cappelluti (Secondo prigioniero).

L’opera Fidelio fu rappresentata per la prima volta il 20 novembre 1805 al Theater an der Wien.

L’allestimento scenico della Fondazione Teatro La Fenice sarà in replica domenica 28 gennaio alle 18.00, martedì 30 gennaio alle 20.30, giovedì primo febbraio alle 18.00.

I biglietti per tutti gli spettacoli in programma per la Stagione d’Opera e Balletto e per la Stagione Concertistica del Petruzzelli sono in vendita al Botteghino del Teatro e su www.vivaticket.it. Il Botteghino del Petruzzelli è aperto dal martedì al sabato dalle 11.00 alle 19.00 e la domenica dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.00. Informazioni: 0809752810.


 

FIDELIO | sinossi

ATTO PRIMO

In una prigione nei pressi di Siviglia, alla fine del XVIII secolo.

Don Pizarro, governatore della prigione, ha fatto ingiustamente rinchiudere Florestan suo nemico personale, poiché questi ha in passato denunciato suoi illeciti: l’uomo langue da anni in una cella sotterranea ed è quasi in fin di vita. Leonore, moglie di Florestan, decisa a ritrovare il suo sposo si finge un ragazzo di nome Fidelio e grazie a questa falsa identità riesce a scoprire che Florestan è rinchiuso proprio nella prigione di Don Pizarro. Cerca allora di conquistare la fiducia del carceriere Rocco nella speranza di salvare suo marito, ma finisce per entrare involontariamente anche nelle grazie di Marzelline, figlia di Rocco, che per tale ragione disdegna la corte del giovane Jaquino, portiere della prigione innamorato di lei. La fanciulla rivela solo al proprio cuore i sentimenti che prova per Fidelio, al quale s’immagina già sposa nella dolce quiete del focolare, ma suo padre ha intuito subito i sentimenti di lei e intimamente approva l’unione. Rocco s’impegna quindi ad assecondare la richiesta fattagli da Fidelio di essere assunto come suo aiutante: Leonore/Fidelio spera così di ritrovare Florestan tra i detenuti, mentre Rocco intende far conquistare al giovane Fidelio una buona posizione, viste le mire della giovane figlia. Ma per l’assunzione ci vuole l’approvazione del governatore Don Pizarro, il quale giunge circondato dalla sua guardia: legge un dispaccio che annuncia l’arrivo del Ministro di Stato, Don Fernando, il quale intende condurre un’ispezione della prigione. Don Pizarro teme quella visita, tuttavia vuole trarne vantaggio per accelerare la propria vendetta su Florestan, dato che per fortuna il Ministro crede il prigioniero morto da tempo. Pizarro cerca allora di reclutare Rocco per liquidare in fretta il prigioniero, ma quando questi rifiuta s’impegna a compiere il delitto personalmente, chiedendo però al carceriere di scavare una fossa nel sotterraneo. Leonore/Fidelio ha assistito al dialogo tra i due e capisce che il prigioniero cui alludono è proprio Florestan. Dando sfogo alla propria indignazione, si dichiara più che mai decisa a salvare suo marito. Grazie al buon rapporto raggiunto con Rocco, ottiene che i prigionieri trascorrano qualche momento al sole in cortile, sperando così di vedere tra loro suo marito, ma invano. Così, mentre i prigionieri intonano un canto di riconoscenza alla luce e alla vita, Rocco rivela a Leonore/Fidelio il piano criminoso di Pizarro per eliminare Florestan: la donna allora con il pretesto di aiutarlo a scavare la fossa, segue Rocco nel sotterraneo.

ATTO SECONDO

Nelle segrete della prigione.

Incatenato e avvolto dal tetro squallore della sua cella, Florestan ripensa a come negli ultimi anni sia precipitata la sua esistenza, sebbene non sia affatto pentito di aver compiuto il suo dovere denunciando le malefatte del governatore. Così mentre si sente lentamente scivolare verso un torpore che somiglia sempre più alla morte, ha una visione della sua sposa Leonore che giunge a salvarlo. Proprio in quel momento Rocco e Leonore/Fidelio scendono nei sotterranei con attrezzi al seguito per scavarvi la fossa e si accorgono che il prigioniero è ancora vivo: la donna riconosce in quell’uomo le fattezze di suo marito e con grande sforzo cerca di dominare la profonda emozione che prova mentre cominciano a scavare. Florestan e Rocco scambiano tra loro poche battute e il carceriere mosso a compassione per lo stato così misero dell’uomo, gli offre un po’ di vino per rinfrancarlo mentre Leonore gli porge a sua volta del pane. Il prigioniero ringrazia ma non riconosce in quel giovane gentile la sua sposa poiché vestito dei panni maschili di Fidelio, lei però lo rincuora esortandolo a non disperare.

Giunge in gran fretta Don Pizarro armato di coltello con la ferma intenzione di compiere la sua vendetta e mentre si scaglia contro Florestan per ucciderlo, gli rammenta le ragioni del suo odio profondo. Improvvisamente Leonore si frappone urlando: «Uccidi prima sua moglie!», puntando una pistola contro il governatore. I tre uomini apprendono con sorpresa e sgomento che Fidelio altri non è che Leonore, sposa di Florestan. Si ode uno squillo di tromba che annuncia il Ministro di Stato, Don Fernando, giunto con il suo seguito. I due coniugi sono finalmente salvi, Rocco è sollevato ma Don Pizarro si dispera poiché sa bene che quel suono significa l’inizio della sua fine. Mentre Leonore e Florestan si abbandonano alla gioia del loro insperato ricongiungimento, Rocco annuncia che Don Fernando ha disposto l’immediata liberazione dei prigionieri. A tutti, chiamati a raccolta nel cortile della prigione, Don Fernando proclama che quel gesto è una volontà del Re che mette definitivamente fine alla tirannia di Don Pizarro. Il governatore viene subito arrestato e scortato dalla guardia proprio nella cella del suo acerrimo nemico per esservi rinchiuso a vita. Leonore scioglie le catene di Florestan e i due si riabbracciano felici, mentre tutti gloriano la forza dell’amore coniugale e di Leonore, sposa dall’animo coraggioso che ha saputo trarre in salvo il suo sposo.


Uno spettacolo concreto con alcuni risvolti simbolici

Note di regia di Joan Anton Rechi, a cura di Leonardo Mello

Che opinione ha sulla storia che Fidelio racconta? Qual è il tema centrale? L’amore, la libertà, la politica?

La storia si basa su un fatto reale, anche se trattato con una certa libertà, accaduto in Francia durante la Rivoluzione Francese. A mio parere l’opera presenta diversi temi, a cominciare da quello determinante dell’amore coniugale. Leonora/Fidelio è il personaggio principale e questo appare evidente sin dal titolo. Ci sono volte in cui gli autori non possono, per vari motivi, intitolare i propri lavori come vorrebbero. Ad esempio è capitato a Verdi, che in principio voleva intitolare La zingara quello che poi è divenuto Il trovatore. Altre volte questa possibilità invece esiste. I titoli ci forniscono una spiegazione di ciò che per un autore è davvero importante. In fondo Fidelio racconta la grande determinazione di questa donna, che intende salvare suo marito sebbene ignori perfino se quest’ultimo sia ancora in vita. Naturalmente occupa una posizione centrale anche l’intrigo politico. Florestan viene imprigionato per aver denunciato la corruzione di Pizarro. Io lo vedo proprio così, come un prigioniero politico.

L’opera combina questi due elementi, ma la mia sensazione è che sia soprattutto intimista, con una straordinaria caratterizzazione dei personaggi.

Quali sono gli elementi principali di questo spettacolo e da quali spunti e ispirazione nasce l’ambientazione?

Sono partito dall’idea di realizzare una messinscena che avesse una sua ovvia e necessaria concretezza, ma che lasciasse anche una porta aperta ad altre interpretazioni. In secondo luogo, dato che l’opera si svolge a Siviglia, ci tenevo che avesse una caratterizzazione ‘spagnola’.

Esiste un fatto storico che tutti noi spagnoli abbiamo in mente e che fa ormai parte della nostra cultura, la Valle dei Caduti (Valle de los Caídos), un monastero che si trova vicino all’Escorial costruito subito dopo la fine della guerra civile, negli anni Quaranta. Coloro che avevano perso la guerra, ovvero i repubblicani, erano prigionieri politici e lavoravano alla costruzione di questo monastero, riducendo con questo lavoro la propria pena da scontare. Non erano affatto dei criminali, semplicemente avevano lottato dalla parte degli sconfitti. Si trattava di una vera e propria prigione di Stato all’aria aperta, situata in un luogo molto inospitale e questo elemento mi è tornato in mente perché mi sembrava che l’idea di un carcere a cielo aperto funzionasse bene, soprattutto nel Primo atto e in contrapposizione al secondo, che invece è piuttosto oscuro essendo ambientato nei sotterranei. Vorrei però chiarire che non si tratta di una riflessione storica su quegli anni, quanto invece di una semplice suggestione, un punto di partenza che mi ha permesso di immaginare l’intero spettacolo. In quel luogo avviene la costruzione di una statua gigantesca che rappresenta un leader (potrebbe trattarsi ad esempio del Sovrano di cui si parla nell’opera). Questa statua, di cui non si giunge mai alla realizzazione finale, viene in effetti costruita dai prigionieri.

Questo elemento scenico dona alla mia lettura del Fidelio una caratterizzazione un po’ mitologica, penso alle grandi opere scultoree di un tempio romano. D’altronde l’opera di Beethoven ha già in sé un impianto mitologico, poiché richiama da vicino il mito di Orfeo che finisce agli inferi per riscattare Euridice. In questo contesto Leonore ricorda da vicino il mitico cantore, poiché in un certo senso anche lei scende all’inferno per trarre in salvo il proprio amato. È dunque piuttosto evidente che la protagonista dell’opera sia questa donna coraggiosa. A lei si contrappone come sempre una figura antagonista, Don Pizarro.

Che interpretazione dà di questo personaggio?

È un politico che compie azioni illegali e cerca di annientare i suoi rivali. È privo d’ogni scrupolo, tutto proteso verso il suo personale potere e i propri interessi. Figure del genere sono sempre esistite e le abbiamo incontrate molte volte e in molti luoghi diversi. Gioca sporco e dal suo agire opaco non si comprende mai se sia spinto dal bene per il suo Paese o dal bene per se stesso e per la sua fazione politica.


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